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Gastronazionalismo, quando il cibo diventa elemento divisivo

L’origine di un piatto può essere fattore di integrazione oppure di chiusura? Abbiamo letto il nuovo saggio di Anna Claudia Cecconi e Michele Antonio Fino, edito da People, che propone tanto spunti di riflessione politica e sociologica

Gastronazionalismo, di Anna Cecconi e Michele Antonio FinoGastronazionalismo non è una lettura semplice. Il saggio di circa 300 pagine scritto da Anna Claudia Cecconi e Michele Antonio Fino, edito da People a fine 2021, lega la gastronomia alla politica e alla sociologia svolgendo un’interessante analisi della società moderna legata a questi aspetti.

Michele Antonio Fino è professore di Diritto romano e Diritti dell’antichità presso l’Università degli Studi Gastronomici di Pollenzo mentre Anna Claudia Cecconi, che ha condotto la maggior parte dell’indagine per il libro, è Business Developer presso Too good to go, una popolare app contro lo spreco alimentare.

Gastronazionalismo, libro di Anna Claudia Cecconi e Michele Antonio Fino

Perché Gastronazionalismo è una lettura difficile? E cosa c’entra il cibo con la politica? Innanzitutto va spiegato il significato del termine “gastronazionalismo” che è la situazione in cui si apprezzano le nostre cose e si svalutano quelle degli altri. Nel caso del cibo, ciò coinvolge anche la politica, gli interessi economici, le culture e le tradizioni includendo ed escludendo, di volta in volta, determinati prodotti e rendendi il ciboi fattore di divisione piuttosto che unione. 

Il libro compie un viaggio fra una giungla di denominazioni, DOC, DOCG, IGP e STG, che rappreesentano forme di tutela messe in campo dall’Unione Europea per preservare le nostre tipicità dalle frequenti contraffazioni internazionali. Gli autori fanno notare come le denominazioni spesso si rivelino armi a doppio taglio. Se usate male, possono alimentare nuovi nazionalismi e campanilismi, ostacolando gli stessi produttori desiderosi solo di salvaguardare i propri interessi.

A esemplificazione concreta di questo discorso, nella seconda parte del volume sono riportati una serie di esempi concreti. Si pensi a quando fu negata qualsiasi tutela con denominazione alla carne halal, il prodotto che i musulmani ottengono con la macellazione rituale. L’halal è l’unico modo per i fedeli di Maometto di mangiare il maiale senza essere impuri, quindi negare la denominazione equivale a negare l’integrazione.

C’è sicuramente tanto su cui riflettere. Da una parte l’Europa non è direttamente responsabile per l’insorgere del gastronazionalismo, ma ha delle responsabilità indirette quando privilegia aspetti prettamente economici e non culturali e “umani”.

Per finire troviamo un’affascinante disquisizione sull’aceto balsamico, scritta da Andrea Bezzecchi, Presidente del Consorzio dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia. Ora possiamo, dopo aver chiuso il libro, avere più chiarezza in testa, riguardo alla questione delle origini dei cibi. Spesso agli occhi del consumatore l’origine è l’unica cosa importante, a discapito magari dell’effettiva salubrità e sostenibilità della produzione stessa, un’origine che molte volte non è davvero certificata.

Gastronazionalismo
Autore
: Anna Claudia Cecconi e Michele Antonio Fino
Editore: ‎ People
Uscita: 26 agosto 2021
Lingua: Italiano
Copertina flessibile: 256 pagine

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Cecilia Alfier

Laureata in Scienze Storiche e diplomata alla Scuola Holden, mi sono avvicinata alla critica gastronomica perché ero alla ricerca di qualcosa di nuovo su cui scrivere e che mi desse gioia. Sono sempre intenta a nuovi esperimenti letterari, intanto continuo lo studio umanistico. Sono nata in provincia di Padova, ma sono torinese di adozione.

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