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Chef Giampiero Le Pera: «Siate autori di un racconto che non si legge ma si assapora»

È stata una formazione da autodidatta quella dello Chef Giampiero Le Pera, origini calabresi e attualmente operante a Bologna. La cucina per lui è stata una scelta dettata da una passione incontenibile che l'ha portato a diventare chef, insegnante, consulente e personal chef.

Lo Chef Giampiero Le Pera ha origini calabresi e attualmente vive a Bologna. La cucina per lui è stata una scelta dettata da una passione incontenibile che l’ha portato a diventare chef, insegnante, consulente e personal chef.

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Lo Chef Giampiero Le Pera.

Non sempre l’affermazione professionale passa attraverso un percorso accademico istituzionale. Quando ci sono passione, curiosità, voglia di studiare e spirito di sacrificio, anche un autodidatta può raggiungere ottimi risultati.

È successo allo Chef Giampiero Le Pera, crotonese classe 1977, che non ha frequentato una scuola alberghiera ma è riuscito a rendere la cucina il lavoro della sua vita, affermandosi come chef in diversi ristoranti in Italia e all’estero, come docente in corsi di aggiornamento per operatori della ristorazione e per appassionati e come personal chef.

Dopo la maturità, Le Pera inizia a studiare Economia Aziendale a Bologna ma frequenta solo il primo anno perchè l’amore per la cucina è più forte. Inizia a lavorare in un ristorante e, dopo aver pelato patate per settimane, la sua perseveranza lo porta a diventare primo cuoco di quello e di altri locali sia in Italia che all’estero.

Il suo primo libro “Segreti da Chef: Ricette per tutti i giorni” (su Amazon a 9,36 €), è una raccolta di una trentina di ricette che esprimono il suo concetto di cucina fatta di ingredienti semplici e tradizionali, sapientemente rielaborati in base al suo estro e alla capacità di contaminarli con un tocco internazionale.

La prefazione al libro rappresenta perfettamente l’uomo e il professionista sintetizza questa filosofia e la personalità genuina dello Chef Le Pera: «Provate a cucinare! Scegliete una ricetta! Perdetevi nei profumi dei mercati! Non abbiate paura di sporcarvi le mani! Il cibo ci racconta storie attraverso forme, colori, odori. Possiamo essere autori di un racconto che non si legge ma si assapora».

L’ho incontrato, per La Gazzetta del Gusto, un pomeriggio presso Otto in Cucina, l’associazione gastronomica bolognese dove tiene dei corsi di cucina di vario genere, da quelli base oppure sulle verdure fino a quelli di cucina giapponese, esprimendo tutta la sua poliedricità professionale.

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Segreti da Chef di Giampiero Le Pera.

Mi chiede di aspettarlo qualche minuto perché deve finire di preparare delle basi per una lezione che terrà di sera e questo mi serve per capire qualcosa di lui. Giampiero Le Pera è uno chef ordinato, minuzioso, capace di gestire l’intera cucina in ogni dettaglio nonostante abbia a disposizione dei collaboratori. Le sue indicazioni sono precise e chiare e non è mai scortese o arrogante come tanti professionisti pieni di sé che rendono l’apprendimento dei giovani spesso umiliante. Anche nei corsi è paziente e non si stanca mai di spiegare e sciogliere dubbi, rivelando anche una buona predisposizione alla didattica.

Ciao Giampiero, dalla tua biografia si scopre che la ristorazione ti accompagna da sempre.
Esatto, la mia vita è stata in quel mondo. Sono nato e cresciuto a Crotone dove la mia bisnonna, nei primi del ‘900, ha avuto la prima trattoria della città che poi è passata a mia nonna e alle sue sorelle per essere, successivamente, rilevata da un altro parente. Altri due zii hanno gestito un ristorante di pesce e un piccolo bistrot. Quindi, da piccolo e da adolescente, sono cresciuto nelle cucine; non si può dire che lavorassi ma facevo qualcosa e hanno rappresentato le prime esperienze che mi hanno dato le basi di questo lavoro.

Dalla tua scelta universitaria, però, non sembrava che lo ritenessi il lavoro della tua vita.
In effetti a 18 anni mi sono trasferito a Bologna per studiare Economia aziendale. Nonostante il primo anno avessi superato regolarmente gli esami previsti, ero molto curioso della cucina anche se quella che avevo conosciuto fino a quel momento era molto legata al territorio calabrese. Ho iniziato a lavorare in un ristorante pugliese; mi hanno messo a pelare patate e tagliare verdure per più di tre settimane e, per me che già avevo delle basi, è stato deludente. Ma non mi sono scoraggiato e, pian piano, sono arrivato a diventare il primo cuoco di quel ristorante. Quando i titolari hanno aperto un altro locale ho fatto il training ai cuochi e da lì ho continuato con altre esperienze, accostandomi anche alla cucina giapponese e mediorientale. Ho viaggiato molto e ho lavorato quattro mesi in Egitto, a Marsa Alam, dove ho maturato un’esperienza bellissima dal punto di vista umano e professionale. Ho approfondito il mondo delle spezie che non si limitano solo al curry e questo mi ha consentito di contaminare la cucina tradizionale con le mie rivisitazioni orientali.

Quindi non hai fatto l’alberghiero. Hai imparato solo sul campo?
A Bologna ho seguito due corsi con un cuoco importante ma quello che mi ha realmente formato sono stati i primi dieci anni di lavoro in cucina e la vicinanza con chef e cuochi professionisti nonchè la mia curiosità che mi ha portato e mi porta a divorare libri e manuali di gastronomia. Mi è capitato di fare corsi ai diplomati delle scuole alberghiere e mi sono reso conto di quanto sia importante la pratica che nella scuola, ovviamente, viene un po’ trascurata perché non si ha possibilità di seguire i ragazzi uno ad uno.

Come definiresti la tua cucina?
Mediterranea ma arricchita con contaminazioni orientali provenienti dalle mie esperienze all’estero e con altre persone straniere che ho conosciuto negli anni e da cui ho sempre assorbito qualcosa. Parto dalle ricette delle nonne perché le basi devono essere la tradizione e i nostri buoni prodotti tipici perché siamo in Italia e ce lo possiamo permettere. Mi danno molta più soddisfazione gli ingredienti e i procedimenti semplici piuttosto che gli estremismi. A volte uso la creatività, giusto per emozionare,ma senza eccedere.

Come sei arrivato all’insegnamento?
Al ritorno dall’Egitto, sono stato fermo qualche settimana. La mia volontà era di ripartire per girare il mondo ma poi ho incontrato l’amore e i miei programmi sono cambiati. Mi sono dovuto inventare qualcosa e sono arrivate le prime collaborazioni con scuole di cucina fino a quando ho conosciuto Simona Guerra di Otto in Cucina con cui si è creato un bel rapporto personale e lavorativo che dura da un anno.

Hai pensato ad aprire un tuo ristorante?
Spesso, ma non in Italia.

Ti manca il lavoro in una brigata di cucina?
Si. Per chi ama questo mestiere, lavorare in cucina è una grande emozione che sprigiona una carica di adrenalina che passa dopo due o tre ore dalla fine del servizio. Infatti da due mesi sono tornato a lavorare in un ristorante bolognese dove mi occupo dei primi piatti e, inoltre, faccio il Personal chef a domicilio

Che qualità deve avere un personal chef?
Tutte quelle che deve avere un bravo chef e, in più, deve essere capace di entrare in empatia con il cliente visto che lavora in casa sua, capire le sue esigenze e accontentarle, essere simpatico e lasciare un buon ricordo di se.

C’è un esperienza che vorresti fare?
Sto cercando di organizzare le varie esperienze. Intanto cucino e faccio consulenze ai ristoranti. L’insegnamento è stato fondamentale e sto puntando molto sulla formazione perché mi entusiasma dare la possibilità di far iniziare un percorso a chi non sa nulla di cucina, tipo i ragazzi giovani che sono molto più curiosi degli adulti. Voglio fare una cooking therapy della cucina almeno per far conoscere le tecniche base, fin dalla spesa al mercato, ma mi piace anche fare corsi con i professionisti che mi stimolano con domande più approfondite.

Quanto è importante studiare?
Non ho fatto scuole ma mi aggiorno continuamente. Divoro libri di cucina, manuali delle scuole alberghiere e monografie su argomenti specifici. La teoria è importante quanto la pratica. A chi esce dall’alberghiero consiglio di catapultarsi subito in una cucina per capire se è quello il loro mestiere e di continuare sempre a studiare, ad ascoltare, osservare e sperimentare.

Ci consigli qualche libro di cucina da tenere assolutamente in casa?
Ce ne sono molti. I primi che mi vengono in mente sono “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, un libro dell’enogastronomo italiano Luigi Carnacina e uno dei libri dello chef Nico Romito, tre stelle Michelin con il Ristorante Reale de L’Aquila.

La pagina Facebook di Giampiero Le Pera: Segreti da Chef.

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Enzo Radunanza

Giornalista e addetto stampa, mi occupo di enogastronomia dal 2010. Nel 2019 sono stato nominato "Ambasciatore dei vini dell’Emilia Romagna" per la mia costante attività divulgativa. Inoltre, sono copywriter e digital media marketer per varie realtà. Per tutti sono anche "Il Cronista d'assaggio".

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