Vino

La siccità nel vigneto: un problema e le sue (possibili) soluzioni

Problema siccità in vigna: intervista a Pierluigi Zama

La mancanza e la destagionalizzazione delle piogge, alternate a eventi catastrofici con spropositate quantità di acqua sul suolo incide negativamente sull’attività vitivinicola. Per delineare un quadro più chiaro della situazione idrica in Italia e dei possibili in tal senso, abbiamo intervistato l’enologo Pierluigi Zama, presidente di Assoenologi Emilia Romagna

L’agricoltura è un’attività antropica dai risultati fortemente imprevedibili, poiché sfida ogni giorno un fattore determinante, che può essere un grande alleato o un terribile nemico: il clima.

Non è nostra intenzione affrontare il tema del riscaldamento climatico in questa sede, bensì concentrarci su lo specifico settore del vino su cui la penuria di precipitazioni rischia di avere conseguenze ancor più catastrofiche.

Le sempre più scarse precipitazioni, negli ultimi anni tendono ad avere il rovescio della medaglia in eventi catastrofici durante i quali si riversano spropositate quantità di acqua sul suolo, con conseguenze devastanti per le colture. Conseguenze che pesano considerevolmente su un’attività, come quella vitivinicola, che richiede almeno 3 anni per le prime raccolte di frutti.

Se generalmente si tende ad anticipare sempre di più le vendemmie, in molti casi si prova a gestire la siccità con interventi di irrigazione, ma gli sforzi da profondere in campo sono notevoli e non sempre sufficienti.

Pochi mesi fa il Governo ha deciso di nominare un super commissario in risposta alla grave crisi idrica che ha flagellato l’agricoltura italiana in questi ultimi anni. Una figura in grado di agire nello specifico sulle aree territoriali a rischio elevato, sbloccando gli interventi di breve periodo.

Si è inoltre varato un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il PNRR, con una procedura semplificata per le autorizzazioni, l’aumento della capacità delle dighe attraverso procedure di sghiaiamento, il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate e l’introduzione di nuovi e più potenti dissalatori.

Il parere dell’enologo Pierluigi Zama

Per delineare un quadro più chiaro della situazione idrica nella nostra Nazione, abbiamo intervistato l’enologo Pierluigi Zama, presidente di Assoenologi Romagna, che ha sottolineato l’importanza di focalizzare l’attenzione sui sempre più frequenti eventi estremi e sugli eventi piovosi sìcuramente molto spesso scarsi, ma ancora di più con tempistiche non consone alla viticoltura. Tutto ciò, al netto dell’alternanza tra un anno e l’altro, dove è possibile osservare annate anche molto diverse tra di loro.

Per citare qualche dato, Zama ha sottolineato come negli ultimi vent’anni tutto il territorio dell’Emilia Romagna abbia visto un incremento dell’accumulo termico nei mesi di attività della vite.

«Generalmente – ha affermato l’enologo – per quanto riguarda la piovosità abbiamo avuto una diminuzione della stessa su base annua. Dati di Emilia e Oltrepò Pavese sottolineano una diminuzione del 6% negli ultimi 70 anni, ma il dato più grave è l’aumento dell’evapotraspirazione, arrivata oggi ai 100/120 mm di evapotraspirazione.»

Questo significa grande stress per la pianta, da unire ai rischi di patogeni, la cui azione può diventare nettamente più pericolosa quando la pianta si trova già in una situazione di difficoltà. È allora l’intervento umano a fare la differenza, attraverso il rapporto simbiotico che il tecnico deve avere con il vigneto e che, grazie alle sue competenze, può provare a trovare le migliori soluzioni per il bene della pianta.

«Ciononostante, è bene non dimenticarsi mai che la vite è una forma di vita magica e durante la scorsa vendemmia sono bastate alcune piogge intelligenti in fase di pre-raccolta per rimediare ad una vendemmia che dal punto di vista quali-quantitativo sembrava compromessa», ha voluto evidenziare ancora Zama.

Nel mondo, infatti, esistono territori dove le risorse idriche sono molto carenti e nonostante tutto, l’agricoltura riesce ad esprimere al meglio il proprio potenziale.

«Sicuramente attraverso i portainnesti di nuova generazione, molto innovativi e ancora poco usati, si possono limitare le esigenze idriche per il vigneto – ha spiegato ancora il dottor Zama, che ha poi aggiunto – L’assenza di inerbimento e i modelli di previsione dell’evapotraspirazione basati sul bilancio idrico, generano un utilizzo consapevole e mirato, in funzione della necessità della pianta rapportata alla fase fenologica del momento.»

È dunque necessario mettere in pista tutto il talento possibile, applicando la gestione dell’intelligenza artificiale al mondo agricolo per dare alla pianta il migliore benessere possibile.

Inoltre, fare tesoro delle esperienze di quei territori dove le disponibilità idriche sono limitate, risulta fondamentale per mettere in campo una nuova cultura della gestione dell’acqua finalizzata ad un razionale utilizzo.

Rimane comunque il tema dell’attenzione maniacale alla gestione delle pratiche agronomiche dei suoli, con lavorazioni superficiali per chiudere le fessurazioni estive, inerbimenti con essenze che consumano poca acqua e che fermano il proprio sviluppo in estate, quando le risorse idriche scarseggiano. I nuovi portinnesti resistenti alla siccità, inoltre, garantiscono, a stomi ormai chiusi, buoni livelli di fotosintesi che altri portinnesti non hanno.

Infine, la centralità della sostanza organica e la pacciamatura organica sottofila si rivelano estremamente utili, poichè limitano la traspirazione dei terreni.

Per concludere, laddove vi sia disponibilità idrica diventa sempre più importante l’utilizzo consapevole dell’acqua attraverso sensori in grado di rilevare il grado di umidità dei terreni e l’irrigazione a goccia notturna oculata sulla base del calcolo della vera esigenza.

Questo, in breve, è ciò che la viticoltura può mettere in campo per cercare di arginare un problema sempre più rilevante, su cui da un lato si dovrà concentrare la ricerca nei prossimi anni, dall’altro la politica dovrà comunque ponderare interventi necessari per il benessere di tutti.

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Raffaello De Crescenzo

"Enogastrocurioso", laureato in Tecnologie Alimentari ed in Viticoltura ed Enologia. Assaggiatore Esperto di oli d'oliva, assaggiatore di vini, degustatore di acque minerali, Sommelier e Videomaker. Sul web, dal 2013, è CulturAgroalimentare.

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