All’estero i prodotti italiani contraffati e snaturati dominano ancora rispetto agli originali, ma si stanno facendo grandi passi in avanti per invertire questa tendenza
La cucina italiana all’estero è universalmente riconosciuta come la più amata. Il prezzo di questa popolarità è uno spirito di emulazione che, oltre i nostri confini nazionali, troppo spesso si trasforma e degenera in totale distorsione enogastronomica.
Da decenni siamo abituati a vedere le nostre ricette adattate ai gusti dei popoli locali, tuttavia è molto sottile il limite tra rivisitazione, creazione di “ricette ibride” e contraffazione.
La Carbonara: il piatto più rivistato di sempre
Quando si parla di cucina italiana all’estero, tra i piatti rivisitati un caso emblematico è quello della Carbonara, la specialità più cucinata e modificata di sempre. Se nella versione autentica prevede la presenza di tuorlo d’uovo, pecorino romano, grana o parmigiano reggiano e guanciale, all’estero si è arricchita indebitamente di panna, cipolla, prezzemolo nella versione francese, di besciamella e zucchine in Inghilterra. In Cina il pollo ha addirittura preso il posto del guanciale mentre i “fratelli” spagnoli ne propongono una versione di pesce con salmone, gamberi e pesce spada. Da segnalare la versione del celebre chef Gordon Ramsey che “la impreziosisce” con piselli e tartufo nella sua versione gourmet.
Le ricette “ibride” che ogni italiano rifiuta
Caso diverso è quello delle così dette “ricette ibride“, simboli dell’italianità all’estero, che rappresentano tutto ciò che noi italiani non vorremmo mai trovare davanti ai nostri occhi in un ristorante.
Ecco allora spuntare l’ananas sopra la pizza nella popolarissima versione “Hawaian” oppure la “Milanesa napolitana“, una sorta di cotoletta infornata e farcita come se fosse una pizza e, ancora, “l’insalata di pasta” tanto amata dagli olandesi per non parlare della “meatball pasta“, il primo piatto a base di polpette sdoganato nei film di Al Capone e dei Sopranos, ancora oggi apprezzato dagli americani. Gli esempi potrebbero purtroppo continuare.
Confraffazione agroalimentare: un problema serio
Capitolo ancora più preoccupante è quello riguardante la contraffazione. Secondo i dati di Coldiretti, il fatturato dei prodotti italiani falsi ha toccato i 100 milioni di euro nel 2020, più del doppio delle esportazioni di prodotti originali. Tra i prodotti maggiormente oggetto di contraffazione c’è il vino, seguito da salumi e formaggi, olio, prodotti ortofrutticoli e conserve.
In Germania si consuma a fiumi “Cresecco”, brutta copia del nostro Prosecco; in Corea del Sud alcuni imprenditori locali hanno importato il noto marchio di caffetteria e pasticceria toscana “Giorgio” all’ insaputa del diretto interessato. In Russia e negli Stati Uniti il gusto del nostro Parmigiano Reggiano o Grana Padano è totalmente sconosciuto. Il suo sostituito, il “parmesan”, condivide con il prodotto originale solo l’assonanza nel nome.
Di fronte a questo quadro desolante, fatto di tovaglie a quadrettoni bianche e rosse e abbinamenti improbabili ci si chiede che posto trova il cibo italiano di qualità all’estero e come si può rendere ancora più efficace la tutela del marchio “Made in Italy”?
ITA0039 di Asacert: la certificazione d’italianità dei ristoranti all’estero
Un primo grande passo per evitare la confraffazione di prodotti agroalimentare e in generale l’imitazione sconsiderata di piatti tipici della cucina italiana è stato mosso nel 2019 da Asacert, impresa di certificazioni con sede a Cormano, in collaborazione con il ministro delle politiche agricole Teresa Bellanova, Coldiretti e con la filiera agricola italiana. Il progetto si chiama ITA0039 e ha lo scopo di selezione e certificare, ogni anno, 7 mila esercizi commerciali di ristorazione all’estero che garantiscono e dimostrano autenticità, trasparenza e qualità su tutta la filiera alimentare.
Dal 2018 già esiste “Authentico” (ne avevamo parlato in queste pagine), un’ applicazione associata ad un sito internet che mette in contatto produttore e consumatore finale creando un vero e proprio ecosistema digitale di tutela dell’autenticità del prodotto italiano all’estero.
Lo scopo è quello di educare, informare, promuovere la comunicazione sulla storia del prodotto e del territorio, indirizzare la scelta verso il vero prodotto italiano. Il sogno è quello di veder trionfare nelle tavoli mondiali alimenti a marchi DOP, IGP, STG e presidi “Slow Food” ma la strada da percorrere è ancora lunga.
Il rispetto verso il nostro cibo è dovuto e va preteso con l’aiuto delle Istituzioni perché le icone della nostra tradizione gastronomica non si discutono e non si toccano, nemmeno con le mani e la creatività di Gordon Ramsey.
© Articolo di Marco Boldrini
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