Aziende e Prodotti

L’agricoltura sociale e le nuove prospettive di inclusione

In un momento in cui, anche nel comparto primario, le tematiche etiche e comportamentali acquisiscono sempre più importanza, la pratica produttiva che favorisce il reinserimento terapeutico di soggetti svantaggiati nella comunità è un’occasione per le aziende per declinare in maniera differente la propria attività

Scopo dell'agricoltura sociale: prospettive in Italia
L’agricoltura sociale è stata formalmemente introdotta nel nostro ordinamento solo nel 2015.

Sebbene si sia sviluppata in Italia a partire dalla seconda metà del 1970, l’agricoltura sociale è stata formalmente introdotta nel nostro ordinamento con la legge n. 141 del 2015.

Nel composito panorama del settore primario, essa ha costituito un aspetto della multifunzionalità delle imprese agricole, finalizzato allo sviluppo di interventi e di servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento lavorativo.

Cos’è l’agricoltura sociale e cosa si propone

Lo scopo dell’agricoltura sociale è di facilitare l’accesso – adeguato e uniforme nello stesso tempo – alle prestazioni essenziali da garantire alle persone, alle famiglie e alle aggregazioni minori in tutto il territorio nazionale, in particolare nelle zone rurali o svantaggiate.

In questo senso, introdurre servizi e luoghi di inserimento, significa dare inedite opportunità di sviluppo alle comunità locali, in costante collaborazione con il personale socio-sanitario qualificato.

Secondo il Rapporto 2020 sull’agricoltura sociale, realizzato nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale 2014-2020, i dati disponibili a livello nazionale su queste realtà sono ancora pochi e frammentati a causa di un monitoraggio che andrebbe adeguato e aggiornato dal punto di vista delle rilevazioni.

I dati per regione

Ad oggi, infatti, i dati ufficiali a disposizione provengono solo dagli albi di settore, attivi in 9 regioni su 20. Su un totale rilevato di 228 operatori iscritti svettano le imprese agricole – quasi l’80% del totale – mentre circa il 14,5% è costituito da cooperative. Una piccola percentuale, poi, è rappresentata da associazioni e imprese sociali.

Questa evidenza, però, diverge dalle indagini condotte da Università, centri di ricerca e organizzazioni che, invece, evidenziano una massiva presenza di cooperative sociali. Tali manifeste asimmetrie rendono perciò necessaria un’armonizzazione degli strumenti e dei parametri di indagine proprio per avere una panoramica omogenea e maggiormente esaustiva del fenomeno.

Sempre sulla base degli albi regionali, poi, a livello territoriale, la maggiore concentrazione si attesta nella Marche, con un numero pari a 56 registrazioni. Segue il Friuli Venezia Giulia con 39 e il Veneto con 33. Gli stessi albi, tuttavia, risultano differenziati tra di loro per quanto riguarda i criteri di definizione: un ulteriore elemento di diversificazione che non gioca a favore di una visione unitaria.

Come si persegue concretamente lo scopo dell’agricoltura sociale?

Pur nelle già rilevate difficoltà statistiche, una recente indagine del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) fornisce – tra i vari aspetti – uno spaccato significativo dei servizi offerti, degli addetti e dei destinatari.

Scopo dell'agricoltura sociale
L’attività dell’agricoltura sociale riguarda l’inserimento socio-lavorativo di soggetti fragili o con disabilità.

L’attività principalmente realizzata nel contesto riguarda l’inserimento socio-lavorativo di soggetti fragili o con disabilità. Un estremo, questo, che conferisce all’agricoltura italiana una connotazione fortemente inclusiva, a differenza di quella nord europea che, invece, si distingue sotto il profilo meramente terapeutico. Sono inoltre svolte attività di orientamento, di tipo educativo e formativo, azioni di supporto abitativo, di sostegno alla cura e alla riabilitazione, di integrazione socio-economica, di accoglimento di donne vittime di violenza e di vittime di tratta.

Molti sono gli organi interessati dai processi. Senza la pretesa di essere esaustivi, essi si sostanziano, oltre che negli enti locali e nelle strutture sanitarie, anche nelle scuole, Università, istituti religiosi, istituti penitenziari, fondazioni, consorzi. Nascono, perciò, delle reti sinergiche in grado di convogliare variegate caratteristiche ed attitudini tese al raggiungimento dell’obiettivo premiale del supporto collettivo in chiave sociale, ambientale e di presidio del territorio.

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Selena Vacca

Esperta di legislazione agroalimentare e consulente prestata alle Istituzioni. Una laurea in Giurisprudenza, diversi master e la passione per il mondo enogastronomico declinato in maniera sostenibile. Nata in Ciociaria, stabile a Roma, giro il mondo ma torno sempre nella terra d’origine con due intenti: assaporare prodotti rigorosamente 100% bio e rubare alla nonna la ricetta del pollo con le patate. Il mio motto? Niente è impossibile!

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