È uno chef stellato di origini napoletane, diventato ambasciatore della nostra cucina nel mondo. Le sue carte vincenti? Familiarità intima con la materia prima e connubio perfetto tra tradizione ed innovazione.
Per Lucio Marandino, napoletano doc ed executive chef del Ristorante Flashman di Monte Carlo, «cucinare è una sfida all’utopica ricerca della perfezione. Non vi è solo piacere nel cucinare, dietro si cela la difficoltà nel trasmettere il proprio gusto personale agli altri. Non sempre, lavorando secondo il proprio estro, si viene capiti e la soddisfazione giunge nel momento in cui si vede condiviso, e gradito il proprio gusto dai commensali».
Un infinito Odi et Amo catulliano, quello che prova Chef Marandino per la sua arte, attraverso la quale in Costa Azzurra, propone i classici della grande cucina regionale italiana in veste gourmet e cosmopolita.
Com’è iniziato il suo percorso in cucina?
Il mio avvicinamento alla cucina è nato grazie alla zia, la vera cuoca di casa. Preparava, con cura e dedizione, la grande cucina napoletana. Ricordo che si recava nella zona collinare di Napoli per ricercare e scegliere personalmente le materie prime da impiegare.
Gli studi all’Istituto Alberghiero di Napoli sono stati il punto di partenza per esperienze importanti e prestigiose che lo hanno portato a lavorare presso l’Albereta (3 stelle Michelin) di Gualtiero Marchesi, al Don Alfonso (3 stelle Michelin) di Alfonso Iaccarino a Sant’Agata sui Due Golfi e all’ Enoteca Pinchiorri (3 stelle Michelin) a Firenze. Lunghe esperienze anche all’estero: a Le Cirque di New York, con Sirio Maccioni, al Biba di Boston, al Ritz Carlton di Miami e al Josephs Club di Boca Raton. Per Lodovico Antinori e Guido Serio di San Fabiano Calcinaia, tre anni in Sud America tra Messico, Uruguay, Venezuela e Colombia. Ma è al rientro in Italia che, presso il ristorante- brasserie “Al Limone” di Roma, prende la sua personale stella Michelin e partecipa alla prima edizione di quello che sarà uno dei più conosciuti e longevi programmi televisivi a tema enogastronomico, La Prova Del Cuoco. Arriva poi un’offerta lavorativa che lo porta ancora una volta a lasciare l’Italia e intraprendere un percorso lavorativo presso i più rinomati hotel e ristoranti del Principato di Monaco: il Baccarat, La Rose Des Ventes, l’Hotel Meridien, lo Yacht Club di Monaco e il Flashman, parte di una cerchia di ristoranti in espansione.
Le esperienze all’estero: differenti culture culinarie e antropologiche. Che impatto hanno avuto nei confronti della sua cucina?
Al di là della scoperta di nuove materie prime, i viaggi mi hanno avvicinato a religioni e culture differenti. Questo è stato utile per scoprire le differenze e le somiglianze tra i molteplici gruppi umani: nella vita, così come in una brigata di cucina, è necessario comprendere il prossimo per integrarsi e rapportarsi al meglio. È ciò che accade anche nei confronti dei clienti stessi. Ho prestato servizio in ristoranti di grande identità cosmopolita che mi hanno portato a creare piatti nei quali coesistono ingredienti, spezie e odori, di diverse culture. I miei sono piatti italiani ma con un’ identità differente.
Quanto c’è della sua città d’origine, Napoli, nei suoi piatti?
Amo i prodotti autoctoni napoletani, nei miei piatti racconto un po’ la mia storia attraverso gli ingredienti: i friarielli, il fiorillo di zucca, la mozzarella di bufala fresca affumicata, il maialino nero casertano, la ricotta di bufala. Del mare adoro la pizzogna. Per i primi piatti paccheri e zitoni non possono mancare. Non dimentichiamo poi sua maestà il babbà e la regina pastiera, per la quale mi sono dilettato a ricrearne versioni creative ed ammiccanti, come la versione liquida, il semifreddo alla pastiera, il panettone alla pastiera e i ravioli bruleè, dolci e ripieni di pastiera.
Come nasce l’idea per un suo piatto?
Li elaboro secondo la stagionalità ed il tempo. Meteorologico intendo! – chiosa sorridendo. Se piove prediligo piatti ben strutturati, patinati: un’anguilla laccata o un polipo glassato leggermente inumidito; aspiro a ricreare la pioggia nel piatto. Se c’è il sole, propongo un piatto che mi possa riportare a casa, nel calore del territorio campano: una sfera di mozzarella dorata con una coulis di Pomodorini del Piennolo del Vesuvio DOP, uno dei prodotti più antichi e preziosi di Napoli, cresciuti e maturati sulla terra vulcanica, e fatti riposare in cantina; completerei con foglie di limone per donare profumo e freschezza.
Cerco sempre un legante, una liaison, tra le materie prime, l’umore, il contesto.
Tradizione ed innovazione: della cucina moderna cosa pensa?
I canoni devono rimodernizzarsi. Oggi però c’è un forte abuso della cucina creativa: è bene associare il gusto dei sapori internazionali con le tecniche base delle grandi cucine. Consiglio sempre, e penso sia necessario, apprendere al meglio le basi della cucina italiana e della cucina francese, i capisaldi, dalla quale poi idearne nuove versioni.
Lo chef Lucio Marandino è ora impegnato per la riapertura del Before uno dei locali più in voga di Monte Carlo; verranno proposti piatti gourmet a base di carne, pesce, prodotti del sud Italia e non mancherà il geniale sushi- mozza, una delle creazioni personali di Chef Marandino. Pensato e creato con i mastri casari, è un rotolino di sottile sfoglia di mozzarella con alga nori all’interno e ripiena di prelibatezze. Per l’occasione ha ideato il concept Convivial Chic, per ora top-secret ma che sicuramente stupirà e renderà “unica” l’esperienza.
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