Cibo

Berlingozzo, storia di un antico dolce di Carnevale

Simile ad un ciambellone, il Berlingozzo è un antico dolce toscano di Carnevale che ormai si prepara tutto l'anno. Soffice all'interno, croccante e ambrato all’esterno è ideale per la colazione o la merenda. Vista l’assenza di latte e derivati nell’impasto, si adatta anche agli intolleranti al lattosio.

Morbido e fragrante, l’antico dolce toscano del Carnevale, oggi viene preparato tutto l’anno con modalità pressochè immutate.

Del Berlingozzo, dolce carnevalesco da forno tipico della pasticceria toscana, si dice che ogni città abbia la sua ricetta. Si tratta di una torta dolce dalla pasta soffice per la presenza di olio extravergine di oliva, croccante e di colore ambrato all’esterno. La sua forma ricorda quella di un ciambellone e il semplice sistema di lavorazione è rimasto invariato nel tempo. Ideale per la colazione o la merenda, è perfetto da servire anche agli intolleranti al lattosio vista l’assenza del latte e dei suoi derivati nell’impasto.

Ricetta Berlingozzo, dolce toscano di Carnevale
Ricetta Berlingozzo di Lamporecchio (Foto © Carmen Bilotta).

La particolarità del Berlingozzo risiede nel fatto che, una volta cotto e ancora tiepido, viene irrorato con uno sciroppo a base di succo di arancia spremuta e zucchero. La torta viene completata con confetti e diavolini colorati oppure granella di zucchero che rendono il dessert allegro, bello a vedersi e in tema con il Carnevale.

Varietà del Berlingozzo

Le versioni del dolce, si differenziano per il tipo di aroma utilizzato nella ricetta. Accanto a quelle di Firenze e Prato, una delle varianti più famose è il Berlingozzo di Lamporecchio nel cui impasto si aggiungono semi di anice o la sua essenza. Sarebbe proprio questo aroma a conferire al dolce un sapore simile a quello dei Brigidini, i biscotti caratteristici del paese che, oltre alla presenza di un maggior numero di albumi nell’impasto, sono lavorati come cialde e non come ciambelle.

Molto conosciuto anche il Berlingozzo umbro, in particolare la ricetta tipica di Pitigliano, frazione del comune di San Giustino (PG) dove al dolce è dedicata perfino una sagra.

Cenni storici sul Berlingozzo

Ricetta Berlingozzo, dolce toscano di Carnevale
Il Berlingozzo (Foto © Carmen Bilotta).

Secondo gli storici, il Berlingozzo avrebbe origini antichissime e le prime versioni risalirebbero addirittura al XV secolo. Citato dai poeti cinquecenteschi, numerose testimonianze raccontano che il dolce fosse in uso già al tempo dei Medici, in particolare alla corte di Cosimo I, sulla cui tavola era servito non come dessert ma come antipasto.

I cronisti del Quattrocento sostengono che tra i popolani, durante il Carnevale, fosse consuetudine il vezzo di portare la ciambella legata al collo, quasi a voler sottolineare uno stravizio con cui festeggiare la fine dei giorni di baldoria.

Anticamente, in occasione del Carnevale, venivano organizzati ricchi e lauti banchetti nei quali non mancavano i dolci tipici, tra cui la “Schiacciata” e i “Berlingozzi” appunto, realizzati con pasta di zucchero e farina intrisa con uovo, dalla forma rotonda e a spicchi come visibile anche in una pala dell’Accademia della Crusca in cui compare un Berlingozzo a sette lobi.

Tipico di Lamporecchio, piccolo paese del Pratese, a partire dal 1500, lo ritroviamo anche in Umbria, precisamente nell’Alta Valle del Tevere.

L’origine del nome, nelle opere del Boccaccio e Sacchetti

Se non sussistono dubbi circa l’esistenza del Berlingozzo fin dal Quattrocento, sulla sua definizione le incertezza sono tante e presenti già nel Seicento. Il nome sembrerebbe derivare da “Berlingaccio” che, in gergo, significa “far festa a tavola” ma che il dialetto toscano ricollega al giovedì grasso o, forse, a una maschera in voga e in uso proprio nel Quattrocento.

L’etimologia della parola, tuttavia, pare avere origini ben più remote. Secondo alcuni storici, Berlingaccio deriverebbe dal termine latino “berlengo”, o tuttalpiù, come ricorda la Treccani, dal tedesco antico “bretling”. Entrambi i termini indicano la tavola, da cui il verbo usato dai poeti toscani cinquecenteschi “berlingare” che appunto si tradurrebbe con “divertirsi a tavola”, chiacchierare, ciarlare, cinguettare, avendo ben pieno il ventre, ed essendo ben riscaldato dal vino.

Così riporta anche il Vocabolario della Crusca, secondo il quale la testimonianza più antica risalirebbe addirittura al Trecento. Sono, in particolare le opere di Boccaccio e Sacchetti a proporci il verbo berlingare e berlingatore, nella doppia accezione di ciarlare e abbuffarsi, come pure in riferimento al “mangione”.

Un’altra corrente di pensiero ritiene, invece, di dover ricondurre il nome ad un certo Berlinghieri, paladino di Carlo Magno che le cronache del tempo ci dicono esser stato gran bevitore e mangiatore.

Il Berlingozzo oggi

Se anticamente si era soliti preparare il Berlingozzo per festeggiare l’ultimo giovedì di Carnevale, attualmente, si confeziona tutto l’anno e le pasticcerie e i forni lo vendono in pezzature che si aggirano intorno ai 400 grammi di peso.

La quantità annua prodotta si aggira intorno ai 2-3 quintali sebbene, negli ultimi anni, si sia registrata una certa flessione nella produzione, fattore da attribuirsi – verosimilmente – al fatto che il prodotto viene consumato prevalentemente dalla popolazione anziana.

Forse, proprio per questo motivo gli oltre 127 forni che lo producono non lo fanno più con regolarità e talvolta solo su ordinazione. I forni più rinomati per la produzione di questo dolce si trovano a Vernio e in località Santa Lucia.

Ricetta del Berlingozzo di Lamporecchio

Per La Gazzetta del Gusto, abbiamo scelto di preparare il Berlingozzo di Lamporecchio, il più noto e apprezzato tra questa varietà di dolce. La ricetta riportata è tratta da “Il grande libro della vera cucina toscana” di Paolo Petroni.

Ingredienti per 6 persone

Adoperare uno stampo da 24/26 cm di diametro

  • 400 gr di farina 00
  • 200 gr di zucchero semolato
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • 2 uova medie intere + 2 tuorli
  • 50 ml di liquore all’anice
  • Scorza grattugiata di 2 arance + il loro succo
  • 1 bicchiere di vinsanto
  • 90 ml di olio extravergine d’oliva
  • 1 pizzico di sale
  • zucchero a granelli o a velo per guarnizione, confetti e codette colorate.

Preparazione

  1. In una zuppiera capiente, con uno sbattitore elettrico, mescolate le uova e i rossi con lo zucchero; unire l’olio a filo mentre continuate a frullare
  2. Miscelate i liquori e uniteli al composto insieme alla scorza grattugiata delle arance
  3. Continuate a montare per qualche minuto, quindi unite lentamente la farina setacciata con il lievito così da ottenere un impasto molto liscio
  4. Quando il composto risulterà omogeneo, versatelo in uno stampo per ciambelle con il foro centrale, livellate bene la superficie così da ottenere una torta omogenea, cospargetelo con granelli di zucchero e cuocetelo in forno basso (160° C) per circa 40 minuti, senza mai aprire lo sportello
  5. Nel frattempo, spremete le arance, filtratene il succo che metterete in un pentolino con un cucchiaio di zucchero. Portate ad ebollizione per cinque minuti circa e spegnete il fornello.
  6. Sfornato il dolce, lasciatelo intiepidire. Capovolgetelo poi su un piatto da portata e bagnatene la superficie con lo sciroppo caldo di arance. A questo punto, non vi resterà che guarnirlo con le classiche codette colorate, la granella di zucchero o una semplice spolverata di zucchero a velo.

Consigli utili

I fornai e i pasticceri consigliano di servire il Berlingozzo freddo e degustarlo accompagnato al classico Vin Santo, meglio ancora se di Carmignano.

Quando sarà secco, come tradizione vuole e insegna, inzuppatelo pure nel Vin Santo.

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Dosi:
Difficoltà:
Facile
Costo:
Basso
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Tempo Cottura:
 
 
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Carmen Bilotta

Filosofa di formazione, antropologa per scelta. Mi considero un’antropologa-scrittrice errante e curiosa, animata dal desiderio di conoscere e far conoscere luoghi e culture altre. Mi occupo di cibo, marketing territoriale, esperienze di recupero, tutela e valorizzazione delle antiche varietà locali nel campo dell’agro-biodiversità.

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