Gazzetta del Vino Toscana

Tenuta di Artimino, la nobiltà del vino di Carmignano

Dalla maestosità di Villa La Ferdinanda ai preziosi vigneti del Barco Reale del Granduca di Toscana Ferdinando I: l’antica storia di un gioiello enologico tra arte e fascino toscano

Tenuta di Artimino, la nobiltà del vino di Carmignano
Linea 1596 di Tenuta di Artimino (Foto © Marco Fantechi).

Prato alle spalle e Firenze di fronte, Pistoia da un lato e l’Arno a segnare i confini naturali di un territorio dal fascino senza tempo: la Tenuta di Artimino è un pezzo di storia a cielo aperto, luogo privilegiato e paradiso di caccia di Ferdinando I de’ Medici che volle qui, nella spettacolare natura di Carmignano, in provincia di Prato, la “grande bellezza” di Villa La Ferdinanda. Un gioiello architettonico del 1596 che il Granduca di Toscana amava dire “di godere con calma e senza fretta”, tra pini, uliveti e ricercato Sangioveto.

Vini Tenuta di Artimino, tra storia e nobiltà

Profuma di storia e nobiltà il tesoro di Tenuta Artimino, non solo nella magnificenza rinascimentale della Villa dei Cento Camini, Patrimonio UNESCO dal 2013, ma anche per la bellezza dei suoi vigneti e nella storia del Carmignano, il vino dei Medici. Una delle DOCG più piccole d’Italia, meno famosa del Chianti e del Brunello, forse, ma sicuramente altrettanto pregiata per nascita e qualità. Anzi, oseremmo dire, anche di più.

Tenuta di Artimino, la nobiltà del vino di Carmignano
Le antiche botti della cantina (Foto © Malinda Sassu).

Cabernet e Sangiovese: il primo Super Tuscan nella storia

Sono passati poco più di 300 anni da quando il Granduca Cosimo III de’ Medici, nel 1716, definì con un bando le prime quattro zone di produzione nella storia, tra queste, le colline del Carmignano sul versante sud-orientale del Monte Albano. Una legislazione vera e propria che mirava a tutelare non solo gli attuali confini del Barco Reale di Ferdinando I, ma anche la qualità del suo prodotto.

Il vino delle fattorie medicee di Artimino era quindi designato come frutto pregiato, tra i più costosi in circolazione e “atto a viaggiare” verso le corti d’Europa. La storicità del Sangiovese si accompagna a quella del Cabernet Franc, chiamato ancora oggi da queste parti uva Francesca o francese, che si dice portato in Toscana da Caterina de’ Medici, regina di Francia e, da allora, autoctono a tutti gli effetti. Ancora oggi, infatti, entrambe le uve concorrono alla produzione del Carmignano.

Cara ai Medici e ai Lorena poi, la Tenuta di Artimino è ora di proprietà della famiglia Olmo, che ne ha avuto cura fin dal 1989 quando il noto ciclista degli anni ‘30 Giuseppe Olmo, si innamorò di Villa La Ferdinanda e decise di dare nuova vita al Barco Reale, mantenendone inalterati fascino e bellezza. Annabella Pascale e Francesco Spotorno Olmo, nipoti del lungimirante corridore e imprenditore, sono ora i custodi di un tesoro di 732 ettari di medicea memoria, circondata ancora dai resti della cinta muraria che ne delimitava i confini.

All’interno, la storia del Carmignano, settanta ettari di vigneto in produzione, a maggioranza Sangiovese, intercalati a boschi e uliveti, condotti in regime di sostenibilità dall’agronomo Alessandro Matteoli e della sua squadra. Terreni che ricadono sia nella zona del Carmignano sia in quella del Chianti Montalbano, galestrosi sul versante pratese, più limosi e sabbiosi nella zona del Montalbano.

Identità e personalità nei vini, la tradizione che va a braccetto con l’innovazione e, dal 2015, l’ingresso in azienda dell’enologo Filippo Paoletti, un cambio stilistico che ne ha elevato qualità ed espressione, nella nuova linea 1596, dedicata alla storia della Tenuta.

Barco Reale di Carmignano Rosato DOC Vin Ruspo 2020 (Foto © Malinda Sassu).

Il bello e il buono dei vini dei Medici, la DOC Barco Reale

Protocolli non standardizzati e uvaggi trattati secondo la natura delle uve, etichette che narrano la storia di queste terre, a partire dalle DOC Barco Reale, rosato e rosso, dal nome della riserva di caccia di Ferdinando I.

Affascinante, il Barco Reale di Carmignano Rosato DOC Vin Ruspo: è il rosato toscano della tradizione, “ruspato” dai contadini che ne stillavano il prezioso liquido durante il trasporto delle uve in vendemmia. Ottenuto da spillatura di salasso, dopo un brevissimo contatto sulle bucce di Sangiovese, Cabernet e Merlot, da vendemmia leggermente anticipata. Ammaliante e brillante il colore cerasuolo che anticipa il frutto fresco di melograno, ciliegia e agrumi al naso, deliziose le note floreali e di grande piacevolezza la salinità al palato e la sua tensione acida. Un vino che vede solo acciaio al contrario del rosso Barco Reale DOC Ser Biagio, dedicato all’uomo più fidato del Granduca di Toscana.

Stesso blend, il Ser Biagio, ma con un brevissimo passaggio in legno in botte grande: viola e frutti rossi, tannini discreti e grande piacevolezza nel finale. Da menzione, anche il bianco IGT Artumes, la dedica al delizioso borgo medievale di Artimino e al suo museo etrusco: vinificazione in acciaio di Trebbiano e blend (variabile in base all’annata) di Chardonnay e Sauvignon, in alcune annate anche un po’ di Riesling.

Grumarello Carmignano DOCG 2015 (Foto © Malinda Sassu).

Il tesoro di Artimino nella storia della DOCG Carmignano

Dai vigneti che guardano verso Firenze, si produce il Chianti Montalbano DOCG, denominazione meno conosciuta ma antica e tradizionale, giovane e beverina. Sangiovese, Canaiolo e Colorino vedono solo acciaio e producono un vino immediato, non eccessivamente strutturato ma che incanta per la sua freschezza al palato.

Incantano le due DOCG Carmignano, Poggilarca e il superbo Riserva Grumarello, entrambi con la stessa filosofia produttiva. Il Sangiovese al 70% indossa la tradizione affinando in botte grande e ben si sposa con il 20% di Cabernet e il 10% di Merlot, entrambi con maturazioni più lente e affinamenti in barrique per il primo, tonneau per il secondo. Grande attenzione sulle estrazioni, vinificazioni e affinamenti separati, quindi, rispettando le attitudini di ciascun vitigno.

Il Poggilarca dal nome del vigneto a lui dedicato, veste di rubino profondo con delicati riflessi granati, ventaglio intenso di frutti rossi, mora e ribes, e poi ciliegia e liquirizia, spezie dolci e un palato morbido e piacevole, regalato dai tannini perfettamente integrati ad una sottile vena acida e minerale. Dodici i mesi di affinamento.

Importante e “mediceo” il Grumarello 2015 dalle note affumicate e balsamiche, con marasca e amarena, mora e tabacco, violetta e cuoio a fare da sfondo. Stessa percentuale del Poggilarca ma con un 5% di Sangiovese a scapito del Merlot e 24 mesi di affinamento.

IGT Iris e Vin Santo di Carmignano Occhio di Pernice

Da menzione, anche l’IGT Iris l’ultimo arrivato in famiglia, il supertuscan importante ottenuto da Cabernet Sauvignon e Merlot, affinati per 18 mesi. Tannini vellutati e una lunga scia sapida dal finale fruttato e coinvolgente.

Piccola e storica, la preziosa produzione del Vin Santo di Carmignano Occhio di Pernice, il pregiato rosso DOC passito su graticci per 4 mesi e fermentato cinque anni in caratelli da 50 litri. L’elegante intensità al naso di miele di castagno e frutta disidratata si accompagna al palato con una evidente acidità che ne mitiga la dolcezza. Ogni vino una storia, ecco la grandezza della Toscana di Artimino.

Tenuta di Artimino
Viale Papa Giovanni XXIII, 1 – Artimino – Carmignano (PO)
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Malinda Sassu

Giornalista, sommelier per passione e autore Wine, Food & Travel per diverse testate giornalistiche cartacee e online. Appassionata prima di tutto, del mondo e della vita, dei viaggi e della gente. Tra le mie cento passioni? Lo champagne, naturalmente…

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