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Trattoria-Gasthaus “Da Vico”: quando il Gambero fa la storia

A Colloredo di Monte Albano, il locale guidato da Gilberto Presello propone da oltre cent’anni il repertorio classico della cucina rurale forogiuliese. Punta sulla riscoperta di un alimento antico, più che autoctono: il gambero di fiume

Trattoria-Gasthaus Da Vico: cucina friulana da oltre 100 anni
Lo “Spaghetto Pomidoro & Gjambars” (Foto © Gilberto Presello).

Capita, se si nasce con la camicia come i benandanti, d’essere iniziati da alcuni amici dal palato volitivo e dalla strozza costantemente riarsa ai “Gjambars” e alle altre rustiche gioie della Trattoria-Gasthaus Da Vico, in quel di Caporiacco di Colloredo di Monte Albano (UD).

Il posto, nella sua ragione sociale, si blasona vezzosamente col termine germanico di “Gasthaus”, quasi a voler rammemorare il passato retoromanico d’una terra nel cui grembo s’incontrano lungo i secoli legioni romane e orde longobarde in una felice alchimia di culture e gusti.

Da Vico: cucina friulana da oltre 100 anni
L’esterno del locale e un tagliere di benvenuto (Foto © Gilberto Presello).

Trattoria-Gasthaus Da Vico: al desco dei Longobardi

In occasione di una recente incursione in collina abbiamo incontrato Gilberto Presello, oste ed anfitrione della Trattoria-Gasthaus Da Vico. Al suo cospetto siamo stati introdotti dopo il rituale Spaghetto Pomidoro & Gjambars ma, assennatamente, prima della selezione di grappe.

E non esita a scomodare proprio i Germani dalle lunghe barbe, Gilberto, per dire del radicamento della sua gente a questo territorio collinare. Dai Càndul ai Nadài, passando per l’eponimo (Ludo)Vico e Italo, detto Penàsa, il padrone di casa ci elenca con piglio sicuro ed entusiasta le generazioni dei Presello di Caporiacco, sino ad arrivare ai giorni nostri.

Assiso al centro della sala di mescita, come un gastaldo dei tempi antichi, il Nostro canta la storia di un ambiente che da – oltre cent’anni – propone con successo il repertorio classico della cucina rurale forogiuliese, puntando altresì con manifesto orgoglio sulla riscoperta d’un alimento antico e più che autoctono: il gambero di fiume.

Trattoria-Gasthaus Da Vico: perchè è un'esperienza da vivere
Il titolare della Trattoria, Gilberto Presello (Foto © Gilberto Presello).

Il Gambero di fiume, tra storia naturale e tradizione culinaria

Proprio lui, l’austropotamobius pallipes fulcisianus, gambero d’acqua dolce “dai piedi bianchi” (pallipes). In lingua friulana semplicemente il “Gjambar”, è un pregiato e buon crostaceo che vede il proprio habitat nelle rogge e nei piccoli corsi d’acqua di risorgiva del territorio friulano.

Agosto è convenzionalmente il tempo della sua pesca in tutti i paesi dell’Europa centro-settentrionale in cui il decapode è diffuso. È in questo mese, conformemente a una tradizione più vasta che coinvolge Grecia, Croazia Francia, Germania e sinanche la Svezia, che “Da Vico” fa rivivere quest’uso, ogni anno, nell’ambito del “Ferragosto in Giardino”.

Con un savio accomodamento: l’accidentale introduzione, nel secolo XX, del Gambero Rosso della Louisiana, noto come “gambero killer” a causa della sua dieta generalista e distruttiva per la biodiversità dei fondali fluviali, ha comportato oramai da molti anni il divieto di pesca della specie italica a fini di tutela.

Per tener viva la tradizione agostana si ricorre dunque ai cugini armeni e greci della specie “Astacus Leptodactylus” i quali, pur se morfologicamente un po’ diversi dal Gjambar indigeno, presentano caratteristiche organolettiche del tutto compatibili con la gioia dei palati nostrani.

Ma poiché di chiacchiere nessuno s’è mai pasciuto veniamo al succo, anzi alla polpa dell’intero discorso che si rapprende tutta in due sole questioni gastrosofiche: Come si mangia il Gambero di Fiume? e qual è il corretto abbinamento con il vino?

Trattoria-Gasthaus Da Vico: perchè è un'esperienza da vivere
L’interno della Trattoria-Gasthaus Da Vico (Foto © Gilberto Presello).

Come si mangia il Gambero di Fiume?

La domanda esige risposta chiara e lapidaria. I Gjambars si mangiano con le mani, affinché non s’abbia a sprecar nulla di questo crostaceo che nel Medio Evo ebbe una valenza simbolica e sacrale che lo portò a finire, spesso e volentieri, nientemeno che nei piatti di portata dell’Ultima Cena.

Il Gambero alludeva infatti, in svariati dipinti di area alpino-padana, alla Passione (per via del colore rosso sangue assunto in cottura) ed alla Resurrezione (per via del carapace che il crostaceo muta ad ogni stagione).

Si lascino dunque da parte, almeno momentaneamente, le convenzioni moderne del galateo e ci si astenga dall’aggredir un sì sacro animale con empie lancette da pesce. I commensali, imbavagliati a dovere, ma senza soverchio timor di lordarsi (chè ogni schizzo sarà invece medaglia), lavoreranno quindi con alacrità amanuense sul carapace onde estrarne la polpa setosa e dolce.

Polpa che viene di norma esaltata con vari mezzi: dal vino bianco al limone, dall’aglio al prezzemolo, senza escludere in taluni casi anche la cervisia.

Cosa berci sopra?

Su questo punto, la Trattoria-Gasthaus Da Vico afferma la sua personalissima interpretazione, fieramente in odore di eresia, attitudine del resto già consolidata nell’albero genealogico dei Presello di Caporiacco con lo zio “scomunicato” dal pievano per aver organizzato trattenimenti da ballo di domenica.

Ronco Penàsa (l’azienda vitivinicola di famiglia che riecheggia il nome d’arte del Fondatore) scardina con noncuranza tutta friulana la manierata formuletta scolastica del “mai rosso coi crostacei”, proponendo come inaspettato quanto illuminato chaperon alla virtù del Gjambar nientemeno che il proprio Franconia il quale, grazie al suo peso medio, ai tannini bassi e a una solida armonia di frutti e fiori farà degnamente le veci di canonici bianchi e regolamentari bollicine.

I vini Ronco Penàsa e altre tipicità che si possono trovare Da Vico (Foto © Gilberto Presello).

La Màntie: antica liturgia di condivisione e buona sorte

Ed è ancora col Rosso, infine, che “Da Vico” si celebra – sempre eguale a sè stesso lungo gli anni, il rito della “Màntie” le cui ragioni e finalità, a dire il vero, non sono del tutto manifeste nemmeno agli adepti.

Le teste dei gamberi vengono di fatto gettate in un boccale (in friulano “màntie”) colmo per metà di vino rosso che sarà vuotato da ogni commensale alla fine del pasto.

Sappiamo per certo che si fa. Non sappiamo bene perché si faccia. Forse per buona sorte, bevendo il Gambero della Resurrezione. Sospettiamo poi che i due ingredienti sarebbero, verosimilmente, una buona base per un fumetto più che per un cocktail, ma tant’è…

Come Caronte all’invito del “duca” Virgilio non ci crucceremo affatto, poiché sappiamo che alla Trattoria-Gasthaus “Da Vico”, tradizione e piacere sono sovente regola a sè stessi.

Alcuni dei piatti presenti nel menu della Trattoria-Gasthaus Da Vico (Foto © Gilberto Presello).

Trattoria-Gasthaus Da Vico
Piazza Primo Maggio, 12 – Colloredo di Monte Albano (Udine)
Sito webFacebook

 

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Michele Baroncini

Edonista e Gentiluomo. Mezzo Toscano come i sigari, un quarto Teutonico e, pel rimanente, Normanno di Puglia. Nato nel Patriarcato e quivi naturalizzato, Italiano integrale come il Pane, ancorché regionalmente apolide. Sentenziato sin d’ora al Terzo Cerchio, vago senza pace fra Bettole & Osterie onde meritar la mia condanna. Il mio stemma alza il gambero. Quello Rozzo.

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