Enrico Crippa a EinProsit 2023: un menu omakase che non è cinema ma esperienza reale. Ecco perché
Lo Chef di Alba Tre Stelle Michelin dà vita ad una performance da fuoriclasse, con un menu che unisce Oriente ed Occidente, tra arte ed esperienze di vita vissuta. Una cucina che non tradisce quella che dovrebbe essere la priorità di uno Chef: cucinare
Le “tre stelle”, da sogno possono tradursi in fardello. Il meccanismo psicologico innescato dallo Chef Star System – ancora ben lontano dalla sua fase crepuscolare, premonita dal giornalista e gastronomo Davide Paolini – tende a “mitizzare” la figura del cuoco, elevandola (spesso) oltre ogni ragionevolezza.
Ecco allora che gli chef, anche in base al “grado” attribuito loro dalla Rossa, entrano in un turbinio di “clic, flash e selfie” che, molte volte, porta a un distacco – temporaneo o meno – dalla realtà, a un’euforia che nel tempo si traduce in eccesso, diventando asfittica dipendenza.
Una gloria inizialmente piacevole, capace di alimentare la componente egotica di ciascuno di noi, che poi però – come si suol dire – “va gestita”. E tra i nomi altisonanti d’Italia c’è ancora chi, pur correndo nel Gran Premio, riesce a rimanere adeso alla propria personalità, a quel lato umano che è sempre più “merce rara”, in un mondo di mitomani.
Menu omakase di Enrico Crippa a EinProsit 2023
Enrico Crippa ha dimostrato di far parte della resistenza, di chi non nasconde la propria personalità dietro una maschera mediatica. E lo ha fatto con una cena “intima”, per sole 8 persone, che è stata fusione di esperienze, di culture gastronomiche antitetiche (Giappone e Francia), rivelandosi un’introspezione da cui emergono curiosità e amore, per l’arte e la natura, quella natura fatta di “colori, profumi e sapori”, dove la componente vegetale è una costante. «La fibra deve esserci sempre» – come afferma – per rendere accessibile, dal lato della digestione, un percorso articolato, complesso, che in questo caso constava di 15 portate – se consideriamo anche l’entrée e la torta di nocciole a fine serata, in cucina, affogata in un cucchiaio di caldo zabaione al Moscato.
15 portate per una fusione di esperienze
L’inizio è fresco, impostato sulle sensazioni dell’acido e dell’amaro, a partire dalla spuma di gingerino, delicatamente adagiata su foie gras cotto a bassa temperatura nel latte – come primo “saluto” dalla Francia.
Seguono l’insalata nappata con burro salato, caviale (sia fresco che essiccato in fiocchi) e tuorlo d’uovo; il krapfen, sempre al caviale con l’accompagnamento di un brodo caldo di merluzzo. Si continua, con una escursione nelle terre del Kansai, con un sashimi di orata, servito con erbe giapponesi balsamiche e piccanti (germogli di senape ecc.) e dell’erba cristallina – o ficoide glaciale – servita fresca, sia sotto forma di estratto che con limone sotto sale. Veemenza, energia, un piatto per certi versi destabilizzante, che si allontana lasciando ricordi agrumati.
E poi, dall’Oriente si “rientra” in Occidente, con un’insalata russa di barbabietola e gelatina di tonno, accostata a un delizioso borsh di ispirazione ucraina e un brodo d’aglio e fassona.
Iniziano qui, i richiami al Piemonte e all’arte, che raggiunge livelli importanti nel cotechino alla “Pollock” e nel “Capriccio”: cromaticamente ispirato al pavimento albese, un seminato veneziano, dalle forme astratte ma regolari, tra toni tenui ed altri più vivaci. Un carpaccio di riccio, abbinato a polvere di caffè, un sorbetto di mandorle ed una sottile cialda furikake – tra dolcezze, sapidità e consistenze.
Dalla creatività – visiva, oltre che gustativa – si passa alla cucina confortevole, alla “Puccia di Langa” con polentina bianca e sugo d’arrosto, alla crema tiepida di patate, uovo di quaglia marinato nel tè lapsang souchong (dalle note affumicate) e veli di tartufo bianco piemontese – profumatissimo oltre ogni immaginazione – fino ai ravioli del plin, con salsa di funghi e porcini freschi, a richiamare quelle aree boschive sempre più rare nelle Langhe, dove ormai la vite è diventata monocoltura.
I vini della serata
E sono anche i vini, infatti, a meritare la menzione – senza escludere il giovane e preparato sommelier Jacopo Dosio. L’abbinamento, è stato pensato per guardare simultaneamente al Piemonte e al Giappone, unendo “radici e ricordi”.
Ogni cantina scelta per l’occasione, infatti, ha avuto un collegamento diretto con la cultura nipponica (o dal lato della proprietà o dell’influenza/mercato di riferimento), come nel caso di Cascina Lieto con il suo Moscato Giallo macerato, in cui si alternavano profumi di calendula, albicocca, canfora e fieno, oppure nel rarissimo barolo Tes, di cui si producono a malapena 300 bottiglie; un barolo nato dall’assemblaggio di due masse differenti, dalle zone vinicole di La Morra e Serralunga d’Alba, dove il produttore (giapponese), afferma di voler esaltare la componente “umami” delle uve nebbiolo. E ancora il Langhe Nebbiolo di Giovanni Canonica, dove l’“imperfezione diventa complessità e ricercatezza”.
Una ricercatezza che troviamo anche nell’unico saké da riso carnaroli, l’Harmoniae, che diventa base per lo yuzu, una bevanda a base di saké ed agrumi in infusione.
Talvolta si abusa del termine “esperienza” ma, nel caso del menu omakase di Enrico Crippa a EinProsit 2023, presso il ristorante gourmet dell’Hotel La Corte delle Fucine, possiamo affermare sia appropriato. Un viaggio narrato, tra Oriente ed Occidente, dalla grandeur francese alla rigorosa umiltà giapponese, dove Enrico Crippa ha sempre cucinato, evidenziando la sua grande tecnica e delicatezza, senza mettersi in parte ad osservare, a fare da semplice “speaker” come in molti fanno.