L’anteprima dell’annata 2022 per il Rosa del Garda dimostra come ci sia sempre più territorialità d’insieme
Superare i preconcetti, attualizzare le grammatiche di sorso, spingersi sempre di più verso l’esaltazione del varietale (Corvina) e del terroir (terreni morenici del destra Garda) sono alcune delle caratteristiche che sono emerse all’Anteprima 2023 del Chiaretto di Bardolino. Un vino che da dieci anni ha intrapreso una vera e propria rivoluzione e che, in questa anteprima, ha coinvolto una quarantina di cantine aderenti al Consorzio.
Annata 2022 del Chiaretto di Bardolino
La 2022 è stata un’annata secca e calda, che ha portato a vendemmiare le uve otto giorni prima rispetto al calendario storico (ormai non è più una novità). Questo non ha però alterato più di tanto l’imprinting e le texture dei vini che rimangono freschi, fortemente sapidi e con una trama tannica in filigrana presente ma assolutamente equilibrata da una acidità abbastanza accentuata e un residuo zuccherino molto basso in quasi tutti i campioni. Servono almeno un paio di mesi di affinamento in vetro perché, però, si possano esprimere al top. Questo vale per i fermi e gli spumanti in senso generale.
A grandi linee le aziende all’ombra del monte Baldo esprimono vini con un carattere tendenzialmente più fresco e minerale con grande sapidità, quelli della Rocca si presentano abbastanza complessi, con fragranze di fiori e ovviamente sapidi, infine nell’areale di Sommacampagna i vini sono un po’ più fruttati e sempre molto sapidi.
I nostri suggerimenti dall’Anteprima 2023 del Chiaretto di Bardolino
Per il 2022, ecco alcuni suggerimenti per i vini fermi e per gli spumanti che interpretano al meglio annata, stile e bevibilità del Chiaretto di Bardolino (l’ordine è disordinato…).
Vini Spumanti
Monte Zovo, Chiaretto di Bardolino Spumante Brut Metodo charmat
Forse il più fuori dal coro, con un colore rosa buccia di cipolla. Presenta un naso minerale con richiami di uva spina e rosa, un perlage simpatico al sorso acquista corpo e struttura in un perfetto bilanciamento tra freschezza, acidità e trama tannica.
Vigneti Villabella, Chiaretto di Bardolino Spumante Brut
Anche questa etichetta si fa notare con il suo rosa tenue che si concretizza in un naso dalla grande mineralità oltre a sentori floreali. La bocca è vibrante, tesa, con una bella nota agrumata che si staglia su un finale lungo e un perlage sbarazzino. Un gran bel sorso.
Chiaretto di Bardolino Spumante Brut di Zeni 1870
Un grande classico, con un sorso veramente divertente e croccante, è il Chiaretto di Bardolino Spumante Brut di Zeni 1870. Un bel rosa vibrante anticipa un naso che sembra di essere catapultati in un campo di fiori a pochi passi da un bosco carico di fragoline. Entra teso e si allarga con croccantezza e mineralità per allungarsi su finali florali e leggermente agrumati.
Costadoro, Chiaretto di Bardolino Spumante Metodo Classico Brut 2018
Unico metodo classico presentato all’Antemprima 2023 del Chiaretto di Bardolino il Costadoro 2018 ha permesso di comprendere come la rifermentazione in bottiglia e la sosta sui lieviti potrebbe essere un interessante strada da intraprendere.
Vini fermi
Per i fermi, la questione si fa più ampia. Sono tutti assaggi che denotano un denominatore comune che è quello del gioco di squadra. Livellamento delle cromie, bilanciamento tra sapidità, morbidezze e tannini, portano a un racconto forse più all’unisono, rispetto anche al recente passato, ma con ovvie e per fortuna necessarie divagazioni sul tema. Per quanto ci riguarda ecco gli assaggi che hanno saputo massimizzare l’espressività stilistica del territorio con l’eleganza del sorso.
Un gran bel interprete è il “Ròdon” di Le Fraghe (Bio) che lascia una bocca fresca, salata e appagata, assieme a quello di Tenuta La Presa che punta tutto sull’estrema eleganza e la efficace pungenza citrina. Molto interessante l’interpretazione del Chiaretto di Bardolino di Corte Campara, che si caratterizza per la sua tagliente vitalità resa stuzzicante da una leggera nota pepata.
Se si vuole un sferzata di mediterraneità in bocca allora è bene procurarsi il “Syrma” Bio di Monte Zovo della Famiglia Cottini (avevamo già scritto di quest’azienda QUI), un tripudio di erbe aromatiche e agrume.
Per chi ama le lunghezze e le persistenze allora il suggerimento cade su “Tradizional” di Seiterre un vino che forse è il più ricco e strutturato dal punto di vista del morso del sorso. Sul più simpatico, se così si può dire, non ci sono storie: si vada su quello de Le Ginestre in cui la componente erbacea c’è e si amalgama perfettamente con la sapidità e il sentore di pompelmo. Se proprio non vi bastano questi suggerimenti, allora appuntatevi Monte del Fra’, Le Morette, Raval e Vigneti Villabella.
La comparazione europea
Un momento simpatico dell’Anteprima 2023 del Chiaretto di Bardolino è stata la masterclass comparativa con altre interpretazioni in rosa provenienti da Paesi anch’essi a lunga e riconosciuta tradizione “cipriosa”… In questo caso parliamo della Mosella, della Rioja e della Provenza. In tutti i casi il Chiaretto non sfigura con nessuna delle varie zone portate all’assaggio.
Se con la Mosella, che ha portato due campioni 100% Pinot noir, il Chiaretto si gioca la sua riconoscibilità sul tannino e sulla sapidità (ma attenzione al possibile tranello del sentore fumé), con la Rioja, con due campioni composti da assemblaggi di Viura, Tempranillo e Garnacha e un Garnacha in purezza, la riconoscibilità fatica un po’ di più a emergere.
Infine sulla Provenza il Chiaretto si stacca per la sua sapidità che, amalgamata con sentori molto simili a quelli del rosé d’Oltralpe, forse ha quel qualcosa in più, almeno dal punto di vista delle potenzialità gastronomiche.
La verticale del Chiaretto di Bardolino
È stata la vera sorpresa della due giorni. Chi, ancora oggi, pensa che il rosato italico del Garda debba necessariamente essere un vino d’annata… beh sbaglia. La riprova è stata la verticale organizzata in una masterclass, ma anche ai banchi d’assaggio allestiti in cui alcuni produttori hanno “osato” portando vecchie annate, anche risalenti al 2013, in cui è emerso come questo rosato, invecchiando, si arricchisce di complessità e particolari sentori evolutivi. Perde quella sua caratteristica di essere a pronta beva, e ci mancherebbe, ma non perde l’eco di essere figlio, non minore, di un terroir e di un vitigno blasonato soprattutto per altre tipologie di vinificazione in rosso.
Le annate assaggiate vanno dal 2014 alla 2016 e sono delle cantine Tenuta La Presa e Poggio delle Grazie con un paio di campioni del 2018 e 2019 della cantina Vigneti Villabella. Tendenzialmente sono vini in cui la fragranza e la pienezza dei richiami fruttati tradizionali (erbaceo, mediterraneo, minerale, agrume) gioco forza si perdono progressivamente acquisendo però una texture più complessa e matura (pepe, agrume candito, kumquat, albicocca disidratata e note tropicali). Il tutto mantenendo quasi sempre inalterata la sapidità e la freschezza. Decade invece molto la già non pressante presenza dei tannini. Sorprendente la semantica gastronomica più complessa e articolata che acquistano con il passare degli anni.
Per approfondimenti: www.anteprimachiaretto.it
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