A Monforte d’Alba, dal 12 al 15 maggio, si è svolta la nuova edizione di Barolo Boys in Fuorigioco la rassegna che unisce calcio e vino.
Il calcio e il vino, due mondi inconciliabili? Non a Monforte d’Alba (CN) e certamente non per i Barolo Boys, storica squadra di calcio sponsorizzata da ben 39 produttori del paese che, anche quest’anno, replica l’edizione dei Barolo Boys in Fuorigioco.
Il termine “Barolo Boys” nasce da un celebre articolo classe 1990 nel New York Times, che descriveva i giovani e rivoluzionari produttori “modernisti” di Langa. Da ciò la squadra prende il nome e inizia a farsi conoscere nel panorama calcistico e non solo, all’insegna dell’unione tra sport, Barolo e amicizia.
Domenica 15 maggio si è concluso uno degli eventi vinicoli più divertenti dell’anno organizzato dall’associazione. Quattro giorni dedicati al calcio, al buon cibo e, ovviamente, al vino, che, come ormai da tradizione, riunisce nelle dolci colline langarole produttori da svariate parti del mondo.
Ogni anno tre “squadre” sfidano il mitico Barolo di Monforte e quest’anno la competizione è stata tutta italiana, vedendo scontrarsi tre vocatissime zone vinicole, ovvero la Franciacorta, il Collio e l’Etna.
Il programma è iniziato giovedì, con un interessante convegno organizzato in collaborazione con la Confederazione Italiana Agricoltori, in merito agli ultimi cambiamenti in atto nella viticoltura, ovvero la dematerializzazione dei registri di cantina, che entrerà in vigore dal primo luglio, la nuova normativa sulle autorizzazioni e sugli impianti dei vigneti che si protrarrà per 15 anni, e le linee strategiche del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Roero.
È proseguito la sera del venerdì, con una “cena coi campioni”, ove era possibile parlare con i produttori bevendo i loro vini, per approdare al grande evento di sabato con l’effettiva degustazione. L’ultimo giorno si è invece concluso con un allegro aperitivo mattutino.
La degustazione si è tenuta al Moda Ristorante Venue, dove si potevano assaggiare i 44 Barolo, i 9 Collio e i 5 Etna, e al ristorante e wine bar Casa delle Saracche, per quel che riguarda i 13 Franciacorta.
Immaginando molta più gente, si è invece potuto apprezzare il clima rilassato e la possibilità di poter interloquire con tutti i produttori senza troppa confusione attorno, gustando nel mentre il delizioso “street food” piemontese.
Interessante assaggiare in Franciacorta vini prodotti secondo il Metodo Solouva, come l’azienda Arcani + Danesi e SoloUva, stile produttivo iniziato nel 2008 nella cantina di Giuseppe Vezzoli, che elimina totalmente dalla produzione l’utilizzo di zucchero di canna, andando a raccogliere a perfetta maturità fenolica, rispettando maggiormente gli odori di frutta ed eliminando ogni sostanza esogena dal vino. Questo metodo vuole ribadire ancora una volta il legame con il territorio che, sebbene originariamente ispiratosi alla Francia, oggi rivendica sempre di più la propria identità.
Grandissima qualità nel Collio in cui troviamo l’ultimo vino in commercio di Radikon, ovvero il 2009, bottiglia da un litro perché “è fatta per essere bevuta in due”, come mi riferisce Stanko Radikon, riguardo alla sua super Ribolla macerata sei mesi. Non solo a lui gli omaggi, tutti i vini estremamente interessanti, un’eleganza straordinaria nella ribolla Keber.
Seppur in svantaggio numerico, anche l’Etna sfodera le sue carte migliori, in cui è il Nerello mascalese a fare da padrone, vitigno che assieme al suo terroir conquista ormai il podio dei più grandi vini italiani.
Approdando infine nel grande regno del Barolo, non posso che continuare a stupirmi per l’estrema eterogeneità dei suoi esemplari, un comune, una quarantina di produttori, mille flavour diversi. In uscita con i 2012, è stato possibile intuire le ottime potenzialità di un’annata non abbondante sotto l’aspetto produttivo ma che ha regalato una materia prima eccellente secondo l’aspetto fitosanitario e per le caratteristiche sensoriali.
Non mancano vecchie annate e riserve, a discrezione del produttore, dal magico potere di regalare sempre grandi emozioni.
Il terroir di Monforte è inconfondibile, capace di dare vita ad alcuni dei grandi miti della viticoltura mondiale, solo per nominare i pilastri, Poderi Aldo Conterno e Giacomo Conterno. Questo terroir irripetibile è anche però caratterizzato dalla firma del produttore.
Passiamo infatti dai più austeri Barolo “classicisti”, come quelli di Conterno, Fenocchio, Seghesio e molti altri, per avventurarci poi nelle più avveniristiche sperimentazioni di Conterno Fantino, sulla scia dei cosiddetti “modernisti”, come tra i tanti Domenico Clerico, per poi accorgerci che questa classificazione non ha forse più tanto senso.
Se Bartolo Mascarello nel 1999 scriveva “No barrique no Berlusconi” sulla sua etichetta, oggi possiamo forse affermare che la vexata quaestio tradizionalisti vs. modernisti si è andata ad affievolire, a favore dello stile personale. Se infatti si chiede a Marco Parusso a quale fronte appartiene, risponde, giustamente,“Io sono stile Parusso”.
Chi delle squadre si aggiudica dunque la medaglia? Ovviamente nessuna e allo stesso tempo tutte per ragioni diverse, è indubbio però che questo evento abbia ben rappresentato tutta la diversità ed eccellenza dell’enologia italiana, che spinge sempre di più verso la qualità e il rispetto del territorio.
Grazie Barolo Boys e alla prossima partita.
© Articolo di Chiara Cafuri.
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