Nella degustazione della bevanda, l’analisi olfattiva è forse quella più importante e definisce i parametri che differenziano un prodotto pregiato da uno scadente. Intervengono anche cultura e tradizioni ma non si può prescndere dalle valutazioni oggettive

Profumi del caffè: cosa dobbiamo sentire?
Se oggi siamo qui è senz’altro (anche) grazie al nostro olfatto. Se nelle centinaia di migliaia di anni dalla nostra comparsa su questo piccolo granello di acqua e terra, perso nella vastità dell’universo, non ci siamo (ancora) estinti è anche grazie al nostro olfatto. Se nei millenni, in epoca ante-tecnologica, siamo stati in grado di capire se l’acqua era contaminata o si poteva bere, se la carne era fresca e mangiabile o già in putrescenza, se i frutti erano adatti all’alimentazione o tossici/velenosi è anche – e soprattutto – grazie al nostro olfatto.
Da sempre, infatti, il senso umano preposto alla percezione e alla distinzione degli odori ci ha salvato e ci ha permesso di capire – prima di assaggiare – se poter mangiare e bere o se fosse meglio evitare. Oggi viviamo una realtà fortunata e privilegiata nella quale non abbiamo normalmente bisogno di valutare attraverso i sensi la salubrità o la perniciosità di un cibo o di una bevanda, non è sempre stato così.
Analisi sensoriale di cibi e bevande
Oggi l’olfatto è perlopiù “soltanto” uno dei tasselli che compongono la cosiddetta “Analisi sensoriale” di cibi, bevande e di altri prodotti come i cosmetici, ad esempio. Restando in campo alimentare, essa si sviluppa in tre passaggi: visiva, olfattiva e gustativa e, in tale contesto, il senso più analitico, più importante e meno condizionabile è senz’altro l’olfatto.
Un cioccolato può avere un bellissimo aspetto (Analisi visiva) pur essendo di pessima qualità; una crema di cioccolato può essere dolce e cremosa al gusto (Analisi gustativa), pur essendo complessivamente di qualità scadente. L’olfatto, invece, non si può ingannare: se fa profumo fa profumo, se fa puzza fa puzza.
Tuttavia, escluso il campo dell’assoluto di cibi contaminati, putrescenti, velenosi o comunque pericolosi (ad esempio, credo che nessuno potrebbe trovare invitante l’odore dell’ammoniaca o dell’alcol denaturato) in alcuni casi subentrano anche la “cultura” e le “tradizioni” a complicare le cose. Ad esempio, una delle erbe aromatiche più apprezzate nella cucina colombiana ha un netto e forte sentore “di cimice” e un europeo, al primo assaggio, deve cercare di controllare i conati.
Analisi olfattiva del caffè
Nell’ambito del caffè è importante definire i parametri che differenziano un caffè pregiato da uno scadente, pur se entrambi non pericolosi per la salute umana. In tale fase, come si accennava in precedenza, intervengono anche cultura e tradizioni.
Per cinquant’anni ci hanno fatto bere caffè di bassa qualità e così ci hanno abituati a sentori sgradevoli che, tuttavia, hanno creato “tradizione”. Se, per qualche aspetto, l’esperienza originaria della degustazione è stata positiva ogni volta che essa si ripete potrebbero innescarsi ricordi e sensazioni piacevoli per effetto di un condizionamento psicologico.
Per capire cosa intendo dire, vi riporto una mia esperienza personale. Mia nonna preparava il caffè macinando i grani con un vecchio apparecchio elettrico a lame che, nonostante ottenesse il risultato di ridurre in polvere i chicchi, bruciava terribilmente il prodotto finale. Oggi quando annuso un caffè di moka bruciato, mi viene in mente mia nonna a cui volevo bene e ciò innesca sensazioni soggettive positive che mi fanno apparire buono un caffè oggettivamente imbevibile.
Di contro se, per esempio, da ragazzino mi avessero dato tutti i giorni da bere Roederer ma accompagnato da un sonoro ceffone, io oggi odierei Roederer e forse anche tutti gli altri Champagne già al solo rumore dello stappo e a berli mi verrebbe un nervoso tremendo. Grazie a Dio non è così. Non mi hanno mai dato Roederer da bere e quindi non lo associo ai ceffoni che prendevo.
Ecco perché noi consumatori che paghiamo il caffè, nonchè i giornalisti e critici gastronomici che devono valutarlo, dobbiamo essere in grado di fare valutazioni oggettive, che prescindano da “tradizioni” personali e/o altri condizionamenti.
Profumi del caffè: cosa dobbiamo sentire? La ruota di Andrej Godina
È facile intuire che, oggettivamente, è positivo se nel caffè sono presenti un aroma di Rosa Velasquez, di Princesse Charlene de Monaco, di Mandarino del Giappone o di Cacao Criollo. Ma siamo altrettanto certi circa il sentore di arachide, peperone dolce, patata dolce, legno o di terra?
Per questo, recentemente sono state messe a punto diverse chiavi di lettura: “legende” per capire se le sensazioni olfattive siano positive o negative, alcune realizzate da associazioni straniere e altre nostrane. Ho resistito fino qui a non usare nemmeno un termine anglosassone… Chiedo quindi aiuto all’amico Andrej Godina, un italiano che ha perfezionato una semplice ed inequivocabile “ruota” degli aromi, dividendoli chiaramente in “primari” e “secondari”, e in positivi e negativi.

La ruota di Andrej Godina
La “ruota” di Andrej, che va letta dal centro verso l’esterno, è di facile consultazione ed è un utile strumento in lingua italiana per valutare in maniera oggettiva la qualità del profilo sensoriale del nostro espresso. Con il suo permesso, potete scaricarla qui.
Lo scorso 2 agosto, Andrej Godina è stato ospite su RAI 1 alla trasmissione La vita in diretta (tempo 1 ora 39 minuti 40 secondi) dove si parlava di caffè.

Andrej Godina, caffesperto e assaggiatore professionista.
Andrej Godina, triestino, ha frequentato il dottorato di ricerca all’Università di Trieste in “Scienza, Tecnologia ed Economia nell’Industria del caffè”. Caffesperto e assaggiatore professionista, è presidente di Umami Area Honduras, azienda che produce caffè arabica in Honduras con una piantagione di 45 ettari vicino al confine con El Salvador e Guatemala.