Un luogo dove la storia non si limita a essere contemplata, ma diventa motore di una cucina in costante evoluzione. All’Osteria Tre Gobbi, la tradizione si trasforma senza rinnegarsi e le verdure conquistano il centro della scena. La sapiente alchimia tra Marco Carminati e Filippo Cammarata dona una nuova profondità, facendo dell’esperienza un percorso di scoperta che abbraccia sostenibilità e innovazione
C’è una sensazione di recondita armonia ogni qualvolta si varcano le soglie di un luogo consegnato e consacrato alla narrazione storica e, sorprendentemente, in esso si respira un’aria di incredibile modernità che pervade e stupisce. E non solo per quella disattesa aspettativa gastronomica, didascalica e scialba, che vorrebbe far combaciare storia e tradizione in un unico mischione passatista, ma soprattutto perché è sempre gratificante leggere il presente con le lenti del passato, e viceversa; specie quando quelle lenti correggono diversi gradi di banalità a buon mercato e facilitano una comprensione più profonda e stratificata di ciò che ci circonda.
La tradizione non è un museo: come l’Osteria Tre Gobbi riscrive il passato nel presente
E ciò che ci circonda, in questo caso, è il più antico ristorante di Bergamo, quell’Osteria Tre Gobbi che tante volte ha dato requie a Gaetano Donizzetti e che oggi, dopo decenni votati alla perpetuazione della tradizione, ha cambiato volto e anima grazie all’arrivo di Marco Carminati prima e di Filippo Cammarata poi.
Il riscatto della verdura: protagonismo vegetale tra sostenibilità e creatività
Il loro sodalizio ha conferito all’osteria un nuovo respiro. I casoncelli alla bergamasca rimangono pietre miliari, simbolo indiscutibili di un legame con la storia e il territorio. Tuttavia, è nella creatività delle nuove proposte, con una forte impronta vegetale, che si rivela il vero carattere dell’osteria. Qui, le verdure smettono di essere semplici contorni, ma diventano protagoniste assolute di un racconto ciclico che parla di stagionalità e sostenibilità.
La ricerca di Cammarata, affinata dalle sue esperienze internazionali, emerge chiaramente in un gioco sapiente di equilibri e contrasti che esalta la purezza dei sapori e la loro complessità. Un approccio che arricchisce l’offerta gastronomica e richiama il cliente a una riflessione profonda sul valore e le potenzialità della cucina vegetale
La chimica dell’ospitalità: l’incontro tra scienza e passione culinaria
Carminati, patron e responsabile di sala, con un background in ingegneria chimica, ha deciso di seguire la sua passione per la cucina e l’ospitalità. Come spiega lui stesso,
«Quando ho scelto di cambiare vita l’ho fatto perché ero stanco e volevo dedicarmi totalmente alla mia passione, che è la cucina e il dedicarmi agli altri, per rendere quello della tavola il momento migliore della loro giornata. Il mio lavoro precedente e la mia impostazione ovviamente mi hanno aiutato, ma ho voluto tenerli il più lontano possibile da quello che stavo iniziando a fare.» Un distacco necessario per abbracciare completamente la nuova avventura.
Cammarata, invece, porta con sé un ricco bagaglio di esperienze maturate accanto a chef di fama mondiale come Massimo Bottura e Niko Romito.
«La mia storia – racconta – mi ha portato a fare quel tipo di esperienza a 30 anni, sono entrato in una cucina così importante con quasi 18 anni di cucina alle spalle, proprio nel periodo in cui l’Osteria Francescana era stata proclamata miglior ristorante al mondo per la “50 best restaurant”. Questo mi ha portato a cogliere solo gli aspetti che mi servivano, come la gestione del gruppo, e il melting-pot culinario dato da una brigata di cuochi provenienti da tutto il mondo.»
Esperienze che lo hanno evidentemente arricchito e spinto verso l’innovazione, senza però aggiungere pressione al suo lavoro.
Dal caos creativo alla perfezione: il menù “the dark side of the moon” come manifesto di stile
L’innovazione e la creatività sono al centro della filosofia dell’Osteria Tre Gobbi. Il menù “The Dark Side of the Moon“, ispirato ai Pink Floyd, è un esempio perfetto di questa filosofia.
«C’è lo zampino del mio sous chef, Igor Galletti, che da grande appassionato di musica mi ha buttato lì l’idea. All’inizio ho pensato che fosse una follia, è un album che parla di morte, consumismo, pazzia, ma il giorno dopo, al mio risveglio, il pensiero non mi è sembrato più così folle, anzi, l’ho trovata una sfida molto stimolante», racconta Filippo.
La visione di Marco per l’Osteria Tre Gobbi è influenzata dalle sue numerose esperienze in ristoranti stellati.
«Le prime volte sono sempre quelle che ti segnano di più la memoria. Luoghi iconici come il primo Noma, la prima volta che sono stato dai fratelli Roca a Girona, la prima volta da Niko Romito, il Fat Duck nel 2008, Pierre Gagnaire. Ma ciò che mi ha influenzato di più sono le conferme, avute dalle esperienze successive» spiega Marco, la cui visione è quella di creare un luogo dove ogni visita racconti un’evoluzione continua.
Filippo è sempre alla ricerca dell’equilibrio nei suoi piatti, un’impostazione che riesce a mantenere la cucina accessibile e apprezzata da tutti.
«Cerco sempre di trovare un equilibrio nel piatto, penso sia importante. Anche se si usano ingredienti con forti spinte acide o amare, il piatto non deve risultare sbilanciato. È bello notare come chi si lascia incuriosire da ingredienti (a loro avviso) particolari, alla fine riesca a trovare il piatto finale equilibratamente buono», dice.
Questa ricerca costante di armonia si riflette anche nel menù “Degustazione Vegetale“, che esalta i vegetali e punta alla sostenibilità.
«Mi sono accorto come nella costruzione di ogni menu parto sempre dalla parte vegetale, quindi abbiamo deciso di lasciare al vegetale la giusta importanza. Stagionalità e zero spreco penso che debbano essere sempre alla base», spiega Filippo.
Il futuro è già qui: la cucina come esperienza immersiva e sostenibile
Lavorare con piccoli fornitori locali è un altro aspetto fondamentale dell’Osteria Tre Gobbi.
«Abbiamo collaborato e collaboriamo con tantissimi fornitori, piccoli e grandi. Ma quello a cui puntiamo sempre è l’insieme del piatto. Per noi l’obiettivo è sempre dato dal piatto, il grande ingrediente è sublime e ti sprona a creare un equilibrio di sapori che lo sappiano anche valorizzare», dice Filippo. Una filosofia che si riflette in ogni piatto.
Le innovazioni future per l’Osteria Tre Gobbi mirano a rendere l’esperienza sempre più immersiva e coinvolgente.
«Dopo la bellissima esperienza che abbiamo avuto con il menù Dark Side, abbiamo deciso di puntare sempre di più sulla parte esperienziale e coinvolgente delle nostre degustazioni», racconta Marco.
L’obiettivo è quello di creare degustazioni che raccontino qualcosa di loro, rappresentando sempre più la personalità dello chef e dello staff.
Tra i piatti più difficili da preparare e presentare c’è “Brain Damage,” un pre-dessert del menù Pink Floyd:
«Un dolce che vuole proprio disturbare: cervello di vitello cotto nel latte, servito con una panna cotta alla vaniglia appoggiata sopra un sorbetto di fragola e aceto, a dare un sapore molto fresco e lattico», spiega Filippo. Un piatto che sfida le aspettative ma riesce a sorprendere positivamente.
Oltre alla cucina, ciò che rende unica l’esperienza all’Osteria Tre Gobbi è l’affinità tra Marco e Filippo.
«Due occhi diversi. Più di 20 anni di esperienza in cucina sommati a più di 20 anni di esperienza dietro le tavole dei grandi ristoranti. Questo ci permette di avere lo stesso pensiero, far mangiare bene e fare stare bene il cliente», conclude Marco.
Osteria Tre Gobbi
Via Broseta 20 C – Bergamo (BG)
Tel. 035 243405 | www.tregobbi.it