La quinta generazione dell’azienda di Illasi tramanda un’idea di vino che rende protagonista il concetto di terroir attraverso un’educazione e un rispetto che dal campo arriva fino ai “tini”. Siamo stati in cantina e vi raccontiamo le etichette di un’articolata produzione
Un racconto autentico di una visione e di un rispetto assoluto verso la storia e la rappresentazione, contemporanea, in sorso di un territorio. Stiamo parlando di quello della Valle d’Illasi (VR), la “Val secca” come la si chiamava una volta, per voce enoica di Sabaini. Una cantina che da anni opera come avamposto vitivinicolo tra il Soave, la Valpolicella e più in lontananza i Lessini.
Un approccio che, dal vigneto alla cantina, segue il filo rosso dell’autenticità e della personalità. Non a caso più che uno slogan quello che afferma come «il vino si fa in campagna, puntando sulla qualità della materia prima, l’uva» è proprio una ragion d’essere e fare. Minimo interventismo per un massimo d’estratto di terroir.

Cantina Sabaini, vini della Valle d’Illasi
«Non ci sono mode, vinifichiamo il territorio» potrebbe essere quindi il sottotitolo cha accompagna quest’esperienza in terra di confine. Sembrano concenti banali, quasi scontati. Non lo sono.
Dagli oltre 110 ettari di vigna, con età media di circa 40 anni, dislocate in altitudini e conformazioni morfo-geologiche di sei tenute differenti, nascono dodici referenze. Imprinting bianchista che strizza l’occhio alla Garganega nelle sue varie declinazioni (in purezza, Soave), allo Chardonnay e al Pinot grigio, mentre per le tonalità in rosso predomina la denominazione Valpolicella, con i suoi fieri e altisonanti testimoni: Corvina, Corvinone e Rondinella a cui si aggiunge l’autoctono e più selvaggio Orseleta per quanto riguarda il blend di sua maestà l’Amarone.

Geografia e clima
Grammatiche che si plasmano da suoli calcarei, fluviali, arenacee, tufacei e vulcanici. Il tutto compreso, ma non certo compresso, visto un’orografia gentile e sinuosa che ne caratterizza i tratti somatici territoriali, che dai 170 arriva a circa 250 metri sul livello del mare. Spazio fisico e geografico in cui vento, escursione termica, esposizioni e clima giocano una partita a shanghai sempre sfidante. Senza dimenticare una tecnica agronomica, antica quanto efficace, nell’essere al contempo scudo e culla per la salubrità e perfezione delle uve, chiamata pergola veronese.
Infine c’è l’approccio sartoriale ed artigianale che prende forma attraverso vinificazioni separate in grado di esaltare e far emergere le singole peculiarità che andranno poi in bottiglia, come monovarietali o blend.

Un vino di territorio e di famiglia
Raccontare Sabaini significa parlare di famiglia. Diverse generazioni, siamo arrivati alla quinta, che da agricoltori e allevatori negli anni 30’ del secolo scorso iniziano a cambiare pelle specializzandosi sempre di più sul vino. Oggi, oltre alla parte terzista, a imbottigliare circa 100mila campioni a firma Sabaini che racchiudono, in un abbraccio vitreo, un’idea di vino precisa. Quella di rendere protagonista indiscusso il concetto di terroir attraverso un’educazione e un rispetto che dal campo arriva fino ai “tini”.
Dal 2006 parte la decisione di sacrificare parte del vigneto più basso a Mormontea per creare la cantina dalla “Esse rovesciata”. La squadra che oggi porta avanti questo racconto è composta da Adolfo Sabini, dalla moglie Mirca Rossetti e soprattutto dai figli Riccardo e Alberto. Dal 22 luglio 2022, arriva anche l’apertura del Wine Shop (500 metri quadrati).

L’esaltazione del gusto nei vini Sabaini
Degustando i vini della cantina d’Illasi, le premesse si confermano. Dai bianchi agli spumanti (metodo charmat in bianco da Garganega e rosato da Molinara) arrivando fino ai rossi ciò che si assaggia è su tutto il territorio.
Il minimo intervento in fase di vinificazione, l’utilizzo di una tecnica e tecnologia basata sull’esaltazione della dimensione primaria del gusto, rendono questi vini specchio di una triade tanto cara alla Cantina: territorio, annata, vitigno. Mineralità, freschezza e verticalità sono i vestiti che indossano le silhouette in bianco mentre eleganza, finezza e grande gastronomicità abbracciano le interpretazioni purpuree.
Dai più immediati sorsi dei vini di apertura di gamma al principesco Amarone della Valpolicella Docg, la semantica è chiara: questi simboli enoici incarnano e rappresentano, in modo efficace, le espressioni territoriali da quali provengono con significati precisi, chiari e riconoscibili.

Garganega e Soave eleganza
Con la Garganega si ha il primo vero testimonial di questa filosofia. I vigneti collinari di Illasi sono composti da un suolo alluvionale con presenza di scheletro, a 175 m s.l.m., e si sviluppano con esposizione Nord-Est, Sud.
Partendo dallo spumante, metodo charmat con circa quattro mesi in autoclave, questa versione sorprende per una finezza e verticalità di sorso disarmante. Forte dei varietali, ma elegante e complesso come se fosse rimasto a parlare con i lieviti più a lungo. Perlage lunghissimo e finissimo accarezza il sorso esplodendo sulle timbriche della mineralità e dell’ambito vegetal-floreale ma con una bella struttura materica. Un vino che non si esaurisce, per nulla e soprattutto affatto, all’aperitivo ma che sa accompagnarsi veramente a tutto pasto.
Nella Garganega Veronese ferma, il concetto di gastronomicità si esalta all’ennesima potenza. Si parte con un respiro complesso, aristocratico con note agrumate, tropicali, floreali e balsamiche, anche speziate, che lo proiettano immediatamente verso piatti della cucina locale e tradizionale. Il corpo conferma questa sua multiforme capacità di unire la freschezza minerale a una struttura più rotonda del frutto giallo. Un vino immediato, snello e scattante, giustamente varietale, che entra fresco e si allunga in verticale lasciando il sorso appagato e fresco.
Si cresce invece con il Soave. Eleganza e più rotondità sono le caratteristiche che colpiscono e definiscono il sorso. Un vino dorato che acquista ulteriore corpo e struttura con una mineralità che lo rende piacevolmente diretto. Respiro e anima, olfatto e gusto, sono in speculare equilibrio con una sferzata di note ipogee che ammaliano. Un vino che ha volume, che si mastica, che accompagna piatti anche più importanti.

Le sfumature in rosso
Sicuramente Sabaini colpisce per i rossi. Basti pensare che il 90% della produzione è sotto l’egida del Valpolicella (il restante 10% in bianco con Garganega, Chardonnay e Pinot Grigio). Interpretazioni, queste in rosso, che affascinano per una graduale, elegante e sfaccettata complessità di sorso che cresce dai monovarietali fino ad arrivare all’espressione più iconica e riconosciuta di queste terre: l’Amarone.
Partendo con un Corvina in purezza si passa al Valpolicella. Si sale dolcemente con il Superiore per poi sterzare completamente su direttrici che raccontano di itinerari da “Quattro passi alpini” con il Ripasso e con l’Amarone.
Ecco il Corvina (2023) in purezza. Un vino quotidiano. Un sorso gentile, sbarazzino ma capace di soddisfare il palato grazie alle sue imprescindibili note di marasca, di ciliegia, di frutto estivo ancora croccante e succoso. Tannini equilibrati e presenti aiutano a rendere la mission fortemente gastronomica di questo sorso. La genuinità e la sua abbinabilità sono le strutture binarie del suo dna di sorso. Non c’è bisogno di tanta complessità

Le due versioni del Valpolicella. Qui la semantica del racconto enoico si alimenta di altri due protagonisti del blend: Corvinone (40%) e Rondinella (20%). Al frutto rosso, anche di sottobosco, quindi più selvatico, netto della Corvina si aggiungono così leggere note speziate ed erbacee, tendenti al balsamico fresco, date dagli altri due uvaggi. Un vino, quello base, più complesso ma ancora fortemente capace di rappresentare una semplicità, non banalità, di approccio alla tavola.
Approccio e matrimonio che nel Superiore (2021) esplodono con maggiore complessità e intensità, visto anche il passaggio in legno, che nasce con l’impeto tagliente e fresco ma che sa anche mostrare la dinamicità della forza e della struttura. Ah, provateli anche in estate, abbassando la temperatura di servizio, poi ne riparliamo.
Con il Ripasso (2021) Sabaini fa un ulteriore salto in alto. Vino che se vogliamo ha sempre avuto la definizione di essere “il figlio minore dell’Amarone”, ma che in questa interpretazione destruttura il concetto forse troppo banalizzato alzandolo a vero rappresentante di una tecnica (quella dell’utilizzo della macerazione sulle bucce dell’Amarone del 2020) che – se utilizzata in modo corretto – definisce silhouette di sorso veramente accattivanti. Una signora elegante e sensuale con cui parlare, parlare, parlare e parlare ancora… L’inchino prima del passaggio di sua Maestà.
Infine l’Amarone. Entra il Re. Che non è certo “seduto sul sofà”… Un abbraccio di stile e slancio. Un sorso elegante e fiero. Una complessità intrigante e sensuale. Giovane e giovale. Da accompagnamento e socialità. Non è un’interpretazione esclusivamente da “meditazione”. È un vino che parla la lingua della tavola, della convivialità.
Struttura e potenza calibrata. Freschezza e surmaturazione. Velluto tannico che si apre e allarga, accarezzando il palato. È un vino vivace e giustamente sontuoso, ma con finezza e una capacità di farsi vero interprete di una tradizione vitivinicola che, giustamente, è vanto per il made in Italy in vigna. Frutto, equilibrata balsamicità, si accompagnano ad una lunghezza quasi infinita. Un vino che si può bere ora, questo 2019, ma che acquisterà ulteriore capacità di sorprendere tra almeno cinque o sei anni. Una bevuta regale, ma dal dna pop.
Cantina Sabaini
Via Mormontea, 6A – Illasi (VR)
https://www.cantinasabaini.it/