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Olio evo e ristorazione, un binomio ancora sottovalutato

In Spagna numerosi locali offrono degustazioni di pane e olio evo esattamente come per il vino. Da noi invece, a parte qualche iniziativa particolare e isolata, manca ancora la spinta a promuovere e valorizzare questo prezioso alimento, sottovalutando il potenziale che racchiude. Abbiamo chiesto il parere da un lato a Claudio Vignoli, consulente oleario nel settore Horeca, e dall’altro a Domenico Volgare, ristoratore

Olio evo e ristorazione, un binomio da non sottovalutare

Vi è mai capitato di trovare al tavolo di un ristorante, accanto alla lista dei vini, anche una vera e propria carta degli oli disponibili? O addirittura di ordinare una bottiglia di olio evo e di assistere alla stappatura da parte del cameriere? Probabilmente la risposta sarà no. Quasi a nessuno viene in mente di chiedere una lista dell’olio o di domandare  allo chef a fine pasto quale olio ha utilizzato per preparare un determinato piatto.

Olio evo e ristorazione, un binomio da non sottovalutare

Anche se l’Italia è il Paese forse simbolo dell’Olio di Oliva – le nostre varietà di olive sono le più apprezzate e richieste del mondo – il binomio olio evo e ristorazione non si è affermato come dovrebbe. È ancora molto raro, infatti, che questo prezioso alimento riceva la giusta attenzione dei commensali e soprattutto il meritato spazio all’interno della proposta gastronomica dei nostri ristoratori. Ci sono alcune interessanti sperimentazioni, come nel caso del ristorante Olio di Origgio (Varese) che, nell’ambito del più ampio progetto The Box, ha aperto nell’agosto 2020 facendo dell’olio evo il fil rouge del proprio menu; o l’esempio di Olio Cucina Fresca, nato a Milano dall’iniziativa di Angelo Fusillo e Paola Totaro che hanno deciso di creare non un semplice ristorante, ma un luogo che rispecchiasse le loro origini nel migliore dei modi, che parlasse di Puglia e di sapori inconfondibili.

L’olio extravergine di oliva: non un semplice condimento

In generale, tuttavia, l’olio è ancora considerato come un semplice condimento, un elemento complementare, di cui si sottovaluta non tanto il potenziale nutritivo quanto soprattutto quello sensoriale. Non la pensano così i nostri cugini spagnoli: in Spagna, per esempio, ci sono numerosi locali che già offrono ai loro clienti selezioni di olio extra vergine di alta qualità da poter assaggiare come fossero un aperitivo abbinati al pane.

Olio evo e ristorazione, un binomio da non sottovalutare
In Spagna ci sono numerosi locali che offrono ai loro clienti selezioni di olio extra vergine di alta qualità.

Eppure qualcosa sta cambiando anche da noi. Nell’ultimo anno la Pandemia ha fatto emergere una nuova attenzione per gli alimenti e in particolare per l’olio di oliva (si parla di un aumento dei consumi in Italia del 6%; fonte Assitol). Un’attenzione che è destinata a trasformare la semplice esigenza di consumo in voglia di riscoprire, attraverso il cibo e i suoi abbinamenti, anche tradizioni e territori.

In quest’ottica il binomio olio evo/ristorazione potrebbe diventare decisamente proficuo. Ne abbiamo parlato con il nostro esperto dell’industria olearia, Claudio Vignoli, CEO di Claudio Vignoli Group. Vignoli da anni affianca i professionisti dell’Horeca in USA, proprio per aiutarli nella scelta degli oli di oliva più indicati per valorizzare il proprio menu.

«Sicuramente far trovare sulla tavolaal posto di un anonimo olio di origine industrialeuna bottiglia di olio evo di frantoio, da stappare al momento, significa far “gustare” al cliente sapori, profumi e fragranze che lo coinvolgeranno esattamente come in una degustazione di vino» spiega l’esperto. «Se poi quella stessa bottiglia la mettiamo a disposizione per l’acquisto, avremo un cliente che tornerà da noi anche solo per ricomprare l’olio». 

Ma perché la ristorazione italiana tende ancora a trascurare il potenziale di una bottiglia di olio sulla tavola?

«Perché, al contrario del vino, l’olio non è ancora concepito come una fonte di reddito. A differenza del vino, infatti, l’olio non viene addebitato sul conto e quindi nella scelta di acquisto tende a prevalere la logica del prezzo. Eppure – spiega Vignoli – ci sono diverse forme per recuperare il costo e magari generare anche un nuovo guadagno».

Qualche esempio?

«Si potrebbe aumentare il prezzo del coperto a fronte di servire un buon pane con del buon olio extra vergine. Si potrebbe proporre ai clienti di acquistare una bottiglia di olio da portare a casa (meglio ancora se personalizzata con nome e logo del ristorante). Si potrebbero stipulare accordi commerciali con i produttori per promuovere i loro oli al tavolo. Si potrebbero creare percorsi degustativi e abbinamenti nei menù…».

Claudio Vignoli parla di olio evo e ristorazione
Claudio Vignoli, CEO di Claudio Vignoli Group.

Le opportunità, secondo Vignoli, sono tante e la crisi ha visto emergere, già nei mesi difficili della Pandemia, alcune iniziative molto interessanti, a cui hanno fatto da apripista non solo chef stellati e famosi, ma anche piccoli ristoratori che hanno provato a reinventare la propria offerta.

«È evidente che è necessario fare più cultura dell’olio di oliva di qualità» conferma Domenico Volgare, chef patron di Fuzion Food di Torino, che da anni punta moltissimo sulla scelta di materie prime attentamente selezionate e fortemente connesse al territorio e le racconta con grande passione proprio nel suo menu.

«Mi capita spesso che mi chiedano da dove proviene il pomodoro o la mozzarella che uso per le mie pizze, ma è rarissimo che mi venga domandato quale olio utilizzo. Sono convinto che anche noi ristoratori abbiamo un ruolo strategico nel diffondere la cultura dell’olio buono. Un esempio concreto? Sarebbe molto utile iniziare a indicare sul menu quale olio è stato utilizzato per preparare i piatti evidenziando le potenzialità dell’abbinamento, proprio come si fa ora con i vini o le birre».

Olio evo e ristorazione, un binomio da non sottovalutare
Lo chef Domenico Volgare (Foto © Facebook).

Carta degli oli nel ristorante: una scelta intelligente

Iniziare a introdurre una carta degli oli, dunque, è sicuramente una delle soluzioni più efficaci per valorizzare questo prezioso alimento, ma anche «creare etichette con il nome e il logo del ristorante – prosegue Claudio Vignoli – permette ai ristoratori di offrire ai propri clienti un prodotto personalizzato che si trasforma anche in un veicolo pubblicitario per il ristorante stesso».

Negli USA, un mercato che segue da molti anni, Claudio Vignoli ha creato un programma di “private label” dedicato proprio alla ristorazione, attraverso il quale vengono studiate etichette con una grafica personalizzata che poi può essere stampata anche in piccole quantità.

«Sono sempre più numerosi i clienti che acquistano l’olio del ristorante: significa che ogni volta che nelle loro case lo useranno, si ricorderanno del ristorante stesso e quindi con molta probabilità ci ritorneranno. E non solo per una cena o un pranzo ma anche per ricomprare altro olio quando lo avranno terminato» conclude Vignoli.

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Silvia Fissore

Milanese sotto la Mole, giornalista e pr. Nel 2007 sono entrata nel food come addetta stampa, col lancio di FoodLab, scuola di cucina torinese tra le prime a estendere l'impostazione professionale ai corsi amatoriali. Seguo l’ufficio stampa del Festival del Giornalismo Alimentare. Di Milano conservo la mente aperta e lo snobismo, a Torino devo la capacità di riflettere e ripartire da zero.

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