Lo chef friulano, nel suo ristorante NIN sul Garda, si fa protagonista di una sperimentazione totale, completamente impermeabile agli imperativi oggi più urgenti nel campo della cucina
Non appena varcata la soglia del ristorante NIN, all’interno del Park Hotel Belfiore di Brenzone sul Garda (VR), affacciato direttamente sulla sponda veronese del lago, una sensazione di luogo in cui avverrà qualcosa di particolare, e certo di stimolante, avvolge sin da subito l’ospite. Circondati, da un lato, dalle opere d’arte contemporanea esposte all’interno della sala, ma soffermando altresì lo sguardo su quel centro tavola che, come ci verrà raccontato, impiega pezzi di legno raccolti nel greto del fiume che scorre vicino al paese natio dello chef, il friulano – di Mentereale Valcellina (PN) – Terry Giacomello. E sarà un’attenzione alla materia, la sua, affatto particolare, come emergerà del resto dal lungo e caleidoscopico percorso degustazione.
NIN, la cucina di Terry Giacomello sul Garda
Per intenderci, se un dettaglio, all’apparenza trascurabile, come quella carta riciclata di cui è composto il menu potrebbe far pensare a una scelta – comune oggi a molti ristoranti – di un accento rivolto a una sostenibilità ribadita anche negli aspetti più marginali, il viaggio invece qui proposto – attraverso i due unici menu degustazione: il percorso NIN (in 15 passaggi al prezzo di 165€ a commensale) o quello dedicato a “Le mie memorie” (in 11 tappe a 140€) – opta piuttosto per scelte radicali e completamente differenti: l’unico imperativo qui seguito è la parola d’ordine sperimentazione.
Una proposta d’avanguardia, questa del NIN, che attraverso ogni suo piatto racconta il percorso formativo dello chef friulano anzitutto presso quel grande maestro che fu lo spagnolo Ferran Adrià dove nel suo mitologico ristorante, elBulli, Terry Giacomello si formò (per poi passare anche al Mugaritz di Andoni Luis Aduriz, al Noma di René Redzepi, al D.O.M. di Alex Atala e dai francesi Marc Veyrat e Michel Bras).
Per cui è bene fugare sin da subito certe aspettative che andrebbero inevitabilmente deluse: perché, ad esempio, il lampone (sotto forma di gel) protagonista dell’Insalata folle a base di vegetali (con erbe e fiori), non giunge, come sarebbe lecito aspettarsi dal vicinissimo Trentino, terra per eccellenza dei frutti di bosco, ma dalla ben più lontana Scandinavia. Si assaggerà un cactus servito come amuse bouche che giunge dal Messico (e farcito con del mais tostato) e certo anche un bulbo di tulipano (cotto sott’olio).
Sarà una cucina dalle trasformazioni infinite, di certo ludica, in cui mai nessun ingrediente giungerà in tavola nella sua forma originaria. La noce è finta giacché ricreata con acqua di noce, farina di manioca e formaggio primo sale e olio di noce testurizzato.
Menu del Ristorante NIN
L’inizio del percorso s’intitola “Andiamo al cinema” ed è sotto forma di un falso ticket ricreato con una coca cola biologica e affiancato da una lattina che conterrà una salsa di popcorn tostati e salati. L’omaggio al Friuli dello chef avviene attraverso uno dei suoi piatti iconici, il Frico, servito però come panino cotto al vapore e farcito con il suo classico composto (patate, cipolle e formaggio Montasio). Un grissino verrà preparato con il polviglio, composto brasiliano preparato con la farina di manioca. Quindi un cracker verrà accompagnato da del grasso rancido di prosciutto crudo e polvere di paprika.
Quando sarà il turno del tonno pinna gialla ciò che mangeremo (e che dunque verrà utilizzato) sarà solo la sua cartilagine (cotta sotto pressione, essiccata e poi fritta e accompagnata da un gel di prugna giapponese), così come l’omaggio al risotto allo zafferano non potrà, a questo punto, trarre più in inganno: perché qui ogni singolo chicco di riso è “falso”, ricreato com’è grazie all’infusione dello zafferano insieme all’acqua che viene gelificata e messa all’interno di uno stampo.
Anche il piatto intitolato Raviolo di Bottarga è un esercizio di stile: la bottarga di muggine (quella scelta proviene dalla Grecia) viene utilizzata come fosse una pasta: le sue uova vengono frullate, quindi stese, poi coppate così da ricreare il classico raviolo (un raviolo, dunque, ma ancora una volta un raviolo …finto) e che verrà accompagnato da un gel di lulo (un frutto sudamericano) con al suo interno una farcitura di miele di olivello spinoso e mini limoni del deserto australiano.
La dispensa da cui si approvvigiona lo chef è quella dell’intero pianeta terra. E se la sensibilità odierna – con temi pressanti quali quelli della sostenibilità, della valorizzazione delle filiere corte, del martellamento sulla lotta alle emissioni (o più semplicemente sulla loro riduzione), quindi di un’attenzione quasi maniacale alla materia prima da tentare di restituire e valorizzare in tutta la sua potenza originale o “naturale” che dir si voglia – rende assai difficile capire il senso di un’operazione come questa, resta indubbiamente il fascino dinanzi a una cucina solitaria, eccentrica, inattuale e isolata. E che, c’è da scommetterci, proseguendo su tale strada lo sarà ancor di più negli anni a venire.
NIN Ristorante
Via Zanardelli 5, Brenzone sul Garda (VR)
Tel. 045. 7420179 | www.ristorantenin.it