Vino

La Romagna non è (più) e solo quella in brick… forse c’è scappato?

Esce la guida “rossa” nazionale e tra le eccellenze regionali straborda il Lambrusco, bene il Sangiovese e benino l’Albana…

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No, mi dispiace ma questa volta non siamo in accordo… si può? Speriamo di si… e adesso lo argomentiamo. Come sempre con l’arrivo dell’autunno, oltre alla caduta di marroni, agli uccelli che migrano in direzione Sud, all’accensione dei termosifoni e all’iniezione anti-influenzale (magari se facessimo anche quella contro il Covid sarebbe meglio per tutti…) arrivano le guide sul vino. Bene, bravi e bis.

Appuntamento che potremmo dire ricorsivo come l’alternarsi delle stagioni, quindi. Tra le più autorevoli, e chi siamo noi per poter dire il contrario, c’è sicuramente quella del Gambero Rosso. La famosa guida Rossa italica.

Vini d’Italia 2022: il Gambero Rosso e la Romagna

Bene,  quest’anno i degustatori mandati a giudicare le decine di testimonianze fatte da piccole, medie e mastodontiche realtà disseminate lungo lo spartiacque (in questo caso sarebbe meglio definirlo lo “spartivigne” della via Emilia), hanno dichiarato che sull’Olimpo del 2022 siedono 15, e ribadisco “ben” 15 cantine, le stesse del 2020… Di queste sette sono romagnole…

Noi crediamo di poter affermare che, conoscendo ormai abbastanza bene la geografia di sorso che caratterizza soprattutto la parte a destra del “trait” regionale, la Romagna per intenderci, è impossibile che – nell’arco di un anno – le realtà premiate nella terra del Passatore diminuiscano… anche se solo di un’unità (nel 2020 i “Tre bicchieri” erano 8 quest’anno sono stati 7).

Stiamo parlando di una realtà composta da 7 cooperative, 103 produttori vinificatori e ben 5.200 aziende iscritte agli albi che rivendicano vigne Doc e Docg…

Sappiamo benissimo come vanno queste batterie di giudizio (la “colpa” è sic et simpliciter dei produttori che non mandano campioni) senza mai però fare una riflessione critica cominciando a chiedersi come sia possibile invertire la tendenza assenteista… Come detto, in primis la reprimenda andrebbe rivolta ai produttori. Della serie “se mandaste i campioni magari qualcuno potrebbe notare la vostra evoluzione”, ma secondo noi a latere di questo dovrebbe essere la curiosità dei cosiddetti “addetti ai sorsi” a saper muovere le montagne…

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La Romagna del vino non è più in brick

Oggi la Romagna non è più in brick (anche se le due principali artefici megalodontiche del successo “under price”, investono giustamente una valanga di euro per marketing-spot, e di conseguenza sono quei “buoi” che trainano il carretto) e se ne dovrebbe ormai prendere atto. Ma ne prendiamo atto, sicuramente noi sbaglieremo…

Qualcosa comunque sembra si possa muovere… per ora l’unico vero sospiro di sollievo “critico” arriva, sfogliando il tomo da 30 euro, quando finalmente qualcuno ha saputo leggere la narrazione che dalla Romagna sta emergendo vendemmia dopo vendemmia, dall’alta valle del Tramazzo (Modigliana ndr). Potremmo portare altri esempi che, a piccoli passi, ci porterebbero fino sulla Luna: parliamo di Rimini, Imola, Castrocaro-Terra del Sole.

Ultima cosa, suggerimento, ipotesi, velleità? In definitiva, e per tagliarla corta, in Romagna ci sono 12, in via di accrescimento di almeno un paio di altre, menzioni geografiche aggiuntive (Mga)… sarà mai possibile che non si possa trovare un’eccellenza, non dico come prassi, ma per quanto riguarda il Romagna Sangiovese Doc si potrebbe comunque arrivare ad avere almeno per la metà delle stesse… di testimoni autorevoli?

Stiamo parlando della terra culla del Sangiovese (fior fiori di studi ne attestano l’origine anagrafica). Noi qualche esempio ne avremmo da suggerire dalla Serra a Brisighella passando per Marzeno, Castrocaro, Bertinoro, Predappio a cui aggiungiamo i prossimi relativi ai territori di Imola e Rimini… ma, ovviamente, chi siamo noi rispetto a sua maestà la Rossa?

È vero, e chiudiamo, la Romagna non è terra di Barolo, di Brunello o Amarone, né di Chianti né di bianchi entusiasmanti per vertigine d’altura, ma con tutto il rispetto, e lo dico con estremo Rispetto, nel 2021 abbiamo meno “Tre bicchieri” dell’Umbria (17), della Campania (20), della Puglia (21), della Sicilia (26) e abbiamo quasi la metà di quelli del Friuli Venezia Giulia (26)…pur avendo una storia vitivinicola pluri secolare. In definitiva, e con la modestia di poterci affibbiare solo il ruolo di portabandiera (o ambasciatori) del made in “botte” emiliano-romagnolo, manca ancora, secondo noi, un’esegesi vera, perspicace e proiettiva dello stato dell’arte della vitivinicoltura del “Passatore”. La Romagna non sta più, solo e da decenni, in brick…

Buone bevute.
Salute!

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Riccardo Isola

Un viaggio tra inchiostro e liquidi nel cristallo iniziato, ahimé e purtroppo, diversi anni fa. Ambasciatore dei vini dell’Emilia Romagna, giornalista enogastronomico in orbita perenne attorno ai pianeti Vino e Cibo. Usurpatore, per professione e per passione, della lingua italiana. Improprio interprete, ma con dedizione e impegno, del raccontare ciò che da sempre fa grande il nostro essere italici: il Gusto.

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