Anche nella bella stagione non si rinuncia al rito del caffè ma si preferiscono preparazioni più fresche e adatte a momenti di relax. Abbiamo chiesto allo storico locale partenopeo tre suggerimenti da replicare a casa
Napoli è una delle città più particolari e contraddittorie al mondo. Come poche, alterna ricchezze architettoniche ed artistiche di inestimabile valore a un’antica e folcloristica cultura popolare ma anche a una serie di problematiche ataviche che si ritengono, spesso, senza soluzione.
L’imponenza degli edifici del centro raccontano di un passato “regale” e glorioso e accolgono locali molto antichi che hanno visto passare e intrattenersi tra le proprie mura personaggi illustri. Tra questi c’è il Gran Caffè Gambrinus, affacciato su Piazza Plebiscito e Palazzo Reale, due gioielli dalla sorprendente bellezza.
Storia del Gran Caffè Gambrinus di Napoli
Inserito tra i Locali Storici d’Italia il Gambrinus viene aperto, con il nome di “Gran Caffè”, nell’anno di proclamazione dell’Unità d’Italia (1860) e diventa in breve tempo un luogo di ritrovo culturale e letterario. Attirati dalla professionalità di grandi pasticceri, gelatai e baristi provenienti da tutta Europa, al Caffè si incontrano esponenti della cultura, artisti e uomini politici al punto che il locale ottiene dalla famiglia reale il riconoscimento per decreto di “Fornitore della Real Casa”, onorificenza tributata dai Savoia soltanto ai migliori fornitori del Regno delle due Sicilie.
Nel 1890 viene scongiurata la chiusura del Gran Caffè grazie all’intervento di Mariano Vacca il quale ne assume la gestione e ne commissiona la ristrutturazione all’architetto Antonio Curri, docente di Architettura, nonché Ornato nella Real Università di Napoli e professore onorario dell’Istituto di Belle Arti.
Il risultato finale è abbagliante per il pregio delle rifiniture e anche perchè rappresenta uno dei primi locali a ricevere l’energia elettrica. Le sale vengono decorate con i marmi di Jenny e Fiore, gli stucchi del Bocchetta, i bassorilievi del Cepparulo e le tappezzerie del Porcelli. Le pareti accolgono gli affreschi dei più importanti paesaggisti napoletani e l’intero Caffè diviene una galleria d’arte con le opere di oltre quaranta grandi artisti e artigiani.
Altra novità è il nome che viene cambiato in “Gran Caffè Gambrinus”, in ricordo del re delle Fiandre inventore della birra. L’idea è quella di mescolare le due più famose bevande d’Europa: la nordica birra e il caffè napoletano.
Inaugurato ufficialmente il 3 novembre 1890, il Gran Caffè Gambrinus ritorna ai fasti dei suoi inizi e ritorna subito il cuore della vita mondana partenopea e tappa immancabile per re, regine, politici, giornalisti, letterati e artisti di fama internazionale.
Dalla Principessa Sissi a Benedetto Croce, da Oscar Wilde a Jean-Paul Sartre
Visitare oggi il Gambrinus ha un fascino particolare soprattutto se si pensa che, ai suoi tavoli, si sono seduti quelli che oggi sarebbero definiti “VIP” come l’Imperatrice d’Austria Sissi, che degustò un ottimo gelato alla violetta, Gabriele D’Annunzio che qui scrisse la canzone “A’ vucchella”, Matilde Serao che fondò il quotidiano “Il Mattino” seduta proprio ai tavolini del caffè, Benedetto Croce che fece di Napoli la sua seconda città, lo scrittore irlandese Oscar Wilde che si recò nella città partenopea con Lord Alfred Douglas dopo i tristi giorni di prigionia, Ernest Hemingway, il filosofo francese Jean-Paul Sartre che scrisse pensieri su Napoli ai tavolini del Gambrinus “davanti a una granita che guardavo malinconicamente mentre si scioglieva nella sua coppa di smalto”.
Nel 1938 il Caffè viene chiuso dal prefetto Marziale perché considerato luogo antifascista e i locali ceduti in parte al Banco di Napoli. Solo agli inizi degli anni ’70, Michele Sergio riesce a recuperarne le mura. Dopo un restauro rispettoso delle antiche opere d’arte, l’imprenditore ha restituito alla città uno dei suoi fiori all’occhiello in ambito culturale ed enogastronomico.
Gambrinus di Napoli: 3 ricette estive con caffè
Oggi il Gambrinus è gestito da Arturo e Antonio Sergio, figli di Michele che ci hanno regalato tre ricette estive a base di caffè che vengono servite anche nel bar partenopeo.
Il caffè freddo
È stato ampiamente dimostrato che il consumo del caffè non è appannaggio principale dell’Italia e dei napoletani ma ciò che distingue questo popolo è la tendenza a non rinunciare al piacere della bevanda anche nelle situazioni meno comode. Pensiamo alle gite fuori porta oppure alle giornate al mare dove, insieme a cibazione di ogni genere, compare il caffè freddo.
La preparazione è davvero elementare. Si prepara una moka e si zucchera il caffè appena uscito, quindi si fa raffreddare, si versa in una bottiglia di plastica e si ripone nel freezer. La mattina dopo, prima di andare in spiaggia, si ritira la bottiglia ghiacchiata dal congelatore e si ripone nella borsa.
Dopo qualche ora, il caffè si sarà parzialmente sciolto e basterà scuotere energicamente la bottiglia per ottenere una buona, fresca e corroborante granita al caffè.
Il caffè al cocco
Il caffè al cocco è il frutto della creatività napoletana ma anche della voglia (e capacità) di accontentare il cliente proponendogli sapori nuovi senza allontanarsi dai canoni classici.
Si tratta di una bevanda estiva che sorprende per l’accostamento, insolito ma riuscito, del caffè con il cocco e per la facile replicabilità a casa propria.
Ingredienti
- 1 tazzina di caffè espresso oppure con la moka
- 180 ml di panna liquida
- 30 grammi di zucchero a velo
- 90 ml di latte di cocco, prelevato dalla noce
Procedimento
- Versare in un contenitore la panna liquida, lo zucchero a velo e il latte di cocco. Frullare con una frusta elettrica per circa 3-4 minuti fino a che la panna montata non si presenterà soffice e cremosa. Trasferirla in una sac à poche
- Versare in un coppa di vetro da cocktail la tazzina di caffè e coprirlo con la panna, usando la sac à poche
- Decorare con scaglie di cocco e servire.
La Coviglia al caffè
Il gelato è una preparazione antica e già in epoca romana si gustava il “nivatae potiones”, una sorta di dessert freddo ottenuto dalla neve conservata in alcune cave che, d’estate, veniva insaporita con altri ingredienti.
L’invenzione del gelato moderno si deve a Francesco Procopio dei Coltelli, un gentiluomo palermitano del XVII secolo che si trasferì a Parigi alla corte del Re Sole. Qui aprì il primo caffè-gelateria della storia in cui serviva il gelato in vari gusti.
Presto questa ricetta si diffuse anche a Napoli ed in tutto il regno duo-siciliano sotto i re Borboni al punto che in città arrivavano da tutta Europa per mangiarlo. Anche dopo l’unità d’Italia, quando Napoli non era più capitale, tanti visitatori celebri non ne potevano fare a meno come nel caso della principessa d’Austria Sissi che lo mangiò proprio al Gambrinus.
Oltre al classico gelato artigianale, i gelatieri partenopei hanno elaborato da sempre altre ricette dal sorbetto allo spumone ma una delle più amate in città è la coviglia, un semifreddo artigianale che viene servito in caratteristici bicchierini, un tempo di metallo argentato, oggi generalmente di plastica.
La coviglia è generalmente al cioccolato, alla fragola o alla nocciola, anche se la più amata e richiesta nei locali e nelle gelaterie del capoluogo campano è quella al caffè.
Ingredienti
- 100 grammi di albumi
- 100 grammi di zucchero
- 180 ml di panna liquida da pasticceria
- 30 grammi di zucchero a velo
Preparazione
- In una ciotola frullare per tre minuti gli albumi e lo zucchero fino a creare una mousse
- In un altro contenitore, preparare la panna montata frullando la panna liquida e lo zucchero a velo
- Amalgamare i due composti, aggiungendo due tazzine di caffè
- Far riposare il tutto nel freezer per tre ore
- Versare la mousse al caffè in 8 bicchierini e servire.
Gambrinus
Via Chiaia n. 1 | Piazza Trieste e Trento, 42 – Napoli
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