Lilith e Masseria Copertini…sogno o son desto?
Incontro con famiglia Tramis, nome conosciuto della ristorazione salentina che ha fatto del ritorno alle origini, all’essenza della materia prima e alla cucina semplice ma non banale, il suo inconfondibile biglietto da visita.
Si arriva e si respira sin da subito un clima diverso…Sarà quel pergolato dalla equilibrata rusticità, sarà quel ricordo di antica cascina di campagna, ma si comprende immediatamente di essere approdati in una felice oasi di benessere non distante da Lecce. E ciò non solo o non tanto per quella generalizzata atmosfera di “benessere” che aleggia nella Masseria Copertini (Vernole), ma per la storia di “famiglia” che trapela da ogni dettaglio. È questo il regno dei Tramis, noto nome della ristorazione salentina caratterizzato da un percorso di ritorno alle origini, all’essenza della materia prima, alla cucina semplice non banale realizzata impiegando i frutti di una terra realmente baciata dal sole.
Eppure ne è trascorso di tempo da quel locale di via Principe di Savoia a Lecce, dove Claudio esprimeva la sua passione attraverso menù in perfetto connubio tra valorizzazione delle tipicità del posto e personalizzazione dei piatti. Una proposta snella, capace di rinunciare a ghirigori e inadeguate decorazioni, per trasmettere al cliente l’emozione di ritrovarsi “a tu per tu” con la natura; un’emozione che gli ospiti della famiglia Tramis provavano ogni volta, indistintamente, nell’accomodarsi ai pochi tavoli del loro ristorante.
Divenuto in quattro anni sottodimensionato rispetto alle richieste della clientela, Claudio decise di spostarsi in cucine più confortevoli, come quelle del Circolo di tennis, oppure di intraprendere progetti di differente tenore, come la direzione delle cucine della Masseria San Pietro all’interno dell’Acaya Golf Club. Un’esperienza durata un lustro, che ha visto l’”Oste” alle prese con una quotidianità diversa, fatta di tempi scanditi dagli incontri tra buche, par e score, dalla necessità di una proposta espressa ma equilibrata anche nell’apporto nutrizionale; il tutto ben integrato con una cucina fortemente territoriale incentrata sull’orto di proprietà. Poi, dopo cinque anni, l’arrivo alla Masseria Copertini…rivolgiamo a Claudio qualche domanda.
Intervista a Claudio Tramis
Cosa ti ha spinto ad accettare il progetto di Masseria Copertini?
Il carattere fortemente agreste e il connubio tra ospitalità e ristorazione, che qui sentivo di esprimere secondo la mia vocazione.
Come nasce il tuo amore per la cucina?
In realtà, a seguito di una triste perdita in famiglia, aprimmo inizialmente un forno per “alleviare” il peso e le preoccupazioni di mia madre, da sempre appassionata di lievitazione. A me intrigava quel miracolo che quotidianamente si realizza nel forno: creare qualcosa da un semplice mix di acqua, farina e lievito.
E dal forno al ristorante, invece?
I nostri clienti iniziavano sempre più frequentemente a domandare servizi di buffet e catering; a me piaceva instaurare con loro un rapporto che andasse oltre il semplice saluto o il semplice congedo proprio di una gastronomia o forno…ed ecco allora che prendeva spazio e forma il sogno di aprire un piccolo locale.
Come nasce l’amore per la materia prima?
Sono stato sempre curioso, ho girato molto per apprendere, conoscere e interrogarmi sui prodotti che non avevo mai visto o testato. Mi sono formato da solo, sul campo, frequentando diversi corsi di formazione o master.
Una tradizione che prosegue in famiglia
Alla Masseria Copertini, sebbene Claudio rappresenti ancora il capisaldo e l’“oste custode”, sono la figlia Giulia e il compagno Matteo Romano a seguire le orme del padre. Così giovani eppure così risoluti, convinti sostenitori dell’etica delle produzioni locali, della cucina di tradizione e dalla sana ospitalità pugliese che si coglie presso la Masseria Copertini.
Il loro entusiasmo, il loro sguardo in grado di illuminarsi ad ogni accenno ai futuri progetti fanno trapelare il loro desiderio di procedere lentamente verso una calibrata contemporaneità della cucina “popolare”, intendendo per questa non una modernizzazione fine a sè stesa delle ricette tipiche, quanto un rinnovato agere di elaborazione della proposta. Troverete, infatti, un menu che spazia dalla “veracità” più autentica di must della cucina salentina e commistioni o personali interpretazioni della stessa, frutto del loro excursus formativo.
Si legge, infatti, nei piatti di Matteo una sottile eleganza, dalla quale emerge una mano capace sorretta da tanta passione; analogamente, si ritrova nell’accoglienza di Giulia quella formalità mai fredda che ben si attaglia al contesto del locale. Abbiamo rivolto ai due giovani qualche domanda.
Intervista a Giulia Tramis e Matteo Romano
Giulia, sappiamo che dopo il liceo scientifico hai intrapreso la strada dell’enogastronomia iscrivendoti all’Università di Pollenzo. Come mai?
Ero incuriosita, come mio padre, dalle materie prime, di cui apprezzavo colori, aromi e sapori ma delle quali avevo interesse a conoscere più da vicino le caratteristiche.
Dopo la triennale sei rientrata a casa…come mai?
Sentivo mancava una figura come la mia nel locale, una figura capace di trasmettere la differente ottica di analisi e approccio relazionale appresa in contesti completamente diversi dal Salento. A Pollenzo, il contatto con persone di differente nazionalità e di differente provenienze d’Italia mi ha permesso di maturare una visione critica che cercherò col tempo, assieme a mio padre e al mio compagno, di portare al Lilith (il ristorante della Masseria).
Come pensi di far comprendere nel tempo questa importante ma sottile filosofia?
Preparando il cliente, educandolo di volta in volta, inserendo piatti più rassicuranti e altri meno. E poi, usufruendo della grande esperienza di mio padre…
Come hai conosciuto Matteo?
Mentre stavo per laurearmi a Pollenzo, Matteo stava aprendo un proprio laboratorio a Casarano.
Matteo raccontaci un po’ la tua storia…
Sono cresciuto a contatto con le nonne, depositarie di quei segreti, di quelle quantità mai dette che fanno la differenza. Ho iniziato a cucinare per necessità, dovendo prepararmi i pasti, visto che il lavoro dei miei genitori li costringeva fuori per l’intera giornata. Mio nonno, appassionato di cucina, mi ha permesso di girare assieme lui diversi ristoranti, ma all’epoca ero lontano dal pensare che quello sarebbe divenuto il mio mondo, il mio futuro.
E poi, invece, la scintilla…Raccontaci.
Forse inconsciamente la scintilla già era accesa, ma appena ho incontrato Giulia mi sono realmente appassionato alla ristorazione. Ho frequentato l’ALMA, ho fatto diverse esperienze all’estero (tra cui Londra) e sono sempre più risoluto a intraprendere un percorso di crescita personale e professionale.
E qui al Lilith trovi l’humus giusto?
Ovviamente; Giulia e Claudio mi hanno permesso di acculturarmi sulla materia prima, trasmettendomi al contempo l’amore per il lavoro e per la natura latu sensu.
Come sta incidendo questa esperienza sulla tua visione di cucina?
L’ha resa meno squadrata, più circolare.
Cosa intendi?
Per me squadrata significa “chiusa” e “schematica”; circolare, invece, non avere rigidità precostituite ma una chiara filosofia attraverso cui leggere e filtrare il mondo (e, dunque, anche la cucina).
Per cui quali sono per te le leve per innovare?
Conoscenza approfondita dei prodotti e delle tecniche di lavorazione. Solo grazie a questi strumenti, posso esprimere una cucina raffinata ma rassicurante, leggera ma capace di ricalcare la tradizione, inquadrata in un filone di assoluto rispetto della stagionalità e della qualità della materia prima.
Ancora altri piatti della famiglia Tramis.
L’esperienza della cena al Lilith
La cena, piacevolmente trascorsa, è stata quintessenza della filosofia dei giovani: chiari rimandi alla cucina territoriale, con una ciceri e tria appena rivista con un piacevole e rifrescante tocco di pepe tostato, si affiancano ad altri di rimando più “nazionale”, come la guancia di vitello cotta a bassa temperatura, simbolo della fusione tra provenienza locale del bovino (razza Podolica) e tecniche già d’avanguardia in una terra salentina. Qui, infatti, il “coccio” – antesignano della bassa temperatura – è ancora il protagonista indiscusso delle cucine.
L’esperienza merita sicuramente il ritorno, capace come è di emozionare con il savoir-faire di Claudio nell’intrattenere l’ospite, con il clima di ospitalità, con l’atmosfera di “calda” convivialità meridionale e con il coraggio di due giovani neppure venticinquenni pronti ad affrontare, con professionalità e competenza, una sfida non facilissima.
Ristorante Lilith c/o Masseria Copertini
Vernole (Le), Provinciale Strudà – Vanze
E-mail: ristorantelilith@gmail.com