Il progetto per la nuova variante pedemontana prevede infatti espropri importanti di terreni fertili in una delle aree a maggior vocazione agricola della Regione Piemonte: allevamento, cerealicoltura e viticoltura le attività a rischio. Ne parliamo con Sergio Barone, presidente dell’Associazione
Il consumo di suolo fertile è uno dei problemi che maggiormente affligge il nostro Paese: erosione, frane, alluvioni e scomparsa di molte produzioni agricole locali sono le dirette conseguenze. Proprio in questi giorni Coldiretti Torino ha chiesto l’apertura di un tavolo di discussione per modificare il tracciato della nuova variante pedemontana alla Strada provinciale 460 Lombardore-Rivarossa-Front che attraverserà il territorio Canavese.
Rischiano di scomparire le eccellenze del Canavese
La realizzazione dell’opera, che è stata da poco finanziata dallo Stato attraverso il Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, prevede espropri importanti di terreni agricoli, con il rischio di mettere in seria difficoltà alcune delle maggiori attività locali, quali la cerealicoltura e l’allevamento.
«Il suolo è la base della filiera agroalimentare. – afferma Sergio Barone presidente di Coldiretti Torino – Cibo e suolo sono un binomio indissolubile. La nostra associazione non è contro le opere pubbliche, ma vuole rimarcare l’importanza di tutelare un bene insostituibile e che è già stato ampiamente minato da interventi spesso miopi e legati a interessi volatili.»
L’Associazione ha organizzato l’11 febbraio una manifestazione proprio per sensibilizzare istituzioni e cittadini e ha chiesto l’apertura di un tavolo di lavoro per discutere possibili modifiche al tracciato dell’opera.
«È evidente che non è più possibile consumare all’infinito, ma occorre pianificare gli interventi infrastrutturali recuperando le aree dismesse anziché espropriando terreni a vocazione agricola» sottolinea anche Silvia Marchetto di Coldiretti Torino. «Per questo chiediamo un cambio di tracciato nel progetto della variante, che vada a interessare aree già compromesse o dismesse. Non vogliamo contrapporci alle esigenze dell’industria e della mobilità dei cittadini, ma non possiamo accettare che le produzioni di cibo dell’eccellenza canavesana continuino a essere colpite solo perché gli agricoltori possiedono i terreni più facilmente espropriabili e che non necessitano di bonifiche».
La progettazione della nuova strada è stata affidata dalla Regione alla Città Metropolitana di Torino. A quest’ultima Coldiretti ha chiesto un tavolo di discussione per concordare una soluzione che non impatti sulle produzioni agricole.
«Nei decenni scorsi l’agricoltura del Canavese – continua Sergio Barone – ha pagato un prezzo altissimo ai siti industriali inquinanti, alle aree commerciali, alle villette a schiera e alle infrastrutture viarie. Il sacrificio di suolo, molto spesso di buona classe di fertilità, tocca sempre e solo i terreni agricoli adibiti a coltivazioni cerealicole o foraggere necessari all’alimentazione degli animali da latte e carne il cui allevamento oltre a essere una delle risorse primarie della zona è anche un’eccellenza della Regione».
Un territorio di tipicità a rischio
È proprio in questa zona infatti che vengono allevati i bovini della celebre Razza Piemontese, le cui carni pregiate ne fanno il fiore all’occhiello della zootecnia italiana. Ma anche altre tipicità sono a rischio, come il vino Erbaluce di Caluso DOC o l’antica varietà di mais Pignoletto Giallo di Banchette, il saporitissimo pomodoro costoluto di Chivasso o ancora le delicate cipolline di Ivrea.
Sono quindi evidenti, in operazioni come quella della variante pedemontana, le contraddizioni una politica che molto spesso abusa della parola “sostenibilità” predicando la “svolta green” ma continua a promuovere un dissennato consumo di suolo.
«Il controsenso è evidente quando quella stessa politica chiede all’agricoltura di valorizzare il Canavese attraverso i prodotti locali di alta qualità che, senza suolo fertile, non si possono produrre».
Le istanze di Coldiretti non sono esclusive di un settore, ma sono richieste che riguardano tutti perché strategiche alla salvaguardia della filiera agroalimentare.
«A causa del cambiamento climatico globale l’Italia rischia una grave crisi di approvvigionamento di alcune produzioni, a partire da quelle cerealicole – sottolinea ancora Sergio Barone. – Ma la tutela del suolo agricolo è fondamentale anche per la salvaguardia ambientale: il verde delle coltivazioni, infatti, sequestra C02. I campi e i pascoli, inoltre, assorbono l’acqua durante gli eventi meteorologici estremi e contribuiscono al raffrescamento dell’aria nelle notti estive».
Non ultimo, va ricordato anche che la tutela del suolo fertile coincide con quella del paesaggio: il Canavese è un territorio unico, con la sua origine glaciale, le sue colline moreniche e i suoi terreni ricchi di sali minerali. Caratteristiche che permettono di puntare su un turismo culturale e di benessere che abbina i prodotti identitari dell’enogastronomia alla qualità ambientale delle campagne. Una ragione in più per tutelare l’intero ecosistema dell’area.
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