Intervista a Barbara Alfei: «Aggiungete ai piatti un filo di olio monovarietale, vi regalerà indescrivibili emozioni»
In occasione della “Rassegna Nazionale degli Oli Monovarietali”, che si è conclusa ieri nell’Abbadia di Fiastra (MC), abbiamo incontrato la madrina dell’evento per qualche domanda sugli extravergini italiani ottenuti da una sola varetà di olive
Sono149 gli extravergini che, dopo essere stati rigorosamente selezionati dal panel regionale Amap-Marche, sono entrati nel nuovo catalogo della 21ma Rassegna Nazionale degli Oli Monovarietali che si è conclusa ieri nella magnifica cornice dell’Abbadia di Fiastra (MC).
Gli oli monovarietali: prodotti di nicchia con tante virtù
È stata una due giorni intensa, ricca di eventi, aggiornamenti e interessanti spunti su argomenti strettamente collegati fra loro e un patrimonio olivicolo unico al mondo rappresentativo di una straordinaria biodiversità.
Si tratta di oli provenienti da una sola varietà di olive che, dal punto di vista nutrizionale, influiscono positivamente sulla nostra salute per l’alto contenuto di acidi grassi e polifenoli. Sono prodotti ancora molto di nicchia. Per questo, con la madrina della Rassegna, Barbara Alfei, abbiamo approfondito il tema del loro utilizzo in cucina.
Intervista a Barbara Alfei, madrina della Rassegna degli Oli Monovarietali
In questi due giorni si è parlato del forte legame tra varietà e territorio da cui nascono extravergini con una identità ben precisa. Può essere un valore aggiunto in cucina e nella ristorazione?
«Certamente. Ogni olio proveniente da olive coltivate in un determinato territorio è diverso da quello ottenuto in altre regioni, non solo nella composizione chimica, ma anche nelle caratteristiche sensoriali, quelle che arrivano più direttamente al consumatore finale. Quel filo d’olio versato, possibilmente a crudo, nel piatto non rappresenta un banale condimento, ma regala sensazioni ed emozioni, oltre che salute, e racchiude in sé un importante bagaglio di storia, cultura, tradizioni, paesaggio, piante storiche…fino all’anima del produttore, il cosiddetto Terroir, che rappresenta ormai la carta vincente per valorizzare le mille olivicolture italiane».
Cosa si può fare per sensibilizzare gli chef, ma anche i consumatori, ad un uso consapevole dei monovarietali?
«Spesso manca la cultura sull’olio, si dà per scontata perché rappresenta la tradizione e non ha mai avuto il giusto valore e l’adeguata attenzione. Purtroppo ancora molti non sanno distinguere i pregi dai difetti e si accontentano di un olio “genuino” ottenuto dalle olive con processi naturali. Sarebbero sufficienti delle pillole di cultura e di assaggio, per educare a riconoscere, e quindi ricercare la qualità: fruttato (sensazione di oliva sana e fresca), amaro e piccante i pregi più importanti; e ancora, i cosiddetti sentori varietali, come erba appena tagliata, mandorla verde, carciofo, pomodoro, frutti di bosco, erbe aromatiche….tutte quelle sensazioni che possono essere percepite sia al naso sia per via retronasale, che consentono di differenziare gli oli tra di loro e che sono strettamente legati al genotipo. E i consumatori attenti riescono a percepire tutto questo nel piatto».
Facciamo qualche esempio di “itinerario del gusto” nelle diverse regioni con abbinamento monovarietale-cibo.
«Al di là di regole, è bello legare gli oli monovarietali tipici del territorio alle ricette tradizionali e ai prodotti della biodiversità, in modo da regalare a tavola sensazioni uniche ed irripetibili.
Un bell’olio di Coratina, varietà ampiamente coltivata nella Puglia centrale, caratterizzato da un fruttato intenso con sentori di erba fresca e mandorla verde e da note accentuate di amaro e piccante, si sposa benissimo con le orecchiette alle cime di rapa, piatto emblema del territorio. Se andiamo nell’isola del sole, la Sicilia, un filo di Nocellara del Belice, dal fruttato intenso con sentore di pomodoro e note equilibrate di amaro e piccante sta bene su pesce crudo e cotto e su un’insalata di finocchi e arance. Passando all’isola dei Nuraghi un filo di Bosana, dai sentori erbacei di cardo e carciofo, sul cuore crudo del carciofo spinoso sardo, magari con una spolverata di bottarga. Gli strangozzi alla spoletina potrebbero essere valorizzati da un bel giro di Moraiolo, dal fruttato medio, erbaceo, con sentori di carciofo e mandorla, decise note di amaro e piccante. E, nelle Marche, che dire di un filo di olio di Mignola, con sentore di frutti di bosco e una evidente nota di amaro, su una zuppa calda di legumi e perché no…sul Cece quercia di Appignano?
Invito tutti i consumatori amanti della buona tavola e attenti alla salute a sperimentare l’aggiunta di un filo di olio monovarietale, con le caratteristiche più svariate in base alla varietà, su qualsiasi piatto, per valorizzarlo e regalare indescrivibili emozioni».
Come ci si può aggiornare sugli oli monovarietali, pur non essendo esperti?
«Per riconoscere le caratteristiche di questi oli basta cliccare su www.olimonovarietali.it. Qui i consumatori, ma soprattutto gli chef possono trovare un valido strumento per utilizzare al meglio i monovarietali per le loro creazioni in cucina: sono le sei tipologie sensoriali con la descrizione e la semplificazione di profumi e sapori e le caratteristiche degli oli. Oggi la banca dati degli oli monovarietali italiani, aggiornata annualmente, contiene oltre 4.200 campioni rappresentativi di quasi 200 varietà da 19 regioni italiane; sullo stesso sito a breve potrà essere consultato il catalogo di questa 21ma Rassegna in cui sono riportate tutte le etichette che hanno superato un buon livello qualitativo al panel test».