Svelato il segreto sull’eleganza e longevità di uno dei vitigni autoctoni più importanti della Sicilia. Intanto la sua potenza aromatica ne sta favorendo la riscoperta
Il Catarratto è una delle più importanti cultivar a bacca bianca autoctone della Sicilia che, negli ultimi tempi, sta conoscendo una grande riscoperta. Nelle sue varianti Extra Lucido e Comune alimenta interesse grazie al suo carattere, non tanto scontato.
Caratteristiche del Catarratto
Presente soprattutto nella parte occidentale della Sicilia (in tutto se ne stimano circa 26mila ettari), il Catarratto è stato protagonista di una masterclass guidata dal prof. Nicola Francesca , docente di Microbiologia Alimentare ed Enologica all’Università di Palermo (corso di laurea in Scienze e Tecnologie Agroalimentari). L’occasione è stata l’ultima edizione di Sicilia en Primeur che si è tenuta ad Erice.
A caratterizzare i vini ottenuti da Catarratto in purezza è la loro longevità. Parlare di questo aspetto nei bianchi non è sempre facile, perché spesso si pensa che siano vini da bere giovani per apprezzarne la freschezza e gli aromi. Meglio allora relegare la parola “longevità” al mondo dei vini rossi che con l’invecchiamento ne vedono accresciuto tutto l’appeal e la risolutezza che il tempo sa creare.
Eppure, anche alcuni “giovani” bianchi possono essere resi più “sapienti” dal tempo o, meglio ancora, più profondi e complessi. Tra questi vi è il Catarratto.
«Il Catarratto, essendo un vitigno molto versatile, è adatto ad affrontare il trascorrere del tempo, ma per poterlo fare occorre che il frutto abbia raggiunto la giusta maturazione, con un buon livello di zuccheri e soprattutto un’acidità consistente. – ha spiegato il prof. Nicola Francesca- Acidità, maturazione settembrina e giuste tecniche di coltivazione al di sopra dei 350 mt, consegnano il Catarratto a lunga vita. Dalle sue uve è possibile ottenere dei vini incredibili, di grande eleganza e beva, capolavori aromatici dai profumi sottili ed esclusivi».
L’altezza che eleva la bellezza
L’altitudine (soprattutto quella sopra i 400-500 metri s.l.m., dove è elevata l’escursione termica tra giorno e notte) incide sulle caratteristiche espressive di questo vitigno, esaltandone la finezza.
«In questa condizione climatica – precisa il docente universitario – si crea un ambiente ideale che favorisce la sintesi di alcuni precursori aromatici che verranno liberati nei vini dai lieviti e dal tempo. Ad alte altimetrie, la maggior presenza di raggi UV di tipo b induce la pianta a sintetizzare maggiori concentrazioni fenoliche, responsabili di una tonalità gialla più accentuata».
Lieviti non convenzionali e aromi del Catarratto
Dagli studi fatti presso il Dipartimento SAAF (Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali) dell’Università degli Studi di Palermo è emerso che i cosiddetti lieviti non convenzionali possono avere degli effetti positivi sugli aromi. Sollecitato opportunamente con questi “strumenti” biologici durante la fermentazione, il Catarratto può originare una complessità aromatica davvero unica.
«Abbiamo isolato lieviti Saccharomyces cerevisiae e non-Saccharomyces da matrici zuccherine naturali non convenzionali al mondo viticolo, come la manna e il miele che denotano caratteristiche aromatiche esclusive – chiarisce il prof. Francesca-. Il loro impiego ha dimostrato un miglioramento nelle espressioni aromatiche e nella durata della complessità gustativa; inoltre, l’impiego di lieviti non-convenzionali può risultare utile nell’invecchiamento del vino».
La malolattica, un’opportunità per il Catarratto
La personalità del Catarratto può essere ben esaltata anche grazie alla fermentazione malolattica, spesso considerato un passaggio da evitare nella produzione dei vini bianchi di cui si predilige l’acidità, la freschezza e la sapidità. Eppure, per i ricercatori di Palermo la malolattica è un’opportunità da prendere in considerazione.
«Seguendo dei protocolli precisi – spiega Nicola Francesca – abbiamo impiegato la fermentazione malolattica sui vini bianchi, in fase sia fermentativa che nella fase post-fermentativa. Abbiamo usato batteri lattici selezionati appartenenti alle specie Lactiplantibacillus plantarum e Oenoccoccus oeni nel Catarratto e abbiamo notato che gli conferiscono una morbidezza che non eccede, garantendogli la freschezza che gli è tipica, vestita però da una potenza e complessità aromatica particolare».
Il Catarratto e il cambiamento climatico
Longevo, aromatico ma anche una sentinella della biodiversità del Pianeta. Il Catarratto sembra essere anche un vitigno che resiste alle alte temperature. Un dettaglio di non poco conto per un viticoltore, chiamato – oggi più di ieri – alle sfide del cambiamento climatico.
© Riproduzione vietata«Assistiamo ad un cambiamento strutturale che modifica notevolmente la geografia enologica. Questo potrebbe comportare una significativa perdita di zone vocate alla coltivazione della vite. Alla luce dei cambiamenti climatici, dunque, è indispensabile ripensare alle modalità di coltivazione e produzione delle diverse cultivar. Il Catarratto riesce a resistere alle alte temperature e ciò è dovuto ad una coevoluzione della cultivar ai climi caldi. Questo porta la pianta ad una più attenta autoregolazione delle aperture degli stomi, limitando le perdite di acqua per via aerea. Di riflesso – conclude il prof. Francesca – tale strategia fisiologica diminuisce le esigenze della cultivar ad una maggiore richiesta d’acqua».