Nel cuore della pianura veneta, un ristorante incastonato tra le rovine di una antica abitazione patrizia è da vent’anni al centro della scena gastronomica. La stagionalità è la pietra di volta di una cucina confortevole ma ricercata
Lì, dove finisce il museo, principia il ristorante. Come una caccia al tesoro, come un gioco raffinato e dolce, fatto di stupore e meraviglia, per un posto che è un monumento. Per un monumento che sveste d’un tratto l’etereo e si fa momento godurioso e coinvolgente.
A Oderzo, incantevole centro della Sinistra Piave, in provincia di Treviso, la piazza principale fa da scrigno ad un museo e il museo è a sua volta scrigno di un ristorante, monumentale, certo, ma dall’inconfondibile giovinezza.
Il Gellius: ristorante-museo
Parliamo del Ristorante Gellius, luogo del piacere gastronomico firmato Alessandro Breda, che si snoda tra i resti archeologici dell’antica città romana e incarna la filosofia dello chef e patron: una cucina equilibrata e ragionata dove il piacere è il minimo comune denominatore di ogni piatto.
All’interno del locale sono conservati gli ambienti di un’antica abitazione patrizia, un tratto di mura dove si apriva una delle porte minori della città e il relativo cardines lastricato, tutti realizzati in età̀augustea tra la fine del I secolo a.C. e l’inizio del I secolo d.C.
Lo Chef Alessandro Breda
Alessandro Breda, classe ’68, originario di Conegliano (verso cui nutre un amore mai sopito) accoglie gli avventori con aria informale ma con impeccabile eleganza e, quando può, si improvvisa cicerone, mescolando al racconto del luogo il suo credo culinario, contaminando il discorso quasi a sancire un attaccamento viscerale alle fondamenta, dalle quali trae linfa vitale per le sue creazioni.
Breda, con giovanili velleità da pilota d’aviazione, cresce e si forma alla corte dei più importanti cuochi internazionali: da Perbellini a Marchesi, da Winkler ad Annie Feolde, fino alla scelta di aprire un ristorante tutto suo. Dopo una prima esperienza in tono minore, nel 2001 ecco il Gellius: una scommessa indubbiamente vinta, perché dopo appena quattro anni arriva l’ambita Stella Michelin, a tutt’oggi gelosamente custodita.
La cucina del Gellius
È parco di orpelli, Breda, quando parla della sua cucina, dando quasi l’impressione di voler mantenere un contegno tale da non rubare la scena ai piatti, veri protagonisti del ristorante. Un accenno polemico, fieramente autocritico, quando racconta della sua ferma volontà di rifuggire gli estremismi “a tutti i costi”, che pure in giovinezza aveva cercato, in favore di una cucina bilanciata in cui ogni ingrediente viene scelto con logica e ragionamento.
E proprio di questa volontà ci parla il suo percorso di degustazione che, pur seguendo un filo rosso ragionato e ben concepito, è capace di virare verso lidi mai banali.
Un menù, va detto, che è forse un manifesto di pensiero, non solo per il contenuto ma, anche e soprattutto, per il contenitore: in anni di graduale abbandono della “carta”, in favore delle più sognanti “degustazioni dello chef”, Breda rivendica con orgoglio la volontà di lasciare al cliente la scelta dei piatti:
«Il nostro ruolo – dice – non è quello di educare il cliente alla nostra filosofia. Il nostro compito è quello di dare ristoro».
Parole non banali, che fanno ben sperare, in un contesto dominato da personalismi e dichiarazioni dall’insopportabile tono ieratico.
Tanto territorio nei piatti: dai canestrelli di Caorle, protagonisti di un risotto dai colori autunnali ma dalle consistenze e dai profumi di un’estate giovane e suadente, al maiale nero di Sermede, che incontra i friggiteli e si lega magistralmente ad una cipolla al carbone.
Evviva la territorialità, quindi, ma non a tutti i costi: le materie prime vengono selezionate seguendo elevati standard qualitativi, anche quando questo significa allontanarsi dall’area geografica di riferimento. È sulla stagionalità, invece, che Breda non transige, perché se è vero che non ha senso un ancoraggio “purché sia” al territorio, non è senz’altro vero credere che vi siano ingredienti talmente tanto imprescindibili da ignorare il ciclo delle stagioni.
Tra le proposte del menù alla carta viene dedicato uno spazio ai piatti finiti in sala. In una cucina contemporanea in cui lo chef è il protagonista, al Gellius la sala torna ad assumere un ruolo chiave nell’esperienza del gusto, quando alcuni piatti vengono terminati direttamente al tavolo dalla brigata di sala.
Il servizio e l’atmosfera
Discreto ma estremamente accorto, il personale di sala è perfettamente integrato nel contesto del ristorante e dimostra al cliente una profonda conoscenza della proposta ed un’ottima padronanza della situazione.
Anche in questo il Gellius è lungimirante, riuscendo a dimostrare in maniera nitida quanto il personale di sala non sia una semplice appendice della cucina, ma un vero e proprio organo vitale del locale, capace di esaltare o mortificare le pur ottime prestazioni della brigata.
Un’atmosfera provvidenzialmente poco solenne ma, anzi, piacevolmente informale sugella un pasto di sicuro interesse.
Il nostro giudizio finale
Il Gellius si conferma per proposta e pensiero un grande luogo della gastronomia italiana e un porto sicuro per chi cerca nel ristorante un senso di familiarità̀e di condivisione. La grande ricerca della materia prima e la indiscussa capacità di esaltarne i sapori rendendoli armonici sono elementi che tratteggiano una cucina di altissimo livello.
Ristorante Gellius
Via Calle Pretoria, 6 – Oderzo (TV)
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