Tecnica decisa, instancabile spirito di ricerca, estro creativo alimentato dalle sue esperienze personali in Francia e Spagna (al Lasarte). Sono queste le carte vincenti dello chef, che nello storico ristorante ligure fa convivere in perfetto equilibrio la tradizione della cucina locale con le esigenze contemporanee
Prendere in mano un’insegna della ristorazione ligure, che ha alle spalle 120 anni di storia e 4 generazioni, significa avere ben chiara la sfida: ovvero quella di non disattendere le aspettative non solo della proprietà, ma anche dell’affezionata clientela. Sfida colta con entusiasmo e portata avanti con successo da chef Simone Perata, che nel 2018 approda alla guida del celebre ristorante A Spurcacciun-a di Savona dopo un personale viaggio gastronomico di oltre 10 anni tra Italia, Francia e Spagna. Ma prima di raccontarvi chi è Simone, facciamo un necessario passo indietro.
A Spurcacciun-a, una storia di famiglia
Tra i più celebrati della Riviera di Ponente, questo locale affonda le proprie radici in una lunga tradizione familiare. Tutto inizia nei primi anni del secolo scorso, nel quartiere delle Fornaci, con nonna Paola che gestisce un forno, celebre per l’ottima farinata, poi trasformato in trattoria. Nei primi anni Sessanta, l’intuizione della figlia Giuliana di trasferire il ristorante nella posizione attuale, strategicamente vicina all’uscita del casello autostradale: una scelta illuminata che in breve tempo fa crescere la notorietà del ristorante, apprezzatissimo dal via vai di clienti per l’ottima cucina di pesce, e porta alla costruzione del Mare Hotel.
A metà degli anni Ottanta la gestione passa sotto l’egida dei fratelli Claudio (scomparso nel 2022 in un incidente in mare) e Pervinca Tiranini, il primo in cucina, la seconda in amministrazione. Con loro A Spurcacciun-a compie la svolta e si conquista per ben due volte la Stella Michelin, nel 1997 e nel 2009 (purtroppo riconfermata solo per l’anno successivo).
Chef Simone Perata, chi è
Torniamo ai giorni nostri, a chef Simone Perata. Classe 1988, Simone si fa le ossa al Cambio di Torino ma è proprio qui allo A Spurcacciun-a, sotto la guida di Claudio Tiranini, che matura l’esperienza decisiva.
«Un punto di partenza importantissimo – ci racconta lo chef – che mi ha permesso poi di approdare alle cucine di monumenti della ristorazione come il Marchesino di Milano, il Taillavent di Parigi e il Lasarte di Barcellona».
Al Lasarte Simone Perata resta quattro anni, assistendo all’arrivo della Terza Stella Michelin nel 2016: un’esperienza che gli permette di affinare le sue capacità e di prepararsi al ritorno in Italia. Nel 2018, infatti, viene richiamato dalla famiglia Tiranini, che nel frattempo ha ampliato l’offerta con altri due ristoranti, il Bistrot Marea e il Sushi Beach, sempre all’interno del Mare Hotel ed entrambi caratterizzati da una proposta che punta sulla qualità della materia prima locale.
Prendere un simile testimone era decisamente impegnativo: da dove sei partito e cosa ti ha aiutato?
«Il punto di partenza sono state le mie radici liguri (Simone è originario di Celle Ligure; ndr). Essere di queste parti mi ha aiutato tantissimo perché, in un certo senso, posso dire di giocare in casa. Le esperienze in Francia e Spagna hanno però lasciato un’impronta fondamentale e alimentano costantemente la mia forza creativa. Non posso poi dimenticare la fiducia di Pervinca e di Claudio (mancato purtroppo nel 2022) che mi sono stati di costante supporto in questi anni cruciali».
Il ristorante è stato completamente rinnovato con un’importante cucina a vista e un obiettivo ben preciso, quale?
«Preservare la storia del ristorante dandogli, al tempo stesso, un’impronta gastronomica più contemporanea attraverso una visione aperta sul mondo che varcasse i confini regionali pur esaltando la materia prima ligure».
E in effetti, gli ingredienti e le materie prime sono i grandi alleati di Simone: dal pescato del giorno offerto dal mare, acquistato al mercato di Savona o caricato direttamente dai pescherecci a Sanremo, all’agnello da pecora brigasca del pastore che fornisce anche le tome (presidio Slow Food di Albenga), dal carciofo e dall’asparago di Albenga, ai limoni di Varigotti, dall’olio taggiasco fino alle erbe aromatiche e ai germogli coltivati nel giardino che circonda la terrazza.
Il menu alla carta e i piatti signature
Dal lavoro creativo dello chef è nata una carta che, unita a due degustazioni (Alta Marea e Bassa Marea, 12 portate) e a un’agile proposta per il lunch (Brezza Marina, 4 portate), celebra essenzialmente il mare senza però aver paura di fare incursioni nelle carni. E qui ci vorrebbe un capitolo a parte per descrivere il Piccione alla brace, cotto su brace vera(!), accompagnato con foie gras, ananas, salsa al Rossese e olive taggiasche, che sintetizza perfettamente l’idea di fine dining dello chef: visione personale, perfetta conoscenza delle tecniche di cottura nonché del valore della materia prima e cura filologica nel ricostruire e reinterpretare la tradizione.
Una promessa perfettamente mantenuta anche nell’altro piatto signature dello chef, il “suo” Cappon Magro, memorabile già al primo colpo d’occhio: uno scenografico piatto con fondo color azzurro che ricorda il riflesso del mare e su cui poggiano “acqua di pomodoro”, olio al prezzemolo, sgombro, polpo, acciuga, gambero crudo, asparagi, spuma di barbabietola e gelato di acciuga. Non è facile rinnovare un piatto così classico, ma chef Simone ci è riuscito. «Ho voluto rendere ancora più preziosa e moderna quella che era la portata più diffusa tra i pescatori. Per questo ho lavorato per sottrazione e semplificazione così da rendere leggibile, agli occhi e al palato, il singolo ingrediente esaltandone il sapore».
Un risultato ottenuto eliminando la stratificazione “a panettone”, tipica del Cappon magro, e legando insieme ogni elemento semplicemente con una gelatina di pomodoro, quasi eterea, per un perfetto bilanciamento di colori, profumi e consistenze.
Tra i primi piatti, una menzione va agli Spaghettoni in Ciupin, una rivisitazione della zuppa di pesce ligure dedicata alla memoria di Claudio Tiranini. «Per la pasta – spiega lo chef – ho scelto gli spaghettoni Benedetto Cavaliere che hanno un tempo di cottura piuttosto lungo (attorno ai 17-18 minuti): una caratteristica che permette di farli “risottare” nel “ciupin”, la zuppa ottenuta rigorosamente con pesci di scoglio e salsa di pomodoro, passata al setaccio per raggiungere un sugo denso e sapido in cui ultimare la cottura della pasta». Il risultato finale è uno spaghetto succoso e saporito, una sorta di “umami” ligure che è un piacere unico per il palato.
La sala e la terrazza
Si può ben dire che dopo sei anni di impegno e passione, A Spurcacciun-a stia davvero vivendo la sua seconda, nuova stagione. Oggi il locale accoglie nella sua ampia sala interna sedici tavoli in un’atmosfera moderna ed elegante; la splendida cucina a vista regala scorci di vita della brigata al lavoro; mentre in estate si può sperimentare la terrazza sul mare, affacciata sulla piscina a sfioro e circondata da un esotico giardino per un’esperienza ancora più appagante.
Il senso dell’ospitalità
Un’ultima menzione, doverosa, va al personale di sala, attento e discreto, magistralmente guidato dal Maitre Beppe – Giuseppe D’Angelo – che da oltre 30 anni accoglie gli ospiti con cordialità e competenza. Sia Beppe che il Sommelier Mattia Valentino, dell’adiacente Sushi Beach, padroneggiano perfettamente una imponente carta dei vini che propone oltre settecento etichette provenienti dall’Italia e dal mondo: circa sedicimila le bottiglie custodite nella Cantina Teatro (al piano interrato sotto il ristorante) con controllo di temperatura, umidità e luce, e realizzata tra le sale di design del Sushi Beach. Un prezioso tesoro comune ai tre ristoranti e che è perfetta espressione dell’inconfondibile senso dell’ospitalità di questa famiglia di ristoratori savonesi.
La nostra esperienza: 12 portate tra pesce e carne
Abbiamo provato la degustazione “Alta Marea”, un’esperienza di 12 portate che permette di conoscere e apprezzare i cavalli di battaglia di Chef Simone Perata: dal Cappon Magro agli Spaghettoni in Ciuppin, dalla Cima di Pescatrice alla Wellington e salsa d’ostrica al Piccione alla brace passando per i Plin di Coniglio grigio di Carmagnola alla Ligure. Piatti importanti, solide basi della tradizione, che sono controbilanciati perfettamente da portate che rivelano invece significative contaminazioni internazionali negli ingredienti e nelle preparazioni. È il caso del Ceviche di Cozze con liquirizia, spuma di peperone Rocoto e alghe croccanti, o il Kitsch Tea, ovvero i Tortellini di nocciola serviti con zuppa di Miso in una deliziosa tazza da the.
Abbiamo individuato anche piacevoli rimandi al mondo delle tapas, sia nei deliziosi snack serviti prima di iniziare l’esperienza sia nei mini Toast di Triglia, zafferano, bietole e bergamotto. Coronate da piccola pasticceria, queste 12 portate sono un piacevole susseguirsi di sapori in cui giocano moltissimo anche il colore, la consistenza e l’impiattamento. E dobbiamo confessarvi che quest’ultimo è spesso studiato per invitare a lasciare le posate e a servirsi, impudicamente, con la punta delle dita: ma d’altra parte siamo o non siamo al A Spurcacciun-a!?
Ristorante A Spurcacciun-a
Via Nizza, 41r, Savona
marehotel.it/a-spurcacciun-a/