La sostenibilità è una nuova lente attraverso cui guardare il territorio chiantigiano. Trasferire il territorio nel calice è da sempre la filosofia del Consorzio Chianti Classico
Quello del Chianti Classico è un territorio che ha generato bellezza, con un paesaggio il cui sistema delle Ville-Fattoria è candidato all’Unesco. Un luogo che ha prodotto agricoltura, economia e turismo, soprattutto grazie al vino, nel rispetto della sua comunità, non può che essere sostenibile.
Chianti Classico: un distretto vitivinicolo di prestigio
Il Chianti Classico è oggi tra i distretti del vino più importanti d’Italia e del mondo, con 6.800 ettari vitati su 70.000 in totale, tra la Siena medioevale e la Firenze rinascimentale, dove 486 produttori di cui 345 rappresentano l’intera filiera, producono mediamente 35-38 milioni di bottiglie l’anno che raggiungono 160 Paesi, per un valore economico di distretto che è stimabile in oltre un miliardo di euro. Intorno al vino, poi, ruotano olio, agricoltura, ristorazione e accoglienza.
Alla regia di tutto questo c’è uno dei Consorzi più antichi d’Italia, con un secolo di storia alle spalle, e che, dopo la scommessa vinta della Gran Selezione, il vertice della piramide qualitativa, e le Uga-Unità Geografiche Aggiuntive, frutto della zonazione, in etichetta (San Casciano, Montefioralle, Panzano, San Donato in Poggio, Castellina, Vagliagli, Greve, Lamole, Radda, Gaiole e Castelnuovo Berardenga), ha lanciato un nuovo “Protocollo di sostenibilità”, ambientale, sociale e culturale, che prevede 58 criteri, con l’obbiettivo, in futuro, di mettere nelle etichette dei vini di chi si certificherà un simbolo dedicato.

L’indagine del Consorzio sulla sostenibilità
Un’indagine del Consorzio Chianti Classico, è stata presentata alla Chianti Classico Collection 2025 alla Stazione Leopolda di Firenze, manifestazione in cui sono state svelate le ultime annate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione che usciranno sul mercato nel corso dell’anno: da questa indagine emerge che “sostenibili da domani” non è la parola d’ordine nel territorio del Gallo Nero. C’è una forte attenzione alla sostenibilità già oggi, anche solo guardando al dato dei soci che hanno risposto in merito: il 48% di quelli che operano su tutta la filiera, dalla vigna alla bottiglia, rappresentano il 53% del vigneto Chianti Classico. La sostenibilità in Chianti Classico è una vera e propria abitudine ben collaudata negli anni secondo i dati emersi.
Le tre declinazioni della sosteniblità del Gallo Nero
La fotografia attuale della denominazione si articola in tre declinazioni diverse di sostenibilità: ambientale, sociale e culturale, rispecchiando i tre capisaldi del nuovo Protocollo del Chianti Classico.
Per la produzione di un vino di qualità, tutto inizia con il lavoro in vigna. Già oggi, due terzi delle aziende praticano l’inerbimento tra i filari, azione fondamentale per combattere l’erosione del suolo e il suo impoverimento. Tre aziende su quattro si impegnano a preservare l’ecosistema in vigna, riducendo l’utilizzo di diserbanti e di concimi chimici, preferendo compost naturali (37%) oppure i sottoprodotti del processo di vinificazione (52%).
In questa stessa direzione va anche il dato sulla presenza delle piante mellifere in circa un’azienda su tre, che corrisponde al 27% degli ettari censiti. Gli impollinatori sono infatti un fragile anello dell’equilibrio ecologico, una vera congiunzione tra mondo animale e mondo vegetale, fondamentale per la propagazione della flora, oltre a essere un importante indicatore biologico nel monitoraggio ambientale.
Questa attenzione si riflette anche nella conduzione biologica: il 61% delle aziende sono già in possesso della certificazione, e un ulteriore 9% sta intraprendendo il percorso di conversione al biologico.

Anche nelle fasi produttive un comportamento ambientalmente consapevole può influire molto: quasi la metà delle aziende, infatti, utilizza fonti energetiche alternative (45%), si impegna nella riduzione del peso delle bottiglie (65%), oltre al riuso di materiali quali vetro e carta (54%).
Il vino porta con sé valori culturali, di tradizione e di storia che lo legano al territorio in cui viene prodotto. Il paesaggio come punto di unione tra natura e intervento antropico gioca un ruolo essenziale come elemento culturale: per questo il recupero e il mantenimento di antiche tradizioni come i muretti a secco (44%), dei terrazzamenti (38%) e delle strade bianche (74%) rappresentano un attivo e costante impegno nella tutela del territorio, che supera i confini dei vigneti. Questo tema si conferma come cruciale anche a livello di percezione da parte delle aziende socie: tra le possibili definizioni di “vino sostenibile”, infatti, il 60% si è dichiarato fortemente d’accordo con l’identificazione nella protezione della biodiversità e del paesaggio.
La cultura di preservare il territorio e le persone
Il concetto di sostenibilità culturale è la direttrice innovativa del Protocollo Chianti Classico. Il paesaggio chiantigiano è infatti un mosaico che alterna natura selvaggia a intervento umano. Prevale per due terzi il bosco a cui si inframezzano le colture della vite e dell’olivo, oltre a seminativo. La presenza dell’uomo però si esprime anche nella complessa rete di edifici storici, parchi, viali, reti interpoderali e giardini che ricamano il territorio in un disegno ancora oggi visibile che racconta la storia della Toscana rurale degli ultimi 600 anni. La manutenzione e il restauro di tutto ciò è messo in atto dalla quasi totalità delle aziende (79%). Oggi proprio i poderi vivono una seconda vita, spesso utilizzati come dimora per i lavoratori delle aziende vitivinicole (38%).
L’attenzione verso i lavoratori è, infatti, uno dei capisaldi del concetto di sostenibilità: dalla garanzia della parità di genere (il 39% degli impiegati sono donne), alla composizione dell’organico aziendale, con il 92% dei dipendenti diretti, per la maggior parte residenti nel territorio o nei comuni limitrofi (73%), all’attivazione di percorsi di inclusione sociale (37%). I territori crescono se cresce la socialità e la cittadinanza, e, dunque, il Protocollo che propone il Consorzio guarda con attenzione al tema della residenzialità e punta a far crescere sempre più sul territorio l’indotto delle principali attività economiche.

Il nuovo “Protocollo di sostenibilità” del Chianti Classico è alla base non solo della produzione di vino e della custodia del territorio del Gallo Nero, ma anche di una nuova comunicazione lontana da quel linguaggio troppo tecnicistico, che fino ad oggi ha allontanato le persone dal mondo del vino. Si deve legare il vino alla storia, alla natura, alla cultura, alla cucina italiana, alla convivialità e alla socialità. Non c’è vino senza tavola e viceversa. Dal banchetto etrusco a quello del Rinascimento, dalle tavole di nobili e papi a oggi, i vini toscani sono sempre stati protagonisti, contornati dai prodotti dei territori. È questa la cultura italiana, che il mondo ama e che distingue il vino, con i suoi secoli di storia alle spalle. Questo modo di comunicare può fare del vino il mezzo per raccontare al mondo la bellezza dell’Italia e dei suoi territori.
Ad un enologo under 40 il Premio Gambelli
Marco Zito è l’enologo under 40 che si è aggiudicato la XIII edizione del Premio dedicato a Giulio Gambelli, il Maestro del Sangiovese scomparso nel 2012, di cui quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita.
Il riconoscimento, promosso da Aset Toscana (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana) e dal network di giornalisti “IGP I Giovani Promettenti”, è stato consegnato in occasione di Chianti Classico Collection.
Ogni anno viene premiato l’enologo il cui lavoro abbia saputo incarnare al meglio l’idea di vino di Giulio Gambelli: esaltazione delle tipicità di ogni vitigno, delle caratteristiche del territorio e dell’annata vendemmiale. Requisiti fondamentali per partecipare, essere un professionista che nell’anno solare del bando non abbia superato i 40 anni di età e laurea per titolo di enologo.
Info: www.chianticlassico.com