Gazzetta del Vino

Vino al ristorante: come si crea una buona cantina? Parola a Stefano Berzi, Miglior sommelier d’Italia 2021

Come si crea la cantina di un ristorante: i consigli dell'esperto
La cantina dell'Hosteria del Vapore (Foto © Marco Di Giovanni).

Nel panorama attuale della ristorazione – almeno buona, sicuramente alta – non è più possibile pensare di separare cucina e cantina, il piatto dal suo abbinamento al calice. Oggi, avere una cantina di buon livello è elemento imprescindibile per un ristorante con un minimo di ambizione

In un mondo come quello ristorativo che rincorre trend nuovi, tipicamente nord-europei, che oscillano tra vini analcolici e bevande home-made come fermentati o kombucha, la ricerca intorno al vino è considerata imprescindibile e diventa criterio fondamentale per giudicare un’esperienza a tavola.

Partendo da questi “sacrosanti” presupposti, quei ristoratori che vogliono rifarsi l’immagine o che partono da zero non possono che porsi una domanda: Come creo la mia cantina?

La cantina di un ristorante: i consigli di un esperto

Anche per creare la giusta cantina di un ristorante spulciare sul web ha indubbiamente una sua utilità: il giornalismo enogastronomico in questi anni ha ascoltato e riportato pareri più che attendibili, per dare almeno una risposta parziale a questa domanda. Risposte da cui si possano prendere spunti, opinioni autorevoli che fungano da linee guida inequivocabili.

Dal canto nostro, abbiamo posto questa domanda a Stefano Berzi, titolare insieme al padre Paolo e alla madre Monica dell’Hosteria del Vapore a Carobbio degli Angeli, in provincia di Bergamo. Sommelier AIS nel 2013, primo posto al Ruinart Challange nel 2019 e, dulcis in fundo, Miglior sommelier d’Italia 2021: riconoscimenti questi che rendono Stefano, appassionato e divulgatore di vino, un’ottima “campana” da ascoltare quando si tratta di cantine al ristorante.

Stefano Berzi, con la mamma Monica e il papà Paolo (Foto © Marco Di Giovanni).

Stefano, partiamo dalle fondamenta. Quali sono le domande da porsi per iniziare a creare una propria cantina?

«Prima di tutto distinguiamo, approssimativamente, tra locali in centro città e in provincia. In centro città c’è più ricambio, una maggiore circolarità, tanto turismo; in provincia invece, a parte i “vicini”, in un ristorante ti ci devi recare volontariamente, non ci “capiti”».

Ecco che, per far sì che un food & wine lover si rechi volontariamente in un ristorante lontano, si può optare per una cantina di “nicchia”, con etichette che difficilmente si riescono a trovare nelle più blasonate wine list in centro città.

Alla base: clientela e numero di coperti

«In secondo luogo, fondamentale è comprendere, partendo dalla proposta, quale sia la reale clientela del locale, se rientra in una fascia alta o bassa. In base a questo fattore si comprenderà anche intorno a quale fascia di prezzo scegliere le proprie referenze. Altro criterio fondamentale è il numero dei coperti. Anche questo è un elemento dal quale partire per impostare la propria cantina, per non ordinare bottiglie in esubero rispetto alla domanda».

L’incidenza del vino sullo scontrino finale

Questi quesiti e quelli che seguiranno non sono da ignorare. La motivazione, oltre al servizio che si offre al cliente, sta più in generale nel fattore “spesa”:

«Lo scontrino medio totale al ristorante si aggira sempre intorno ad una specifica cifra… Aggiungere un dessert o un piatto porta una differenza fino a un certo punto. Quel che davvero può stravolgere il conto finale è proprio il vino».

Risolti quindi i primi interrogativi e preso coscienza dell’importanza che il fattore vino ricopre tanto per il ristorante quanto per il commensale, il resto va anche pesato in base all’idea che il sommelier (o il restaurant manager) ha del vino. Il sommelier potrà selezionare le proprie etichette tenendo presente certo la propria filosofia enologica, che può ad esempio vertere verso vini tradizionali o più in direzione naturale / biodinamica, ma anche e soprattutto altri elementi decisivi per ottimizzare selezione e ricambio.

La scelta delle referenze per la cantina di un locale dipende da diversi fattori (Foto © Marco Di Giovanni).

Una buona rotazione

«È sempre bene avere una buona rotazione, non avere quindi un magazzino fermo, cosa che comporta un costo non indifferente».

Rotazione significa diversificare: terminare e rifornirsi cambiando. Questo significa anche non essere vincolati da un solo fornitore: «La cantina deve essere fatta dal sommelier, non dal rappresentante».

Dove reperire nuove etichette

Questa rotazione dev’essere figlia di tanta ricerca. Una cernita di nuove etichette può essere fatta approfittando delle tante fiere di settore, degli eventi dedicati al vino, delle proposte delle cantine e dei diversi cataloghi a disposizione. «Il mercato del vino oggi è libero, non ci sono vincoli, e questo ci agevola».

Vini in mescita

Una buona rotazione vale tanto per la cantina quanto per la mescita. Per bolle e bianchi, le etichette cambiano di continuo:

«Sta al sommelier la capacità di farle scegliere e degustare». Per rossi e vini più strutturati e longevi c’è il Coravin, assoluta garanzia di longevità e conservazione.

Una buona rotazione vale tanto per la cantina quanto per la mescita.

La lista vini

Per la selezione dei vini secondo tipologia, il ragionamento è lo stesso. Bisogna basarsi sulle richieste della clientela e naturalmente sul confronto con la carta di cucina.

Hosteria del Vapore propone principalmente piatti di carne, spesso della tradizione, con una notevole predilezione per la cacciagione. Non stupisce allora che il 50% e più delle referenze siano vini rossi, segue il 30% con la bolla e il 20% con i bianchi. «I macerati sono 5 o 6 a rotazione, ancora meno i rosati fermi. Faccio ancora fatica».

Un ristorante al mare, ad esempio, con una carta orientata su pescato del giorno e verdura di stagione, avrà invece una predominanza di bianchi, rosati freschi e bolle, lasciando una percentuale di magazzino inferiore ai rossi di grande struttura, difficilmente abbinabili.

Il rapporto di fiducia cliente-sommelier

Vagliata la tipologia, si passa alla scelta della specifica bottiglia. In questa situazione tanti sono i clienti che si affidano al sommelier:

«È fondamentale, anche per garantire un corretto ricambio del magazzino, che si crei tra il cliente e il sommelier un rapporto di fiducia, che chi sta al tavolo si lasci consigliare».

Il rapporto di fiducia tra cliente e sommelier fa sì che il primo si lasci consigliare (Foto © Marco Di Giovanni).

Abbinamenti, quando osare?

Sta poi al sommelier stesso capire con quali clienti osare e con quali andare più sul classico. Qualche esempio?

«Con un piatto di ostriche posso andare sul classico e abbinare un bianco sapido, minerale. Ma se avessi davanti a me un cliente con il quale posso permettermi di osare allora proporrei un ossidativo, come un Marsala». E ancora, «con una carne stile Fiorentina potrei andare sul sicuro abbinando un Chianti Classico uve Sangiovese. Ma se volessi osare potrei spaziare con dei rossi fuori dalla Toscana o proporre una bolla rosata con una buona struttura».

La conservazione, l’importanza della temperatura

Fondamentale in un ristorante è la temperatura, che sia essa di servizio del vino o di conservazione dello stesso. Ecco perché Stefano si avvale di più cantine, ben 4 con 4 diverse temperature:

«Tengo la bolla a una temperatura di 6-8°, altre anche tra i 4° e i 6°. I bianchi vengono conservati a una media di 8°. I rossi si dividono in rossi “da sete”, a 13° e in rossi con struttura a 16°».

Gli ordini, meglio tanti e poco consistenti

Se c’è un buon ricambio ci saranno anche ordini costanti da fare, che sia di etichette già note o di novità da poco incontrate. «Personalmente consiglio di fare più ordini non troppo consistenti, ma ripeterli più volte».

L’importanza della comunicazione

«Ordinando bottiglie nuove, capita di sbagliare, capita che queste non vadano bene. Questo capita perché le scegliamo per nostro gusto personale e non pensando al gusto del cliente. Ci vorrà più tempo per venderle, ma diviene possibile stimolando con una buona comunicazione clienti affezionati e curiosi che desiderano conoscere interessanti novità».

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Marco Di Giovanni

Laureato in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, ho iniziato la mia carriera nel mondo del food&wine circa 10 anni fa. Da redattore a collaboratore esterno fino a ufficio stampa, ho macinato ristoranti e cantine, assaggiato, studiato e appreso. Ad oggi, ancora non sono stanco di raccontare ciò che provo a chi ama leggere e scoprire.

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