Il quadro causale di questa fitopatia è ancora in attesa di una completa definizione, ma linee di osservazione orientate alla relazione clima-suolo costituiscono un convincente criterio interpretativo dell’avversità che sta mettendo a dura prova migliaia di imprese
La coltura del kiwi, conosciutissimo frutto dalle innumerevoli proprietà benefiche, si è affermata in Italia a partire dagli anni ’70 e ha rappresentato per tante aziende del comparto agricolo una importante fonte di reddito.
Fino a pochi anni fa, infatti, il nostro Paese era il secondo produttore mondiale dopo la Cina, con circa mezzo milione di tonnellate immesse sul mercato ogni anno. Poi, l’arrivo della “moria del kiwi” ha compromesso in modo permanente interi raccolti, mettendo in difficoltà un settore particolarmente fiorente.
Cos’è la moria del kiwi
L’insidiosa sindrome attacca l’apparato radicale delle piante comportandone in breve tempo il disseccamento. Poco chiara rimane, peraltro, l’eziologia del fenomeno. Nonostante diversi enti pubblici collegati alle aree maggiormente colpite abbiano commissionato studi e ricerche sul punto, ad oggi non esiste una cura o un’attività di prevenzione in grado di fornire soluzioni definitive, evitando così la diffusione pandemica negli areali di coltivazione. Ciò che è emerso dalle indagini effettuate è sicuramente un legame tra la sistemazione del terreno e l’acqua, senza però che vi sia la certezza di conclusioni univoche.
Solo nel 2020, il danno che hanno patito gli agricoltori è stato pari a 300 milioni di euro: una somma che lievita notevolmente addizionando i mancati guadagni relativi all’intero indotto. Se si considera, poi, la stratificazione nel tempo delle perdite economiche, il cumulo totale ammonta ad un miliardo di euro, con un quarto delle superfici coltivate duramente provate e picchi di incidenza nel Lazio, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Piemonte.
Probabili cause della fitopatia
In un simile scenario, è evidente che i cambiamenti climatici hanno giocato un ruolo rilevante, influenzando negativamente gli equilibri colturali. La variazione delle manifestazioni piovose, infatti, ha inciso sulle condizioni del suolo, sul ristagno dei terreni e sul fabbisogno idrico. Ancora una volta, quindi, alla base di tutto insiste una matrice di tipo ambientale, compromessa da influssi antropici.
L’impegno del Governo in 4 punti contro la moria del kiwi
Di recente, l’annosa questione che affligge questa bacca commestibile è stata sviscerata in Commissione Agricoltura in Senato, culminando – lo scorso marzo – nell’approvazione di una risoluzione che impegna il Governo su 4 precisi punti.
- Innanzitutto, è indispensabile investire dal punto di vista economico, con la finalità di arginare, una volta per tutte, la problematica.
- Vanno, inoltre, coinvolti tutti gli enti e le istituzioni che già da anni stanno operando sul tema, per coordinare in maniera combinata l’emergenza e il connesso lavoro tecnico-scientifico finora svolto.
- La chiave vincente per soluzioni durature, poi, è individuata nella progettualità di ampio respiro e in un piano ricerca pluriennale che approfondisca le cause mediante un approccio multidisciplinare. Nella conoscenza dei fattori scatenanti della moria del kiwi, infatti, risiede anche la risposta per la soluzione del problema.
- Infine, il tavolo di coordinamento tematico ad hoc già costituito in seno al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, deve essere dotato, nell’ambito delle disponibilità dello stesso ministero, di adeguate risorse per la valorizzazione delle sperimentazioni territoriali e per lo svolgimento di una serie di attività funzionali quali, ad esempio, il monitoraggio e la mappatura della diffusione della fitopatologia.