Italia contro l’Europa: «Il riconoscimento del Prosek va bloccato»

Istituzioni e associazioni italiane hanno fatto squadra per difendere la riconoscibilità del nostro Prosecco. Concedere l’indicazione geografica protetta al vino croato, infatti, sarebbe fuorviante per il consumatore e un danno per i nostri produttori

Anche se completamente diverso per le sue caratteristiche enologiche, dal 31 marzo 2007 ai produttori friulani è stato vietato l’utilizzo del nome “Tocai” per il loro noto vino. Questo, in sintesi, fu il contenuto della sentenza n. 368/2008 della Corte Costituzionale, con la quale la legislazione europea costrinse il Tocai Friulano a diventare in etichetta solamente “Friulano”, lasciando all’Ungheria la denominazione Tokaj.

A distanza di poco più di dieci anni l’Italia si trova nuovamente a dover difendere dagli attacchi degli alleati europei un’altra denominazione enologica italiana: il Prosecco.

Grazie a due distinte interrogazioni parlamentari è emerso che la Commissione Europea ha iniziato l’iter di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della domanda di registrazione della menzione tradizionale “Prosek”, vino croato prodotto per lo più in Dalmazia.

Differenze tra Prosecco e Prosek

Per inquadrare bene la questione è utile precisare che il Prosecco italiano e il Prosek croato sono due vini molto diversi tra loro e che il prodotto croato non è nato per imitare quello italiano. Tuttavia, la somiglianza del nome ben potrebbe trarre in inganno il consumatore meno preparato.

La bollicina italiana, metodo Charmat o Martinotti è caratterizzata da un profumo floreale e fruttato, di sapore fresco, leggero e brioso e viene ottenuta principalmente da uve Glera. Le tipologie spumante (Brut, Extradry, Dry o Demi-sec), frizzante e fermo, sono state affiancate di recente dalla tipologia Rosè che prevede l’impiego di una piccola percentuale di Pinot Nero.

Il Prosek croato, invece, viene prodotto da vitigni locali come il Bogdanuša, Vugava, Maraština e Plavac Mali ed è un vino da dessert, dolce, di colore ambrato frutto dell’appassimento delle uve.

Anche nei quantitativi prodotti, ci sono rilevanti differenze tra Prosecco e Prosek: oltre 600 milioni di bottiglie per il Prosecco italiano vendute in tutto il mondo, qualche decina di migliaia per il Prosek croato.

L’Italia unita contro la Commissione Europea sul tema “Prosek”

La levata di scudi sul tema Prosecco è unanime: insorgono gli eurodeputati italiani, la Coldiretti, i singoli produttori, il Consorzio di Tutela del Prosecco, l’Unione Italiana Vini ecc… più che mai uniti nel difendere il prodotto tricolore più conosciuto al mondo, spina dorsale del made in Italy che, a livello internazionale, vale 100 miliardi.

Sotto attacco questa volta è però un prodotto che non solo ha ottenuto il riconoscimento della denominazione di origine protetta a livello comunitario ma, addirittura, il riconoscimento Unesco per il territorio a maggior vocazione dal quale trae origine: le Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sono infatti Patrimonio dell’Umanità Unesco dal 2019 (qui le motivazioni).

«Dopo anni di sacrifici dei produttori veneti, che hanno lavorato giorno dopo giorno per far diventare il Prosecco un prodotto conosciuto ed amato in tutto il mondo – ha dichiarato Governatore del Veneto Zaia – l’auspicio è che il Governo italiano sappia proteggere uno dei brand più importanti del Made in Italy».

Va anche ricordato che il nostro prosecco ha già dovuto difendersi dalle imitazioni dei vari Meer-secco, Kressecco, Semisecco, Consecco, Crisecco, Whitesecco, ecc…che ne avrebbero voluto sfruttare il successo a scapito del consumatore finale.

La posizione di Coldiretti

Coldiretti ha correttamente sottolineato anche la contraddizione insita nella decisione della Commissione Europea che si scontra con la stessa pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione – quella del Tokaj per intenderci – che aveva dichiarato illegittimi i nomi che evocano in modo ingannevole i prodotti a denominazione riconosciuti e tutelati nell’UE stessa.

Questa somiglianza tra i nomi, insomma, non è cosa di poco conto ed il rischio, a parere di Coldiretti, è l’indebolimento della stessa UE nei rapporti internazionali e sui negoziati per gli accordi di scambio.

Nei prossimi due mesi il Prosecco italiano dovrà opporsi sia sul piano giuridico che politico alla registrazione della menzione tradizionale “Prosek”, soprattutto per evitare di dare ingresso a un pericoloso precedente, partendo dall’assunto che la protezione del nome a livello comunitario è estesa anche ai sinonimi, quei sinonimi che ormai richiamano inevitabilmente la bollicina italiana.