Fino a cinquanta portate dagli antipasti ai dolci, una cerimonia formale ma accompagnata dal sorriso e dalla socializzazione, balli e musiche popolari ad allietare i commensali. Lo storico e lauto banchetto abruzzese rivive per condurci alla scoperta di un’enogastronomia di grande ricchezza e varietà
La Panarda abruzzese è un antico e sontuoso banchetto che non solo soddisfa i piaceri della tavola ma riassume ed esprime la cultura enogastronomica di una terra prospera di umanità e di specialità di terra e di mare, di costa e di montagna. Un banchetto che oggi sarebbe sconsigliato da qualsiasi nutrizionista perché contempla fino a 50 portate, dagli antipasti ai dolci, e che storicamente veniva offerta da un proprietario terriero (definito “Panardiere”) ai propri braccianti, ai fittavoli e agli agricoltori come ricompensa per l’apporto che avevano fornito nei campi.
In occasione di un percorso culturale organizzato dalla Camera di Commercio Chieti Pescara in collaborazione con Abruzzo Travelling, per far conoscere storia e tradizioni dell’Abruzzo, abbiamo assistito alla rievocazione di questo evento che ha avuto come teatro suggestivo il Castello di Chiola a Loreto Aprutino (PE). Tra balli in abiti storici, accompgnati dalle musiche e dai canti dell’Orchestra Popolare del Saltarello, sono state servite 50 portate, in un’appassionante percorso tra sapori e saperi regionali.
Abruzzo: un viaggio tra biodiversità e piaceri per corpo e spirito
Tradizioni millenarie, una storia ricca di eventi, popolazioni diverse che si sono integrate e, inevitabilmente, hanno lasciato tracce del proprio passaggio, contaminando la cultura nei vari settori, anche in quello enogastronomico. L’Abruzzo è il risultato di tutto questo e della laboriosità della sua gente che è riuscita a esaltare le potenzialità del territorio, senza abbandonare mai il forte senso di appartenenza anche quando le difficoltà occupazionali hanno causato importanti flussi migratori.
I 10mila metri quadrati di territorio tra l’Adriatico e l’Appennino, offrono una rara biodiversità e una natura armonica che spazia dai parchi nazionali alle riserve naturali, dai borghi antichissimi incastonati tra le montagne alle cittadine sul mare, dalla poetica Costa dei trabocchi, patrimonio Unesco, ai percorsi enogastronomici articolati su piatti e su vini che spiccano per immediatezza e genuinità.
Che si viaggi per lavoro o per diletto, che si vada al mare oppure a passeggiare tra le montagne, che si esplorino le cittadine d’arte o si attraversi la natura in bicicletta (quest’anno l’Abruzzo è stato premiato per la sua Bike to Coast, la migliore ciclovia che per 131 km si snoda sul vecchio tracciato ferroviario, costeggiando il mare da Martinsicuro a San Salvo) il tempo da dedicare all’enogastronomia è un must e non rappresenta solo un momento di appagamento dell’appetito.
La tavola abruzzese, infatti, è storia e cultura ma anche un pieno di energia e di positività grazie all’abbondanza, alla varietà della proposta e alla squisita ospitalità in quanto, in questa regione, il convivio è espressione del piacere di accogliere.
Cos’è la Panarda abruzzese: storia e curiosità
Da sempre l’economia dell’Abruzzo si è basata sulla terra e sulla pastorizia. Almeno fino agli inizi del ‘900, la popolazione traeva sostentamento dall’agricoltura e quindi sulle tavole erano presenti soprattutto legumi, granturco, frumento, verdure e pasta artigianale mentre la carne veniva consumata di rado e nelle famiglie con maggiori mezzi economici.
Non mancavano, tuttavia, alcuni momenti in cui il cibo era aggregante, alimentava solidarietà, socializzazione e folklore come nel caso della “Panarda”, un maestoso banchetto le cui prime testimonianze risalgono al 1300 e che prevedeva tantissime portate servite seguendo un rigido rituale.
L’origine del nome sembra derivi dall’unione di “pane” e “lardo” e la sua nascita è legata a una serie di motivazioni sociologiche, devozionale e psicologiche. Generalmente la Panarda abruzzese si svolgeva il 17 gennaio, in onore di Sant’Antonio Abate, al quale si chiedeva la benedizione per il raccolto del nuovo anno.
Di solito il Panardiere, che offriva il banchetto, era un ricco signore che con questo atto di liberalità e accoglienza ringraziava tutti i collaboratori per aver contribuito al ciclo produttivo. Alcune testimonianze storiche, tuttavia, riconducono la Panarda anche ad altri momenti dell’anno in occasione – ad esempio – della vendemmia o della macellazione del maiale e serviva al popolo per scaricare tutta la tensione e la stanchezza accumulate nei mesi precedenti.
Una tradizione che sta tornando in voga
Una delle ultime edizioni storiche della Panarda si è tenuta alla fine dell’800 quando un signorotto aquilano offrì ben 28 portate, ciascuna scandita da una salva di cannone, in onore di personaggi illustri tra cui Edoardo Scarfoglio, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao e Francesco Paolo Michetti.
Con il miglioramento delle condizioni economiche generali e il venir meno di un’evidente stratificazione sociale, dopo la Seconda Guerra mondiale la Panarda abruzzese ha perso un po’ del suo significato originario fino a sparire. Nel 1994, tuttavia, è stata riproposta dall’Istituto Alberghiero di Villa Santa Maria che ne ha realizzato un’edizione molto accurata, con ricette storiche, musiche e abiti d’epoca dei vari cerimonieri. Da quel momento è diventata una felice rievocazione di un’epoca a cui si guarda con nostalgia e che fa piacere far conoscere alle nuove generazioni.
Personaggi, riti e piatti della Panarda d’Abruzzo
Il rituale che circondava la Panarda era scenografico e coinvolgente. Come in una sorta di spettacolo, diversi attori si dividevano la scena, dal citato “Panardiere” al “Maestro di Panarda” che coordinava l’evento, annunciando le portate.
Importante era anche la figura del “Guardiano di Panarda” che, armato di fucile (oggi sostituito con un mattarello), controllava che nessuno lasciasse del cibo nel piatto, sotto la minaccia bonaria “Magne o te spare”.
Tra un prelibatezza e l’altra, venivano serviti dei decotti per facilitare la digestione e si godeva di canti e balli popolari in abiti d’epoca. Il numero di portate arrivava fino a 50, ognuna annunciata da un colpo di cannone, oggi sostituito dai rulli di tamburo.
L’Abruzzo dei campi e dei pascoli, delle massaie pazienti, dei norcini e degli artigiani casari, si esprimeva in tutta la sua creatività tra una specialità e l’altra, dagli antipasti ai primi piatti, dai lessi alle zupp e ai brodi di carne (che non mancavano mai), dalle carni ai salumi, dai formaggi ai dolci, il tutto accompagnato da vino tipicamente locale.
Menù e ricette presenti nella Panarda
Terra e mare, agricoltura e pastorizia, dolce e salato, la Panarda abruzzese era una mirabile composizione di profumi, di sapori, di colori e consistenze in ricette che esistono ancora oggi.
Gli antipasti a base di verdure, carne e pesce, precedevano la pasta (maccheroni alla chitarra, timballo di crespelle, anellini alla pecorara, Lu rentrocele alla lancianese).
Il trionfo delle carni si esprimeva con pecora (preparata, ad esempio, “alla callara”), agnello (nella versione cace e ova), pollo (in varie cotture), coniglio (farcito alla chietina) e maiale (ottimo ne “lu ciffe e ciaffe). Seguivano le uova, protagoniste di frittate sostanziose (alle cipolle, agli ortaggi, ai peperoni) e speziate nonché utilizzate per i vari fritti, ma anche le verdure che – in questa e in altre regioni meridionali – sono un ingrediente nobilitato in specialità spesso nate per rendere più succulenti delle risorse povere. Tra le ricette con verdure più celebri c’erano le “Piparuole e ove”, una frittata a base di peperoni, e la misticanza al mosto cotto, il tipico contorno contadino a base di verdure di campo e insalate dell’orto.
I salumi sono un altro vanto della cucina abruzzese, e quindi protagonisti anche nella Panarda. Esprimono un’arte norcina basata sulla qualità della materia prima, sull’attenta selezione dei tagli, sulle speziature sapienti e su stagionature capaci di esaltare le qualità organolettiche. Prosciutto abruzzese, lonza, lu capelomme (ricavato dalla lombata di maiale rivestita con budella dello stesso animale), salsiccia secca di fegato, salame di pecora o ventricina alla vastese sono solo alcuni esempi.
Non si può parlare della regione tanto cara a D’Annunzio senza, infine, dissertare di formaggi che anche nella Panarda venivano serviti tanto da soli che per arricchire le preparazioni: profumati, saporiti e con tanti sentori di pascoli quasi incontaminati. Ricotte di mucca, “sprisciocca” o Giuncata (antico formaggio fresco la cui pasta viene avvolta in recipienti di giunco intrecciato), caciocavallo di grotta o Pecorino di Farindola sono tra quelli più famosi ma non gli unici perché la tradizione casearia è millenaria.
Nel gigantesco percorso culinario offerto nella Panarda, anche il pesce aveva il suo spazio e, in diverse varietà e cotture, confermava una tradizione marinara favorita dagli approvvigionamenti provenienti dalla costa.
I dolci sono la degna conclusione del pasto e anche in questo settore l’Abruzzo offre una panoramica irresistibile. Tra questi, i sassi d’Abruzzo, i confetti, le Sise delle monache, le ferratelle, i bocconotti, la cicerchiata, il fiadone al parrozzo e si potrebbe ancora continuare.
Sedersi a tavola e restarci molte ore, rimpinzandosi di cibo, oggi sicuramente non è da tutti e non sarebbe possibile farlo spesso ma la Panarda è un’esperienza da vivere. Rivivere un’antica atmosfera, calarsi in una grande festa del cibo che serviva per ringraziare la sorte ma anche per esorcizzare la fame sopportata abitualmentemette in contatto con le tradizioni popolari sulle quali si è costruita la moderna civiltà.
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