Una verticale indimenticabile di alcune tra le più prestigiose etichette del celebre vino piemontese nato nella povertà, dalla fatica e dalla perseveranza di chi ha avuto il coraggio di credere nei propri sogni
L’alba si risveglia tra le vigne di Langa e abbraccia i filari inondandoli di luce dorata. Le colline si tingono di rosa, mentre il sole sorge all’orizzonte, illuminando la terra e i suoi segreti nascosti. Le viti di nebbiolo, addormentate sotto un velo di rugiada, schiudono gli occhi alla carezza della brezza mattutina.
Siamo a Perno, località di Monforte d’Alba (CN) e la bellezza di Cascina Fontana ci accoglie con la sua storia antica, dove la frenesia moderna sembra dissolversi tra queste vigne silenziose che si estendono a perdita d’occhio fino all’orizzonte. Ci prepariamo a un viaggio nel tempo e nella storia: ci attende una narrazione in undici calici di uno dei più grandi vini al mondo: il Barolo.
La dura vita dei vignaioli di Langa
Nel 1964 tra le colline della Langa scorreva un’abbondanza silenziosa, un tesoro nascosto tra i filari: qui erano già ricchi ma non lo sapevano ancora. È quello che ci raccontano i primi sorsi, di un vino ancora integro, vitale e sontuoso, nel colore, nei profumi e nel sorso. Erano ricchi di una terra generosa e vocata, di un vitigno nobile e unico, di un vino dal potenziale immenso, ma dovevano ancora scoprirlo.
La terra adesso qui vale cifre esorbitanti, eppure la storia del Barolo, per lunghissimi anni, è stata segnata da povertà e stenti. Mario Fontana ci trasporta in quei giorni lontani raccontando la fatica dei contadini, il lavoro nei campi, le bevute e il gioco delle carte. Il Barolo non lo si faceva tutti gli anni perché, nelle annate molto fredde, l’uva non arrivava a maturazione. I più vendevano ai mercanti che facevano il prezzo e pagavano l’uva la primavera successiva, se tutto andava bene.
La rivoluzione dei Barolo boys
Negli anni Settanta la Langa sembrava invecchiata e obsoleta. Nessuno investiva più, perché la terra non rendeva, e molti giovani avevano abbandonato le campagne per lavorare nelle fabbriche. Chi era rimasto però non si rassegnava. Serviva una rivoluzione, di quelle che solo i giovani riescono a immaginare, mossi dal desiderio di cambiare, di evolvere, e di capire cosa rendesse un vino veramente grande. Fu così che un gruppo di piccoli produttori, guidati dall’allora venticinquenne Elio Altare, partì alla volta della Borgogna, perché lì dopotutto si faceva qualità da secoli.
Li chiamarono Barolo boys, questi ragazzi che giravano il mondo, studiavano i vini prestigiosi di terre lontane, e promuovevano i loro Barolo all’estero. Non si inventarono nulla, ma impararono dai francesi che la qualità di un vino non può prescindere dalla qualità dell’uva. Introdussero il diradamento dei grappoli e l’uso della barrique, e per questo furono maledetti. Elio Altare fu addirittura diseredato dal padre, che non ebbe il tempo di capire e morì poco dopo pensando che fosse letteralmente pazzo.
Il Barolo tra tradizione e modernità
I Barolo boys non furono una moda ma una rivoluzione necessaria. Furono in grado di superare i limiti del passato portando il Barolo alla ribalta internazionale ed ebbero il merito di stimolare i tradizionalisti a produrre vini più puliti, fini, equilibrati e piacevoli.
Non è stato semplice fare convergere due scuole di pensiero così differenti, ma alla fine è emersa una concordanza sul valore della qualità e della finezza. Giacomo Conterno ottant’anni fa aveva detto che il Barolo sarebbe stato grande quando tutti lo avrebbero fatto bene, ed è così che è andata a finire la storia a prescindere dallo stile di ognuno.
Storia del Barolo in 11 etichette, dagli anni Sessanta ai giorni nostri
Una storia coinvolgente e calici in cui la fatica diventa bellezza, la passione diventa capolavoro eterno. Una giornata ospitata da Mario Fontana presso la sua Cantina con un evento straordinario, orchestrato dai giovani Francesco Bonomi e Francesco Mastrosimone con il loro progetto Tesori Liquidi, sommelier appassionati di vini vintage e con un grande talento nel saper individuare le bottiglie che hanno ancora la vita dentro.
Concludiamo con la lineup delle etichette che ci hanno accompagnati in questo incredibile viaggio nel tempo, nella tradizione e nella cultura, facendoci trasalire a ogni sorso. Non proveremo a raccontarveli, nessuna descrizione renderebbe giustizia a questi calici di storia:
- Fontana – Barolo Riserva 1964
- Bartolo Mascarello – Barolo 1964
- Fontana – Barolo 1971
- Aldo Conterno – Barolo Bussia 1981
- Cavallotto – Vigna San Giuseppe Barolo Riserva 1979
- Damilano Barolo 1997
- Cascina Fontana Barolo 2001
- Chiara Boschis – Barolo Cannubi 2001
- Cascina Fontana – Barolo 2019
- Damilano – Barolo Cannubi 2019
- Luigi Pira – Barolo 2019.
Azienda Agricola Cascina Fontana
Monforte d’Alba (CN), località Perno
Tel: +39 0173 789005 | www.cascinafontana.com