Vino

Acidificazione e vitigni resistenti, il cambiamento climatico si fronteggia con scienza e passione

Acidificazione del vino, un rimedio contro il cambiamento climatico

Ogni sorso di vino è un viaggio attraverso territori, climi e storie diverse ma il cambiamento climatico rischia di influenzare un’esperienza unica. Ecco che, allora, si tenta la strada dell’acidificazione per trasformare e preservare le qualità sensoriali dei vini

Il cambiamento climatico sta trasformando il panorama vitivinicolo internazionale ed è ormai chiarissimo che bisogna intensificare gli sforzi affinchè la viticoltura si possa adattare a condizioni sempre più estreme.

Anche basandosi sull’esperienza e sulle nuove tecniche, i produttori stanno tentando varie soluzioni per preservare la magia del vino: dall’acidificazione chimica alla selezione di varietà idonee e più resistenti, il futuro del vino è nelle mani di chi sa unire scienza e passione. In particolare, alcune di queste tecniche servono a mantenere viva la tradizione e la qualità del vino, assicurandosi che mantenga la freschezza e la complessità che i consumatori amano.

Ogni bottiglia, quindi, racconta una storia di resilienza e innovazione, un tributo all’arte della vinificazione in un mondo in continua evoluzione, sorso dopo sorso.

L’acidificazione dei vini: una scienza moderna

L’acidificazione del vino è una tecnica che permette di correggere l’acidità naturale del vino, soprattutto in annate calde o in regioni dove le temperature elevate accelerano la maturazione delle uve. Prevede l’aggiunta di acidi naturali durante la vinificazione per bilanciare il profilo del vino e mantenere freschezza e vivacità. L’acidità, infatti, esalta gli aromi fruttati, migliora la struttura e prolunga il piacere del palato.

Tartarico, malico e citrico sono i principali acidi naturali che vengono integrati nel processo. Quello tartarico aumenta l’acidità senza alterare troppo il profilo aromatico el vino: l’acido malico, presente in mele o altri frutti, può aggiungere una nota di freschezza vivace ma tende a diminuire durante la fermentazione malolattica e a convertirsi in un acido più morbido e corposo, noto con il nome di acido lattico, necessario per affrontare l’invecchiamento del vino. L’acido citrico, infine, è tipico degli agrumi ed è potente ma deve essere utilizzato in piccole quantità per evitare di creare sapori innaturali.

Un grappolo di Aglianico della vendemmia 2023 (Foto © Serena Belfante).

Quattro vitigni resilienti: eroi del clima

Di fronte ai sopracitati cambiamenti climatici, alcuni vitigni si sono dimostrati particolarmente resistenti alle alte temperature, conservando qualità e complessità anche in condizioni estreme.

La Grenache, ad esempio, è una varietà rossa che prospera in climi caldi e produce vini morbidi con note di frutta rossa matura e spezie, mantenendo una buona struttura anche con basse acidità naturali. Anche il Syrah, coltivato ampiamente in regioni calde come la Valle del Rodano in Francia e l’Australia, ha una buona resistenza al calore e alla siccità e regala vini robusti e speziati.

L’Italia meridionale spicca per l’Aglianico, la varietà dai vini corposi e tannici, con note di frutta scura e spezie. È ideale per l’invecchiamento, mantenendo la sua complessità e struttura in climi caldi.

Etichetta di vino portoghese realizzato con la Touriga Nacional (Foto © Serena Belfante).

Infine segnaliamo un vitigno portoghese, il Touriga Nacional, noto per i suoi vini ricchi e intensi, dai sapori di frutti di bosco e cioccolato. La sua resistenza al calore lo rende perfetto per le calde regioni del Douro.

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Serena Belfante

Enologa entusiasta, affascinata dalla scoperta di tradizioni e territori da cui nascono i vini più amati. Ama degustare in compagnia, condividendo il sapore e le emozioni che ogni calice può trasmettere. Sul piano tecnico, si dedica alle analisi chimiche e alla ricerca, lavorando costantemente per migliorare la qualità del vino finale.

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