La mineralità nel vino, cosa significa?

Il sentore minerale è entrato nel lessico del degustatore solo di recente ma suscita dibattiti e qualche perplessità. Cerchiamo di capire di cosa di tratta esattamente.

La mineralità nel vino è una sensazione di minerale inteso come pietra, o come grafite, o come silice o pietra focaia, o ancora come salinità marina e addirittura come idrocarburo. La prima questione su cui si dibatte riguarda proprio l’esistenza effettiva o meno di tale sensazione mentre la seconda è se si tratti di una percezione olfattiva o tattile e quindi legata al gusto.

Se consultiamo i manuali dei più rinomati e accreditati studiosi della materia, come Il gusto del vino. Il grande libro della degustazione di Emile Peynaud oppure The Oxford Companion to Wine di Jancis Robinson o, tornando ancora più indietro nel tempo, i vecchi testi francesi dei primi dell’800, ci accorgiamo che esperti del calibro di Chaptal, Jullien e Pijassou non fanno il minimo riferimento al termine “mineralitè” nè accennano al “gusto minerale del vino“.

Studi scientifici hanno rilevato che la mineralità nel vino non è legata alla composizione del suolo dove affondano le radici delle vigne, ma che intervengano altri fattori. Alex Maltman, professore di Fisiologia e Orticoltura all’Università di Cardiff, sostiene in modo radicale che la geologia del vino non possa essere assaggiata in un bicchiere, mentre Roman Horvath, Master of Wine e direttore di cantina al Domäne Wachau, è più morbido nelle sue dichiarazioni ritenendo che – se da un lato – il trasferimento diretto dei minerali del suolo al vino è cosa che non può essere provata, dall’altro lato si possono notare stili diversi nei vini che provengono da suoli con una geologia differente.

Con riguardo infine alla “classificazione” tra sensazione olfattiva e sensazione tattile degustando particolari vini, si ritiene che si possa parlare di sensazione olfattiva perchè alcune note di grafite e pietra focaia sono percepibili al naso mentre, in bocca, si può apprezzare la sapidità del vino derivante dai sali minerali disciolti nel terreno.

Per passare dalla teoria alla pratica e per poter “vivere” in prima persona la mineralità di un vino, un buon sommelier suggerirebbe di degustare un Etna Bianco (roccia lavica e sale), un Vernaccia di San Gimignano (pietra bagnata e salmastro), un Ribolla Gialla (note gessose), una Falanghina (sale grosso) e uno Chablis (pierre à fusil), tutti vini dal gusto “minerale”, perfetti in estate che si abbinano perfettamente ad un aperitivo in riva al mare.