I vini del Vesuvio: la storia della DOP che attraversa il mito
Un territorio dal lungo passato che cresce grazie all’attività del Consorzio di Tutela, vini dalla spiccata identità e imprinting territoriale: ecco tutto il fascino delle terre del vulcano più famoso del mondo
Il mito dei vulcani è antico quanto l’uomo. Lo è ancora di più il Vesuvio che, attraverso i secoli, ha da sempre alimentato curiosità e interesse per la sua unicità, storia e bellezza paesaggistica.
Napoli e il suo vulcano sono l’immagine da cartolina che incarna l’essenza e l’identità della città, la loro connessione indissolubile: una perfetta simbiosi tra la vivace vita partenopea e la presenza imponente e maestosa del Vesuvio.
Non solo il richiamo ad antiche civiltà e alla tragica eruzione del 79 d.C. che seppellì Pompei ed Ercolano; piuttosto, la resilienza e la bellezza di una città che si è sviluppata accanto a un vulcano che ne influenza paesaggio e cultura.
Tra le caratteristiche più importanti, anche quella di produrre vini unici e straordinari, dalla chiara sapidità e dalla spiccata vivacità e freschezza.
Vesuvio Wine Day a Roma: in scena i vini della DOP
Vini vulcanici, veri e propri tesori dalle diverse sfaccettature e dalla grande ricchezza storica, riuniti nella DOP Vesuvio, sono stati protagonisti nei giorni scorsi al Vesuvio Wine Day, a Roma.
Un focus organizzato dal Consorzio Tutela Vini Vesuvio, presso la sede del Gambero Rosso, dove aziende e prodotti tipici dell’area vesuviana si sono raccontati attraverso un walk around tasting di 18 aziende.
Interessantissimo, il seminario di approfondimento moderato da William Pregentelli, coordinatore editoriale della guida Vini d’Italia, alla presenza del Presidente del Consorzio Ciro Giordano e i due relatori d’eccezione: la giornalista Chiara Giorleo e l’archeologo Ferdinando De Simone.
Una vera e propria masterclass a due mani sulla storia millenaria della produzione vesuviana, i suoi territori e le sue uve, con una nuova chiave di lettura su zonazioni e qualità.
Quello dei Vini del Vesuvio è un patrimonio collettivo dal fascino speciale, che oltrepassa il tempo e le mode del momento e che ha ancora tanto da raccontare.
I vini del Vesuvio: una storia lunga 3000 anni
Vino e Vesuvio, ovvero, una lunga storia d’amore.
Il clima mite, il sole che bacia i fertili suoli vulcanici: la viticoltura in queste terre ha origini antichissime, già prima dell’arrivo di Greci e Romani.
«Un filo, quello della produzione del vino, che non si è mai spezzato, nonostante l’avvicendarsi di popoli e culture – spiega il prof De Simone – un’enorme potenzialità espressa ancora oggi, dopo 3000 anni di storia. Difficile trovare un legame tra quella che era l’uva antica e quella moderna ma è certo che le prime tracce di coltivazione della vite siano da attribuire all’Età del Ferro, ad opera del popolo italico dei Sarrasti»
Con l’arrivo dei Greci, si intensificano tecniche e nuove varietà fino alla conquista dei Romani, con i quali cresce l’interesse verso il vino: la vite abbondava sul Vesuvio, tanto da favorire un numero crescente di villae, vere e proprie fattorie idonee alla sua produzione.
Per soddisfare la sete dell’Impero, ci si spinse quindi fino al Falerno per produrre il vino che arrivava a ben 600.000 persone, dalla Britannia all’Egitto.
Le continue eruzioni, da quella pompeiana fino all’ultima nel 1944, non ferma la viticoltura vesuviana che riprende, al contrario, con maggior vigore, attraversando la storia e arrivando sino a noi con vini sempre più di qualità.
Il modello Vesuvio e le nuove zonazioni
«È curioso doversi approcciare a questo territorio come zona emergente, nonostante la sua importantissima profondità storica – spiega la giornalista Chiara Giorleo – Ma a tutti gli effetti lo è, grazie ad una fondamentale riorganizzazione interna intrapresa dal Consorzio»
Un complesso geologico che si distingue in due macro aree, il Monte Somma, considerata la zona vitivinicola più antica e il Vesuvio, l’area vulcanica che non tutti sanno essere nata dopo l’eruzione del 79 d.C.
Il Monte Somma, esposto sul versante Nord, è il volto verde e rigoglioso del vulcano, con boschi e terrazzamenti eroici, condizioni climatiche più fresche e ventilate e terreni più compositi.
Geologicamente più giovane, il Vesuvio è esposto a sud, quindi, clima più caldo e altitudini più basse.
Differenze che tracciano in maniera netta le diverse sfaccettature dei vini che ricadono della DOP, considerando che è possibile suddividere le due aree in quattro zone di produzione, a seconda che si collochino sul “versante mare” o “versante terra” del Vesuvio e del Monte Somma.
I vigneti, sviluppandosi in senso circolare intorno ai due promontori, presentano di conseguenza caratteristiche diverse in base a clima ed esposizione.
Le caratteristiche dei suoli vulcanici vesuviani
I vini del Vesuvio si caratterizzano per la loro diversità anche grazie alla natura ricca dei suoli, fertili e generosi in minerali: circa 230 specie di cui 6 esclusive del complesso Somma-Vesuvio.
Le diverse eruzioni non solo hanno modificato l’aspetto stesso del vulcano ma hanno lasciato altresì traccia nelle diverse stratificazioni, che vanno dalle famose “sabbie nere” di ceneri e lapilli ad aree più argillose e drenanti.
In generale, massiccia è la presenza di silicio e potassio, atti a stimolare la produzione di zuccheri che caratterizzano tutta la produzione frutticola e vitivinicola dell’area.
Il vento della tradizione in vigna e le uve di territorio nella Vesuvio DOP
La viticoltura vesuviana è ancora fortemente legata alle sue antiche tradizioni. Vigne che arrivano a 500 metri, in alcuni casi anche oltre, che non hanno mai conosciuto la fillossera e sono quasi tutte a piede franco, in alcuni casi reimpiantate ancora con l’antico sistema della propaggine.
Permangono nei vigneti la pergola vesuviana e la legatura con il salice: tradizioni che rendono la denominazione ancora più affascinante.
Sono principalmente tre le uve autoctone della zona, prima fra tutte il Caprettone, alla base dei bianchi della denominazione, vitigno spesso confuso nel passato con la Coda di Volpe, l’antica varietà diffusa in tutta la Campania.
Ancor più rara è la Catalanesca, prodotta in purezza da pochissime aziende e impiantata ad altitudini importanti sul Monte Somma.
Tra i vitigni a bacca rossa, il famoso Piedirosso, uva difficile ma dalla grande personalità, oltre a Guarnaccia e Olivella Nera.
Uve che concorrono nella Vesuvio DOP, distinta e organizzata in tre gruppi di menzione: Vesuvio DOP, Vesuvio Lacryma Christi DOP (vini in blend con uve autorizzate) e Vesuvio DOP monovarietali con uve autoctone vinificate in purezza.
Aziende e comunità scientifiche unite nel nome del vulcano: il Consorzio di Tutela Vini Vesuvio
Per valorizzare il patrimonio vitivinicolo millenario del Vesuvio, nasce nel 2007 il Consorzio Tutela Vini del Vesuvio, riconosciuto nel 2015 e presieduto oggi da Ciro Giordano.
Il percorso intrapreso è quello di ampia collaborazione con tutte le realtà locali, dai produttori agli istituti di ricerca, dalle università alla politica. Un sistema per fare squadra, al servizio del territorio e dei 114 soci, per affrontare insieme le sfide contemporanee, a partire dal cambiamento climatico e la sostenibilità in vigna.
Un consorzio vivace e attivo, che tutela e valorizza la denominazione che comprende tutta l’area del Parco Nazionale del Vesuvio e i comuni del Monte Somma, per un totale di 250 ettari di superficie.
Terre preziose che regalano vini moderni ma dal lungo passato, l’omaggio alla loro terra madre, indissolubilmente legati al fascino e agli uomini di queste terre.
Per maggiori informazioni: www.vesuvio.wine