Un’analisi dell’Unione europea mostra tutte le ombre relative all’impatto sul settore primario della temuta patologia infettiva che ha messo in ginocchio l’economia internazionale

Qual è stato l’impatto del Covid sull’agroalimentare? Innanzitutto va detto che durante il periodo di pandemia mondiale, il comparto agricolo ha continuato ad assicurare beni alimentari per il sostentamento nazionale. Soprattutto nella prima metà del 2020, infatti, la domanda di generi di prima necessità ha avuto un incremento quasi pari al 50%, per via di una vera e propria corsa agli acquisti da parte dei cittadini, intimoriti dalla possibilità di un rallentamento degli approvvigionamenti lungo la catena di fornitura.
Impatto del Covid sull’agroalimentare
Al riguardo, i dati di un recente studio del Parlamento europeo richiesto dalla Commissione Agricoltura, mostrano l’andamento di un indirizzo non sempre lineare. Se da un lato, infatti, nel 2020 si è rilevato un aumento del 2,9% del valore medio di produzione rispetto al lustro precedente, i redditi agricoli hanno registrato un calo del 7,9%. Le imprese agricole, poi, hanno dovuto affrontare numerosi rallentamenti produttivi proprio per la presenza di focolai negli stabilimenti di trasformazione, ma non sono mancate – dall’altro lato, per assurdo – eccedenze legate alla distribuzione indirizzata a canali specifici come quello della preparazione e di distribuzione dei pasti.
Le categorie che hanno maggiormente risentito della crisi sono state quelle della produzione di alimenti e bevande e quella della relativa somministrazione nei locali. Quest’ultimo segmento economico, in particolare, proprio a causa di chiusure altalenanti e lungamente protratte, è stato severamente colpito.
Il boom delle piattaforme elettroniche e la rivalutazione degli esercizi di prossimità
Anche le tradizionali modalità di acquisto hanno subìto importanti cambiamenti: l’utilizzo delle piattaforme elettroniche ha registrato un vero e proprio boom e gli esercizi di prossimità sono stati privilegiati rispetto alla grande distribuzione. Nella lista della spesa, poi, sono aumentati – in maniera considerevole e proporzionalmente alla fascia reddituale di appartenenza – prodotti ascrivibili ad una dieta salutare. Mentre per le famiglie meno abbienti il prezzo ha continuato a rappresentare un discrimine nei consumi di tutti i giorni, chi ha potuto, ha inserito nel carrello un articolo proveniente da filiere certificate e sicure, nella consapevolezza di pagare di più.

Le categorie merceologiche penalizzate
Specifiche categorie di beni hanno affrontato tendenze negative. I vini di pregio, per esempio, la cui vendita è strettamente connessa ad uno specifico target esperienziale, non sono stati esportati come nelle annate precedenti, anche a causa di evidenti ostacoli agli scambi. L’offerta delle carni bovine, molto richieste dal canale Ho.re.ca, ha patito un importante arresto durante il lockdown. Perfino il consumo di zucchero è diminuito durante l’epidemia, con un conseguente decremento della produzione e delle esportazioni verso terzi.
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