Acronimi della birra: facciamo chiarezza sulle sigle più utilizzate

Quanti “IBU” ha quella “IPA”? Qual è il GP di una “chiara”? E cos’è l’ABV? Esiste un glossario della birra che va conosciuto anche dai semplici appassionati e non solo dagli esperti

Quante volte vi è capitato di leggere “strani” acronimi sulle etichette delle bottiglie di birra che acquistate? E quante volte non avete saputo rispondere a qualcuno che vi chiedeva: «Quanti IBU ha quella IPA?».

Glossario della birra: le sigle e gli acronimi da conoscere

Oggi i birrifici inseriscono in etichetta un gran numero di parametri e di informazioni utili a veicolare al meglio la scelta del consumatore finale verso un determinato prodotto e, per fare questo, utilizzano diverse “sigle”. Tuttavia, come succede nei pub o nei festival di settore, queste “sigle” sono conosciute e utilizzate come linguaggio comune soprattutto dagli appassionati più esperti, lasciando il consumatore comune con un grosso punto interrogativo.

Con questo glossario della birra cercheremo di far chiarezza, avventurandoci tra gli acronimi più utilizzati nel mondo birrario e dividendoli in due macrocategorie, le sigle relative al prodotto e quelle relative ad alcuni stili.

1. Acronimi relativi alle caratteristiche del prodotto

Analizzando il retro di un’etichetta di birra artigianale ci si potrebbe imbattere in uno o più acronimi che andiamo a descrivere per comprenderli meglio.

IBU: le unità di amaro

IBU (International Bitternes Unit) sono le “unità” di amaro presenti all’interno della birra che ne quantificano presenza e quantità. Valori alti indicano un’importante presenza di amaro.

L’IBU, che viene calcolato tramite delle formule che stimano questo valore in base all’utilizzo dei luppoli, non sempre riesce a rispecchiare la reale percezione di amaro che, in alcuni casi, potrebbe essere smorzata da una sensazione iniziale di dolcezza. Non di rado potremmo, quindi, gustare una birra con una quantità di IBU inferiore a un’altra ma con una percezione di amaro più deciso.

EBC e SRM: il colore della birra

EBC (European Brewers Convention) e SRM (Standard Reference Method) sono due scale di valori che permettono di valutare il colore della birra. Più bassi sono questi valori più la birra sarà chiara (ad esempio giallo paglierino oppure giallo dorato); al contrario più saranno alti e più la birra tenderà a essere di colore scuro (ad esempio di colore nero).

È importante conoscere il colore della birra perché potremmo anticipatamente prevedere alcune caratteristiche olfattive e gustative che sono strettamente legate all’utilizzo di alcuni malti caratterizzanti, come ad esempio i malti tostati utilizzati per le birre scure. Ad esempio, da una birra di 80 o più EBC, ci aspettiamo di percepire al naso sentori di caffè, di torrefatto o di cacao che potremmo ritrovare anche a livello gustativo. La conversione da una scala all’altra avviene con questa formula: EBC = SRM x 1,97.

GP: gli zuccheri nella bevanda

GP (Grado Plato) è relativo alla quantità totale di zuccheri (semplici e complessi) presenti all’interno del mosto prima dell’inoculo del lievito e quindi prima dell’inizio della fermentazione. Questo parametro può darci indicazioni sulla densità inziale del mosto.

OG e FG: i parametri sulla densità

OG (Original Gravity – Densità Iniziale) e FG (Final Gravity – Densità Finale) sono parametri relativi alla densità pre-fermentazione (OG) e post-fermentazione (FG). Tramite questi due valori si valuta preliminarmente il corpo della birra e se essa risulterà più o meno secca. In particolare, maggiore è la percentuale di abbassamento della densità (differenza tra quella iniziale e quella finale) più la birra potrebbe risultare secca e “scorrevole”.

ABV: la gradazione alcolica

ABV (Alcohol By Volume – Volume di Alcool) rappresenta la quantità in volume del contenuto di etanolo presente nella birra (la “famosa” gradazione alcolica espressa con il simbolo “% vol.”).

2. Acronimi su alcuni stili di birra

Oltre alle sopra descritte sigle, utilizzate in riferimento a talune caratteristiche del prodotto finale, altri acronimi riguardano gli stili birrai di produzione.

Iniziamo innanzitutto con le varie declinazioni di Pale Ale tra cui si distinguono:

  • le IPA (India Pale Ale), birre di stampo anglosassone dall’amaro deciso che vengono prodotte con l’uso di luppoli europei e che donano al naso note erbacee, terrose, floreali nonchè un carattere rustico,
  • le APA (American Pale Ale) che si differenziano per un amaro più delicato e l’utilizzo di luppoli americani che donano principalmente note citriche, resinose e di frutta tropicale,
  • le moderne NEIPA (New England IPA) che sono caratterizzate dall’impiego smodato di luppoli in aroma che provocano una fortissima fragranza di frutta tropicale ed una marcata torbidità.

Mancano all’appello le birre:

  • DIPA (Double IPA), IPA “muscolose” delineate dall’ alto grado alcolico e dalla generosa luppolatura, 
  • AIPA (American IPA), versione più luppolata ed amara di una APA.

Le RIS (Russian Imperial Stout), spesso abbreviato con IS (Imperial Stout), sono birre di conio inglese dal colore scuro e dall’alta gradazione alcolica (dai 7,5 gradi in su) mentre le BSA (Belgian Strong Ale) sono birre belghe dall’importante volume alcolico che possono avere una doppia nuance: quelle dal colore chiaro sono le BGSA (Belgian Golden Strong Ale) mentre quelle di colore scuro sono le BDSA (Belgian Dark Strong Ale).

Ora sapreste dirci quanti IBU ha quella IPA? Con questo glossario della birra sarà facile rispondere!