La riscoperta del Vermouth, tra storiche celebrità e audaci sperimentazioni come la ricetta veneta a base garganega
La moderna versione del celebre vino aromatizzato è comparsa nel 1786 a Torino per mano di Antonio Carpano ma oggi è protagonista di una nuova età dell’oro e di versioni “utopiche” innovative come quella prodotta da un’azienda nell’area del Soave Classico
Ogni cambiamento può essere un mutamento di prospettiva che permette al futuro di entrare nelle nostre vite. Magari inizia per caso, poi è necessario lavorarci con dedizione e attenzione e alla fine possono arrivare risultati inaspettati.
Un incontro imprevisto con un farmacista che racconta del vermouth e della sua antica fama per le sue proprietà terapeutiche. Un’idea che scatta, prende forma e si realizza. Cornelia Tessari, produttrice di Soave con i fratelli, concretizza un’utopia: un Vermouth a base garganega.
Cos’è il Vermouth? Quando è nato?
Il Vermouth è il più celebre dei vini aromatizzati. Le origini dei vini aromatizzati sono antiche, sembra che già il greco Ippocrate amasse berli e Plinio il Vecchio, scrittore e naturalista romano, ci ha lasciato una lunga lista di vini aromatizzati a scopo curativo. Prodotti che nacquero probabilmente per esigenze diverse, non solo terapeutiche (come tonico e digestivo, per esempio), ma anche gustative e per la necessità di mascherare i difetti dei vini del tempo.
Il Vermouth nella versione che conosciamo noi, bevanda spiritosa da sorseggiare con piacere, compare nel 1786 a Torino per mano di Antonio Carpano, un giovane distillatore e studioso di erbe e spezie. Estimatore della cultura tedesca, per battezzare il suo Vermouth si ispira al nome tedesco Wermut che significa Artemisia Absinthium, ovvero l’assenzio, tra le principali erbe utilizzate per aromatizzare.
Nel giro di poco tempo diviene la bevanda ufficiale della corte dei Savoia, la più richiesta in tutti i caffè dell’epoca. E si diffonde in tutta Europa. Il Vermouth oggi viene prodotto in tutto il mondo, ecco perché lo storico aperitivo noto come Vermouth di Torino, già IG nel 2017 con un disciplinare dedicato, viene tutelato dall’UE in tutti i Paesi europei dal 2019, salvaguardandolo da imitazioni.
La ricetta orginale del Vermouth? Non esiste!
Il Vermouth è originato a partire da una base di vino (al suo inizio a Torino era il Moscato di Canelli, in seguito, la sua internazionalizzazione ha portato a un’ampia scelta), alla quale si aggiunge una mistura esclusiva (il segreto di ogni azienda) di erbe aromatiche o officinali, fiori, spezie, radici, cortecce e alcol distillato. In seguito il Vermouth viene addolcito con zucchero di canna, miele o caramello.
Si può dire che non esista una ricetta originale del Vermouth, perché ogni azienda decide quali ingredienti utilizzare in base a proprie scelte, non prescindendo però dall’assenzio maggiore. Negli anni la bevanda è divenuta ingrediente di famosi cocktail: Martini Dry, Negroni, Americano, Negroni Sbagliato, Manhattan.
Oggi il Vermouth sta vivendo una nuova età dell’oro, merito anche della riscoperta del rito dell’aperitivo all’italiana.
La genesi di Utopia, il Vermouth a base garganega
«L’idea è nata per svecchiare l’immagine aziendale, – racconta Cornelia Tessari dell’omonima cantina con sede a Monteforte d’Alpone – proponendo un’alternativa al Soave che magari potesse anche far scoprire la denominazione ai giovani. La nostra è un’azienda del Soave Classico che produce vini da sola uva garganega, una scelta ben precisa».
Non si poteva dunque prescindere dalla garganega come base per il Vermouth di famiglia. Cornelia s’impegna e si fa affascinare da questa nuova opportunità, assaggiando vari tipi di Vermouth per trovare uno stile che sia un po’ lontano dai classici schemi. Lo stesso nome, Utopia, si riferisce al fatto che riteneva utopico creare un Vermouth in terra soavese, conoscendo bene la sua identitaria storia torinese.
E forse proprio per questo ha lottato per rendere concreto questo progetto. Ben venti botaniche tra cui l’immancabile assenzio maggiore, ma anche genzianella, rizoma di giaggiolo, larice, angelica, lavanda, noce moscata, coriandolo, china fanno parte della ricetta. L’infusione delle botaniche nel vino, derivato da uve leggermente appassite di garganega, dura tre mesi, seguendo un procedimento non industriale.
«Abbiamo iniziato a commercializzarlo da quest’anno – aggiunge Tessari – ed è stato un successo: i clienti che vengono in loco, lo acquistano immancabilmente. Mi si è aperto davanti un mondo stimolante e diverso, frequento locali nuovi dove il Vermouth fa da apripista anche per la vendita del Soave. Parliamo del nostro territorio in un’altra chiave e questo è entusiasmante per tutti».
Cornelia, la più giovane dei tre fratelli e unica donna, ha studiato un’etichetta con tre volti femminili. Un significato profondo e simbolico per lei: rappresentano nonna Cornelia, mamma Bianca e se stessa: passato, presente e futuro della linea femminile dei Tessari.
Chi dice che il Vermouth, pur con un titolo alcolimetrico di 17,5 % vol (come questo) e quella leggera amarezza finale non piaccia alle donne?