Oleoturismo: la nuova stagione dell’olio
Con il decreto attuativo entrato in vigore lo scorso 15 febbraio, come per il mondo del vino, si aprono interessanti opportunità anche per i produttori di olio evo. Dalle città d’arte al frantoio, dalle passeggiate negli uliveti alla degustazione guidata, l’indotto potenziale è altissimo. Ne parliamo con l’esperto Claudio Vignoli che ci porta anche l’esempio della vicina Spagna
Dallo scorso 15 febbraio 2022 il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, di concerto con il Ministro del Turismo, ha indicato le «linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività oleoturistica» (Fonte: Gazzetta Ufficiale).
Il decreto attuativo dell’oleoturismo in Italia: l’opinione dell’esperto
Atteso da oltre due anni, il decreto attuativo dell’oleoturismo, che prevede anche sgravi fiscali per gli operatori del settore, rappresenta un punto di partenza importante per rilanciare l’olivicoltura italiana, per valorizzare le nostre DOP e IGP e, al tempo stesso, dare nuova linfa anche al comparto turistico, dopo due stagioni di estrema sofferenza. Ne parliamo con Claudio Vignoli, consulente internazionale nel settore oleario.
La nuova stagione dell’olio
L’approvazione del decreto attuativo su”oleoturismo italiano assume un’ulteriore rilevanza soprattutto alla luce della crescente domanda di olio extravergine di oliva a livello globale.
«Negli ultimi 20 anni la crescita mondiale dei consumi di olio è un trend costante (+3% annuo secondo le stime del COI, Consiglio Oleicolo Internazionale) e viaggia in parallelo con l’interesse per un’alimentazione sana – spiega Claudio Vignoli -. A favorire questa tendenza è stato indubbiamente il prestigio goduto dalla Dieta Mediterranea, dove l’olio evo è uno degli ingredienti principe. Ricordiamo, infatti, che la Dieta Mediterranea è diventata patrimonio Unesco nel 2010 e che nel 2020 è stata classificata come migliore dieta al mondo dall’US News&World Report».
Con il COVID, inoltre, si è registrato un vero e proprio record storico dei consumi di olio di oliva (3,1 milioni di tonnellate nel 2020, stime COI), complici i vari lockdown che hanno costretto le persone a consumare i pasti prevalentemente a casa. Ma all’aumento della domanda si è accompagnata anche una nuova attenzione verso la qualità e l’eccellenza: insomma, l’asticella si è spostata verso l’alto.
«Oggi, a due anni dalla pandemia, siamo davanti a un nuovo modello di consumo che coniuga la voglia di riscoprire il cibo sano e genuino e, al tempo stesso, di conoscere il suo territorio di produzione».
Il consumatore sempre più consapevole si informa sulla filiera produttiva e compie scelte che premiano la trasparenza e la qualità: di qui il crescente appeal dell’extravergine e delle DOP e IGP.
«In un simile contesto, il Turismo dell’Olio può trovare terreno fertile per futuri importanti sviluppi nel nostro Paese, proprio come si è già visto in Spagna» continua Claudio Vignoli.
Verso un nuovo modello di promozione
Al lato pratico, l’attuazione del decreto – secondo l’esperto – darà il via a un nuovo modello di promozione:
«Se in passato ci siamo affannati a correre all’estero per presentare i nostri oli e i territori da cui provengono (e gli investimenti per queste attività erano decisamente troppo onerosi per un piccolo produttore), con l’oleoturismo la prospettiva cambia. Possiamo invitare turisti e buyer nelle aziende olivicole e far vivere loro un’esperienza partecipativa che può valere molto più di qualsiasi presentazione o discorso».
Indubbiamente l’oleoturismo spingerà la filiera a ragionare con politiche commerciali non più rivolte alla sola vendita allo scaffale (dove spesso prevalgono le logiche del prezzo), ma dirette al consumatore per trasmettergli il gusto, la storia, il valore della biodiversità dei nostri oli DOP e IGP.
L’olio come il vino: un nuovo volano per il turismo
È evidente che tutto ciò darà nuovo slancio al comparto turistico oltre che a quello olivicolo, valorizzando zone oggi ancora poco conosciute, come già è accaduto nel mondo del vino. L’olio come molte altre nostre eccellenze enogastronomiche può diventare un volano importante per la ripartenza.
«Ricordiamoci però una cosa importante: – avverte Claudio Vignoli – il turista desidera vedere, conoscere, partecipare, assaggiare e comprare. Chi vuol proporre oleoturismo deve saper rispondere in modo originale e completo a questo ventaglio di richieste».
L’esempio spagnolo
L’esempio spagnolo può fornirci un’interessante chiave di lettura per ipotizzare i possibili scenari in Italia. La Spagna, infatti, è sicuramente il Paese più interessante con cui confrontarci anche per una serie di similitudini culturali: sul suo territorio convivono, proprio come da noi, una forte tradizione culinaria e un patrimonio artistico e culturale unici. Due premesse fondamentali per qualsiasi strategia di turismo gastronomico. Ed è almeno dal 2010 che la Spagna ha imparato a promuovere l’oleoturismo come attività turistica che coniuga la qualità del prodotto con la conoscenza del produttore e del territorio di produzione.
«In Spagna – racconta Claudio Vignoli – ho avuto modo di constatare che l’oleoturismo è diventato di fatto il “secondo raccolto dell’oliveto”, con importanti ricadute sul sistema turistico e della ristorazione. Gli operatori spagnoli infatti hanno saputo sfruttarlo molto bene come leva di marketing per valorizzare la propria offerta».
I distretti produttivi hanno dato vita a veri e propri “hub turistici” dedicati, con proposte interessanti e complete che coniugano arte, paesaggio e produzione olivicola: nuovi percorsi museali, passeggiate naturalistiche negli oliveti, visite in frantoio e nelle haciendas, degustazioni guidate, tour esperienziali nel periodo della raccolta e molitura.
Un esempio su tutti è il distretto di Jaén in Andalusia, dove è stato creato un vero e proprio brand promozionale, l’ “Oleotur” che con le sue proposte e i suoi pacchetti attrae migliaia turisti anche da Francia e Germania, durante tutto l’anno e non solo nel periodo della raccolta e molitura.
E in Italia a che punto siamo?
«Da noi in Italia una base di partenza importantissima per lo sviluppo di un sistema oleoturistico è rappresentata dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio che ha già svolto un ruolo chiave anche nella definizione e approvazione del decreto» sottolinea Claudio Vignoli.
Un altro esempio virtuoso viene dall’Associazione La Strada dell’Olio Umbria DOP che sta lavorando alla valorizzazione del turismo dell’olio già dal 2004. Dopo aver creato una rete di eccellenze legate alla cultura, alla coltivazione dell’olivo e alla produzione dell’olio in Umbria, l’Associazione è, infatti, riuscita a trasformare il territorio regionale in un percorso ideale che valorizza i produttori, i luoghi di produzione e i territori dell’Umbria rurale, proponendo esperienze da vivere nei luoghi di produzione dell’Olio e.v.o. di qualità.
«Progetti come quelli portati avanti da la Strada dell’Olio Umbria DOP sono oggi il nuovo modello a cui guardare per la promozione del nostro olio evo in tutto il mondo. Sarà però indispensabile che tutti i protagonisti siano capaci di intercettare i nuovi desiderata del turismo post covid per costruire pacchetti ed esperienze dotati di appeal» conclude Claudio Vignoli.