Alla scoperta di Vignalta, la cantina che dai Colli Euganei ha conquistato il mondo

Intervista a Lucio Gomiero, titolare di Cantina Vignalta

Intervista a Lucio Gomiero, titolare della cantina di Arquà Petrarca che dagli anni ’80 produce vini di grande pregio e continua a posizionarsi in vetta alle classifiche internazionali

Lucio Gomiero vive negli Stati Uniti da molto tempo ormai, ma ogni anno ritorna nei suoi Colli Euganei per tre mesi, per non perdersi il momento così delicato e prezioso della vendemmia e assemblare personalmente i vini che diventeranno il futuro della cantina Vignalta.

Intervista a Lucio Gomiero, titolare di Cantina Vignalta

Imprenditore agricolo e architetto, che negli anni ’80 ha creduto così tanto nella sua terra di origine da piantare i primi tre ettari di vigneto, Gomiero può dire di essere riuscito a creare una vera punta di diamante nel panorama enologico del territorio, dando vita a una cantina e a vini di grandissima qualità, che hanno conquistato l’Italia e il panorama estero.

Vignalta non ha, infatti, bisogno di presentazioni: il suo “Gemola”, taglio bordolese, il “Sirio”, moscato secco, ma anche tante altre etichette, sono diventate ormai il blasone più conosciuto dell’eccellenza che si può raggiungere sui Colli Euganei.

E pensare che tutto è iniziato come un esperimento. Erano gli anni ’80, Lucio lavorava in Africa, nel territorio si vinificava solo per inseguire la quantità e non la qualità.

«Ho deciso di piantare tre ettari di vigneto, usando il terreno di famiglia. Il primo vino l’abbiamo imbottigliato nell’86, prima lo utilizzavamo per noi. Piano piano è diventata una vera passione: per lavoro dovevo viaggiare molto e così ho iniziato a confrontarmi con il panorama del vino internazionale, visitando le migliori cantine, conoscendo e stringendo amicizia con enologi e winemaker che mi hanno insegnato tanto. Diciamo che non mi sono mai confrontato con il territorio, ma sempre con i grandi vini del mondo».

Abbandonare la quantità per puntare ai grandi vini

Vignalta ha immediatamente introdotto una produzione atipica rispetto a quelle dell’epoca:

«Mi stava stretto il mercato della “quantità”, ma allo stesso tempo era difficile competere con i grandi vini stranieri. Così ho iniziato a investire per creare grandi vini e i primi mercati che si sono aperti sono stati quelli di Stati Uniti, Canada e Germania, dove Vignalta piaceva di più. Il primo vino imbottigliato, lo Chardonnay, ricordava uno Chablis. Ho introdotto l’uso della barrique che non si usava in zona, prendendo spunto dall’America e della Francia. Era una novità perché qui invece si cercava di liberare la cantina prima della vendemmia successiva, non di far invecchiare il vino».

La barricaia dell’azienda (Foto © Vignalta).

Vignalta è piano piano cresciuta, pionieristica su tutto e segnando così la storia del territorio:

«Abbiamo creato cose che non esistevano ancora: il Sirio, ovvero il primo moscato secco contrapposto allo spumante che si commerciava in zona. Nell’87 abbiamo creato il primo passito Fior d’Arancio, che ora si è diffuso su tutti i colli. Nell’88 è nato il Gemola, taglio bordolese di merlot e cabernet franc la cui uva arriva dai terreni dell’omonimo colle dove sorge villa Beatrice d’Este, totalmente vulcanico. Nel 1990 ci hanno dato in gestione un vigneto importante, di 15 ettari. Ed è stata una vendemmia fantastica da cui abbiamo ottenuto grandi vini bianchi e rossi. Con il Cabernet riserva del 1990 è arrivato il primo riconoscimento dal Gambero Rosso, “tre bicchieri”: oggi ne contiamo 19. E abbiamo iniziato a piantare vigne un po’ ovunque nelle zone vocate».

Gemola di Vignalta, taglio bordolese di merlot e cabernet franc

Ma qual è il segreto del Gemola, questo taglio bordolese che così piace al mondo?

«È il terreno. Le colline a forma conica, come il monte Gemola, sono fatte di lava e trachite: è un terreno particolare, perché la lava si è disgregata e ha formato un terreno sciolto fantastico per la vite. Lo abbiamo individuato senza sapere nulla di geologia, ma confrontando il vino anno dopo anno e vedendo che era il prodotto più fine».

Proprio per questo da qualche anno si sta portando avanti un altro esperimento, che piace tanto: il Gemola chardonnay.

«Nel 2013 ho partecipato a una verticale di chardonnay californiano che, a differenza delle altre, sorgeva sulle montagne di Santa Cruz. Mi sono innamorato dei loro vini: li ho trovati straordinari, integri, diversi dallo stereotipo di chardonnay grasso, seduto, alcolico. Il giorno dopo sono andato a visitare la cantina scoprendo che il terreno dove poggiava era simile a quello che abbiamo qui. E nel 2014, che avevo un ettaro libero proprio sul Gemola ho fatto un colpo di testa piantando chardonnay: abbiamo poi pressato l’uva intera, fermentata in botte di rovere e lasciata sui lieviti 12 mesi con batonage settimanale. Il primo imbottigliamento è stato nel 2019. Abbiamo scoperto che il vino ha un’altra marcia grazie al terreno del Gemola. E non solo noi: volevamo vendere la prima annata in 12 mesi, ma dopo 4 mesi era già esaurito. Ora siamo usciti con il 21, due settimane fa, ma durerà poco: abbiamo dovuto fare delle assegnazioni per i clienti».

Le etichette della Cantina di di Lucio Gomiero (Foto © Caterina Zanirato).

Le altre novità dell’azienda

Il Gemola chardonnay non è l’unica novità in casa Vignalta

«Siamo in espansione, stiamo piantando un vigneto di Friularo a Valle San Giorgio, un’uva che solitamente non coltivata in collina. Da qualche anno, infatti, produciamo un metodo classico di Friularo, un blanc de noir pas dosé, con l’uva raccolta a fine ottobre. E devo dire che ha una grande dignità. In Italia ha più senso produrre metodo classico con uve autoctone piuttosto che quelle del nord, che con il global warming stanno perdendo la loro ricchezza anche nella stessa Champagne».

Vignalta oggi produce 240mila bottiglie l’anno e conta una ventina di collaboratori. È nata dall’idea di ricerca, di eccellenza, piantando i vigneti nelle zone più vocate e ha fornito lo spunto per tutto il panorama enologico della zona, che si è poi sviluppato in tante declinazioni diverse.

Il contesto naturale in cui è immersa la tenuta (Foto © Caterina Zanirato).

«La nostra zona ha potenzialità superiori a tante zone molto più blasonate nel mondo. C’è un gran terreno e tanta biodiversità. Purtroppo, la denominazione è poco conosciuta fuori dalla Regione, siamo piccoli, è quasi tutto bosco, i vigneti sono pochi e poche aziende hanno la possibilità di strutturarsi per raggiungere obiettivi ambiziosi. Anche la Borgogna è organizzata così, ma ha qualche secolo di storia ed esperienza in più. Le potenzialità ci sono ma bisogna confrontarsi con il mercato internazionale, e quindi con l’alta qualità».

Società Agricola Vignalta s.s.
Via Scalette 23 – Arquà Petrarca (PD)
www.vignalta.it