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Pane di castagne, le 5 varietà regionali tornate alla ribalta

Tra i pani ottenuti dal tipico frutto autunnale, oltre alla pagnotta di castagne classica, ci sono il pane di San Martino, la Marocca di Casola, i Necci della Garfagnana e i Pan’ i castagne calabresi. Scopriamone la storia e le singole ricette.

Tra i pani ottenuti dal tipico frutto autunnale, oltre alla pagnotta di castagne classica, ci sono il pane di San Martino, la Marocca di Casola, i Necci della Garfagnana e i Pan’ i castagne calabresi. Scopriamone la storia e le singole ricette.

Con la farina di castagne, oggi considerata molto pregiata, la cucina popolare ha dato vita a diversi prodotti rustici e poco dolci: Tra questi diversi formati di pasta fresca, i necci toscani, alcuni dolci come il Castagnaccio e il Pane di Castagne, conosciuto anche come Pane Martino poichè tradizionalmente si preparava per festeggiare la cosiddetta estate di San Martino che cade l’11 novembre.

5 tipi di Pane di castagne, storia e ricetta
Pagnotta di castagne classica (Foto © Carmen Bilotta).

Da “pane dei poveri” a cibo gourmet

Sulle tavole contadine, il pane di castagne accompagnava i formaggi freschi di pecora, la ricotta e i pomodori. Al mattino faceva ricca la colazione, soprattutto se si aveva la possibilità di aggiungervi del burro, del miele o della marmellata. Una volta secco, invece, lo si utilizzava nella composizione delle zuppe.

Il pane si otteneva impastando la farina di castagne con quella di grano o con l’aggiunta delle patate lesse. Le profumate e fragranti pagnotte scure venivano, successivamente, cotte nei forni di casa, in quelli comunali oppure nei camini e rappresentavano un’alternativa assai valida al pane bianco, quando la farina di frumento iniziava a scarseggiare, soprattutto nei momenti di magra come l’inverno e durante il tempo di guerra. Proprio perché nutriva non solo le genti di montagna, ma in alcuni frangenti storici soprattutto i meno abbienti, era chiamato anche “il pane dei poveri”.

La produzione del pan di castagne è storicamente legata alle regioni dove questi preziosi frutti abbondano; un pane ricco di storia e tradizioni: ieri delizia della cucina povera, oggi considerato quasi un prodotto gourmet visto il costo decisamente elevato delle castagne, reperibile nelle migliori panetterie, più raramente sui banchi della grande distribuzione.

5 tipi di Pane di castagne, storia e ricetta

Tra i pani di castagna più famosi ancora prodotti in Italia, oltre alla pagnotta di castagne classica ci sono:

  1. il pane di San Martino,
  2. la celebre Marocca di Casola, oggi presidio Slow Food,
  3. i Necci della Garfagnana,
  4. i Pan’ i castagne calabresi, terra da molti considerata il luogo in cui – per la prima volta – questa tipologia di pane venne confezionato.

Ricetta pagnotta di castagne classica

5 tipi di Pane di castagne, storia e ricetta
Pane di castagne (Foto © Carmen Bilotta).

Ingredienti

  • 400 gr di farina 00
  • 200 gr di farina di castagne
  • Un panetto di lievito di birra
  • Acqua tiepida q.b.
  • Un pizzico di sale

Procedimento

Sciogliere il lievito in poca acqua tiepida; setacciare le due farine e disporle a fontana sulla spianatoia, o all’interno della planetaria, mettendo al centro il lievito e un pizzico di sale. Unire l’acqua poco alla volta e impastare formando un panetto sodo, liscio e omogeneo che dovrà lievitare al caldo, coperto da un panno umido o da un foglio di pellicola per circa due ore. Trascorso il tempo necessario, riprendere l’impasto e formare una pagnotta. Infornare per 15 minuti a 230° (il forno dovrà già essere caldo), poi abbassare la temperatura del forno a 180° e proseguire la cottura per altri 40 minuti circa.

Ricetta Pane di San Martino

Tra le pieghe della devozionalità popolare italiana, troviamo un prodotto in cui fede e farina si vengono ad intrecciare saldamente: è il Pan Martin così chiamato perché tradizionalmente in alcune regioni si era soliti prepararlo per festeggiare, l’11 novembre, l’estate di San Martino.

Leggenda vuole che nel IV secolo d. C.,  proprio quel giorno, il vescovo di Tours si fosse privato del suo mantello per donarlo a due mendicanti e, improvvisamente, le rigide temperature novembrine si fecero miti. Patrono di numerosi comuni italiani dal Piemonte alla Puglia, Il Santo francese viene ancora oggi onorato e festeggiato con un grosso pane, dalla forma simile a quella di un panettone, preparato con farina di frumento e di castagne, lievito di birra, acqua tiepida, olio d’oliva e noci spezzettate.

A seconda dei gusti si potrà aumentare di poco la farina bianca e diminuire la seconda, il che consentirà di ottenere un pane più alveolato, ma anche un po’ meno saporito. Come tradizione prescrive, si consiglia di abbinare questo pane con il vino novello e con i salumi.

Ingredienti

  • 350 gr di farina di frumento
  • 250 gr di farina di castagne
  • 250 gr di noci
  • 2 bicchieri di acqua tiepida
  • 2 cucchiai di olio d’oliva
  • q b di sale
  • 40 grammi di lievito di birra.

Preparazione

Mescolare le farine e impastare bene con il lievito di birra sbriciolato e sciolto nell’acqua tiepida. Si lascia lievitare la pasta per almeno 1 ora, avendo cura di coprirla con un panno in un luogo abbastanza caldo (in forno o vicino a un termosifone).

A lievitazione ultimata si aggiungeranno l’olio e le noci e si procederà a formare una specie di panettone che dovrà lievitare per più di un’ora. Procedere alla cottura, in forno preriscaldato a una temperatura di circa 180°. Il pane sarà pronto quando inserendo uno stecchino questo uscirà asciutto. Saranno necessari circa 40 minuti.

Ricetta Marocca di Casola

5 tipi di Pane di castagna, storia e ricetta
Marocca di Casola (Foto © www.lamaroccadicasola.it)

Prodotto tradizionale di grande qualità e anche per questo Presidio Slow Food, la Marocca può essere considerata il simbolo, senza tempo, di una cultura ancestrale, giunta fino a noi e che vale davvero la pena portare sulle nostre tavole come segno culturale.

Antico pane contadino tipico della Lunigiana, elemento prezioso della cucina di montagna, attualmente è prodotto da un unico forno (il Forno in Canoara, di Fabio Bertolucci) a Regnano di Casola, località a metà strada tra Lunigiana e Garfagnana, una zona in cui ancora abbondano i castagni e dove diverse sono le varietà di castagne offerte.

Proprio queste terre, adagiate tra l’Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Apuane, ci regalano fin dall’antichità i prodotti che sono alla base della Marocca: castagne, grano, patate e acqua, a cui si aggiunge il lievito madre e il lievito di birra e infine il sale, quasi a voler rinsaldare l’antico legame col mare di Luni, conosciuto anche dai pastori transumanti.

Un piccolo pane scuro, compatto, dalla consistenza spugnosa ma estremamente profumato. Per definirsi tale deve essere composto da un 60% di farina di castagne locali e macinate a pietra, un 40% di farina di grano tenero, un 10% di patate lesse e un’idratazione pari al 60%. A seconda delle località  all’acqua può essere unita una parte di latte o di olio o entrambi.

L’aggiunta di patate lesse, giunte in Europa nel medioevo, serve a rendere l’impasto più morbido, soffice e ad agevolarne la lavorazione, resa più faticosa dalla presenza della farina di castagne. Non a caso, lo stesso nome Marocca sembrerebbe derivare dalla parola greca “marocat” che si riferirebbe a qualcosa di molto compatto e poco malleabile.

La cottura si realizza in forni a legna dopo aver spolverato sulle pagnotte della farina di mais.

La Marocca è un prodotto umile, genuino e nutriente grazie alla presenza della farina di castagne. Il sapore delicato che la caratterizza fa di essa un pane versatile adatto ad abbinamenti dolci o salati. Estremamente digeribile per via dell’uso della pasta madre, è il pane ideale per essere spalmato con burro e marmellata, miele o cioccolata. Ottimo se accompagnato ai formaggi, freschi e stagionati, delicati o più sapidi. Oltre alla ricotta vale la pena accostarlo al gorgonzola e soprattutto alla toma di pecora brigasca. È consuetudine locale servirlo come crostino per antipasto o durante gli aperitivi. Gli abbinamenti consigliati sono quelli che prevedono di accompagnarla con il prezioso olio ligure, salse e paté come pure lo squisito Lardo di Colonnata, il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano e un bicchiere di buon rosso o in alternativa un bianco con un crostino di acciughe di Monterosso. Un pane che si può utilizzare anche in zuppe e minestre realizzate seguendo le ricette contadine e della tradizione locale, e ancora per arricchire la ribollita e la pappa al pomodoro.

Qualora se ne volesse fare un dessert basterà affettarla un po’ più spessa, ricoprirla di ricotta profumata al miele o aggiungervi dei frutti rossi, una crema di nocciole e una spolverata di cannella.

Attualmente è possibile acquistarla nel Forno di Fabio Bertolucci o gustarla in tutti quei ristoranti e locande attenti al valore e alla valorizzazioni delle produzioni locali, che hanno sposato la filosofia Slow Food e che aderiscono al progetto dell’Alleanza Cuochi-Presidi come pure presso le gastronomie e i locali che credono nell’importanza delle produzioni tipiche  come marcatori dell’identità di un territorio e delle sue genti.

Ingredienti

  • 350 gr di farina di castagne
  • 150 gr di farina di grano tenero di tipo 1 o tipo 0
  • 5 gr di lievito di birra
  • 150 gr di lievito madre
  • 60 gr di patate
  • 80 ml di acqua
  • 20 ml di olio extravergine di oliva
  • 10 gr di sale

Preparazione

Si lessano le patate, si schiacciano con i rebbi di una forchetta o con lo schiacciapatate e si unisce ad esse l’olio evo avendo poi cura di farle raffreddare.

In una ciotola o in una planetaria si uniscono le due farine a cui si aggiunge il lievito madre e l’acqua. Si impasta e si lascia lievitare il composto al caldo e a lungo. Solo successivamente si dovrà procedere ad aggiungere il lievito di birra, le patate schiacciate e il sale.

Formare due pagnotte del diametro di 15-20 cm che dovranno lievitare per circa un’ora.

Con una lametta incidere ciascun pane a metà e cuocere in forno preriscaldato a 200 ° per circa 35/40 minuti.

Contatti:

Il Forno di Canoàra di Fabio Bertolucci
Via Villa di Regnano, 99 – Casola in Lunigiana – (MS)
Tel. 347 2354711 – Email: lamaroccadicasola@email.it

Necci della Garfagnana 

La farina di castagne, specialmente se  macinata da poco tempo, è ottima per i tradizionali necci, di cui la Toscana può a ragione considerarsi la patria. I necci sono delle sottili focaccine o crespelle, non lievitate e lavorate appunto con la farina di neccio della Garfagnana, acqua e un po’ di sale. È possibile gustarli semplici o arrotolati su se stessi e farciti con ricotta di prima qualità, generalmente di pecora, frutta candita mista e completate con miele di acacia o, nella versione salata, con salsiccia o pancetta.

In dialetto lucchese, il neccio identifica la farina di castagne e ciò che da essa ne deriva. Ottenuta dalla macinazione di diverse qualità di castagne essiccate, per lungo tempo è stata la base per il sostentamento delle genti che vivevano nelle aree montane impervie e poco o nulla produttive della Lucchesia.

In passato era utilizzata per la preparazione del castagnaccio, della polenta dolce e dei necci appunto che, ancora oggi, vengono cotte sui testi, eredi del testum, usato anticamente dai romani per cuocere le focacce.

Il testo: cos’è e come su usa

I testi sono lastre di terracotta o dischi di ferro o ghisa di un certo spessore, provvisti di un lungo manico per facilitare la cottura, che vengono arroventate sulla fiamma del camino o sulle stufe a legna, (ma e possibile scaldarle anche sul gas), tuttora diffuse tra l’Umbria, la Toscana, l’Emilia e la Liguria.

I testi tradizionalmente vengono unti con il lardo sebbene si possa usare anche mezza patata ripassata e inumidita nell’olio. Si accoppiano e si mettono a scaldare a fuoco moderato per evitare che, stemperandosi, il neccio vi rimanga attaccato. Sempre uniti si girano, quindi si aprono e si ungono di nuovo. A questo punto si mette una o due cucchiate di impasto e ci si pigia sopra con un legno per rendere il neccio sottile (più l’impasto è liquido più il neccio viene sottile). Si girano i testi sul fuoco per alcuni minuti e appena cotto si toglie il neccio. Si ungono nuovamente i testi, si mette l’impasto e così via, avendo cura di girare i testi e scambiarli in modo che  restino caldi.

I Necci della Garfagnana, ieri e oggi

Per secoli i necci hanno sfamato le famiglie dei contadini, che li mangiavano a crudo, “a biuscio”, ovvero senza condimento, oppure “guerci”, cioè arricchiti e farciti con una fettina di pancetta.

Oggi nei forni della Garfagnana vengono proposti soprattutto in versione dolce, con ricotta e canditi o gocce di cioccolato. Li ritroviamo pure in Emilia Romagna, dove sono chiamati ciacci, in Liguria, i ciaccìn a La Spezia, e le panelle a Sestri Levante e persino in Corsica dove sono chiamati nicci.

La macinazione di questa pregiata farina, come prevede lo stesso disciplinare della DOP, è da eseguirsi rigorosamente a pietra

Attualmente, in Garfagnana, la produzione di farina di neccio è più che mai importante: oltre a rivitalizzare l’economia di montagna, garantisce, infatti, la cura dei boschi e, altro elemento non trascurabile, consente la conservazione e il mantenimento del patrimonio architettonico rurale.

Ricetta dei Necci

Ingredienti

  • 400 gr di farina di castagne
  • 600 gr circa di acqua
  • 1 pizzico di sale
  • 300 gr di ricotta
  • 50 gr di zucchero di canna

Preparazione

Impastate la farina di castagne con acqua, zucchero e un pizzico di sale fino ad ottenere un impasto liquido, simile a quello delle crepes.

Per chi possiede i testi e ha la possibilità di sperimentare il metodo di cottura tradizionale, si dovrà  procedere ad arroventare i testi, disporre su uno dei due una foglia di castagno e versarvi un mestolino di pastella, coprire con un’altra foglia di castagno e un altro testo arroventato e via di seguito.

Una volta intiepiditi, i necci sono pronti per essere serviti con ricotta, pecorino, pancetta, salsiccia e perfino con qualche verdura dell’orto magari peperoni o zucchine grigliate.

Per chi non possiede i testi, la pastella dovrà essere trattata e lavorata esattamente come una crepes, ungendo perciò una padella con olio extravergine d’oliva e cuocendo i necci a fuoco molto alto. Il risultato non sarà troppo dissimile dal neccio originale.

Pani ‘castagne: storia e ricetta

Il pane di castagne (Pani ‘i castagne in dialetto calabrese) alimento della tradizione contadina calabrese, è una ricetta tipica della panificazione di questa regione originaria in particolare delle aree montane della Sila e della Presila dove la produzione di questi frutti è sempre stata più abbondante e dove, secondo alcune fonti, questo tipo di pane venne realizzato per la prima volta.

Nato come piatto della cucina povera, cui le popolazioni contadine ricorrevano in luogo del più costoso pane bianco, attualmente viene ancora sfornato da molti panifici soprattutto del catanzarese che quotidianamente contribuiscono a tenere viva e tramandare la memoria di un pane dal sapore unico.

Il pane di castagne veniva prodotto e consumato soprattutto nei mesi invernali, quando molti centri montani rimanevano completamente isolati a causa delle abbondanti nevicate, e risultava difficile il reperimento della farina per la produzione del pane di frumento. Ancora oggi viene prodotto da alcuni panificatori artigianali ed è possibile acquistarlo nelle botteghe delle località silane e presilane. Le pagnotte sono solitamente di forma circolare e di piccolo taglio. Il peso si aggira intorno a 1 chilogrammo, massimo 1 chilogrammo e mezzo.

Sebbene la farina di castagne si producesse tramite macinazione delle stesse dopo averle essiccate, in molti in Calabria usavano invece lessarle e ridurle in purea per poi aggiungerle nell’impasto. È un prodotto privo di glutine, quindi non è molto adatto per le preparazioni lievitate, perciò in genere per panificare si utilizza anche una parte di farina di frumento. Il pane che si ottiene è di colore scuro, dal sapore particolare, unico. La presenza della farina di castagne regala, infatti, note di dolcezza che ben si legano al miele millefiori, alle creme dolci e alle confetture di frutta, ma risulta ottimo anche come accompagnamento ai formaggi stagionati come ad esempio il gustoso pecorino crotonese o alle cipolle di tropea caramellate.

Esiste anche una variante più gustosa e dal profumo più intenso che si realizza arricchendo l’impasto con l’aggiunta delle noci. Generalmente viene realizzato con due parti di farina di castagna e una di farina di grano duro, in alcuni casi anche quattro parti di farina di castagne, una di farina di grano duro e una di farina di grano tenero. Ad esse sono da aggiungersi il lievito naturale, preventivamente preparato per la panificazione, l’acqua tiepida, il miele e il sale. Il procedimento, dunque è simile a quello del pane tradizionale.

La proporzione dei due tipi di farina, naturalmente, può variare a seconda del gusto personale. Sarà perciò possibile ottenere un pane più o meno caratterizzato dal sapore dolciastro e dal profumo inconfondibile delle castagne.

Ingredienti

  • 120 gr di lievito madre già rinfrescato
  • 200 gr di farina tipo 0
  • 250 gr di farina di castagne
  • 280 gr circa di acqua
  • 1 cucchiaino di miele (preferibilmente di castagno)
  • 9 gr di sale.

Preparazione

Sul piano di lavoro o all’interno di una planetaria, sciogliere il lievito nell’acqua appena tiepida, aggiungere le farine setacciate tra loro e iniziare a mescolare. Unire il miele e il sale e portare a termine l’impasto.

Coprire con pellicola per alimenti o un panno umido e lasciar lievitare al caldo fino al raddoppio del volume.

Rovesciare l’impasto sulla teglia, dare una forma alle pagnotte su cui si praticheranno dei tagli; attendere che si aprano e infornare a 220°C per i primi 15 minuti, poi abbassare la temperatura a 190°C e far cuocere per altri 30 minuti o più.

Sfornare e porre il pane a raffreddare su una gratella per evitare che si crei l’umidità sul fondo.

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Carmen Bilotta

Filosofa di formazione, antropologa per scelta. Mi considero un’antropologa-scrittrice errante e curiosa, animata dal desiderio di conoscere e far conoscere luoghi e culture altre. Mi occupo di cibo, marketing territoriale, esperienze di recupero, tutela e valorizzazione delle antiche varietà locali nel campo dell’agro-biodiversità.

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