Economia circolare: approvato dal Parlamento europeo il nuovo piano d’azione

Da Bruxelles arriva una lista di raccomandazioni che imprime una traccia ecologica, resiliente e sostenibile sul ciclo di vita dei prodotti. Con 574 voti favorevoli, 22 contrari e 95 astensioni, gli europarlamentari hanno definito gli obiettivi vincolanti per i prossimi 10 anni. L’identikit delle merci? Dovranno essere durevoli, riutilizzabili, riparabili ed efficienti energicamente

Lo scorso 9 febbraio il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul nuovo piano di azione per l’economia circolare. Il documento, nelle premesse, descrive un quadro poco confortante: nel “Global Resources Outlook 2019”, il rapporto sulle prospettive in materia di risorse a livello mondiale per l’anno di riferimento, è emerso che l’estrazione e la lavorazione di utilità materiali, intese in senso diffuso, generano più del 90% della perdita della biodiversità e dello stress idrico, oltre che la metà delle emissioni complessive di gas.

Se ogni cittadino del mondo consumasse in media come una persona residente nell’UE, oggi sarebbero necessari 3 pianeti per sostenere i ritmi dell’utilizzo di energia e beni.

Le potenzialità dell’economia circolare, d’altronde, sono ancora sottovalutate. Basterebbe esaminare pochi dati, tuttavia, per comprendere quanto questo sistema sia virtuoso. Ad esempio, da politiche orientate ad un approccio sostenibile scaturirebbero, solo in Europa, circa 700.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030 e l’aumento del PIL dello 0,5%.

Economia circolare europea: cosa prevede il nuovo piano d’azione

L’organo legislativo unionale, quindi, ha formulato una serie di rilievi, indirizzati – in termini operativi – anche alla Commissione e agli Stati membri, che disegnano i programmi da attuare e gli errori da non commettere ancora.

Dal punto di vista pratico, dunque, cosa viene stabilito per il comparto primario e quali sono gli impegni da onorare per la tutela dell’ecosistema?

Per le principali catene del valore dei prodotti alimentari, la Commissione è chiamata a presentare una proposta legislativa per dimezzare gli sprechi entro il 2030, in armonia con la strategia “Dal produttore al consumatore”, una delle pietre angolari del Green Deal europeo. Nell’UE, infatti, ogni anno, finiscono nella spazzatura circa 88 milioni di tonnellate di cibo e gran parte di questi rifiuti proviene dalle famiglie. Questo vuol dire che, prima di ogni altra cosa, deve essere promosso un acquisto consapevole dei generi da tavola perché esso cagiona un considerevole impatto ambientale, pari a circa il 6 % delle emissioni totali di gas a effetto serra.

Sul vecchio continente grava la necessità di affrancarsi dalla dipendenza dalle importazioni di proteine vegetali per mangimi e di aumentare l’uso del compost e del digestato. In poche parole, i nutrienti organici devono necessariamente prendere il posto dei fertilizzanti sintetici.

La nuova economia circolare europea, inoltre, si propone di azzerare gli effetti tossici sui biosistemi acquatici, attraverso maggiori controlli ed una corretta attuazione del principio “chi inquina paga”. Per il perseguimento di questa finalità, la Commissione è invitata ad integrare il nesso tra acqua ed energia negli affari di settore.

Come il Covid ha impattato sull’ambiente

Sotto il profilo commerciale, poi, l’era del covid, ha inaugurato un periodo assai florido per la distribuzione delle pietanze da asporto, del food delivery e per le vendite elettroniche di svariate classi di articoli dell’indotto agroalimentare, ma lo stesso non si può dire per l’ambiente che, invero, patisce lo smaltimento di plastiche monouso e involucri di cartone.

Solo attraverso il fondamentale apporto della collaborazione collettiva e, nello stesso tempo, della responsabilizzazione dei singoli, sarà possibile il pieno raggiungimento di questi intenti. Al riguardo, in linea con il progetto globale di rigenerazione allargata e di salvaguardia della vita del pianeta, perfino le linee di azione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite vengono semplificate in una “guida per persone pigre su come salvare il mondo”. Quattro livelli di impegno attivo, da quello che si può fare dal divano di casa fino alla lista delle buone abitudini sul luogo di lavoro, racchiusi in un elenco che bisognerebbe tenere sempre a mente.